Il 12 e 13 giugno si sono svolti i referendum per l'abrogazione di alcune leggi di governo.
Il governo e, il presidente della republica ha notificato leggi che la volontà referendaria ha bocciato. La riflessione nasce da qui.
Il governo è la sua maggioranza, ma anche parte dell'opposizione ha legiferato leggi contro la volontà popolare. Il presidente del Consiglio che si è sempre vantato per la sua sovranità popolare espressa dal voto ha sfidato gli elettori ed ha perso.
Normalmente qualsiasi persona si sarebbe dimesso, ma lui no.
Si assiste al solito teatrino dei partiti pronti sempre a cavalcare i carri e scendere prima delle bocciature.
I partiti, nella loro nascita iniziale dovevano creare un legame, un ponte fra la gente e, gli interessi dello Stato. I partiti dovevano essere un mezzo del popolo, dei cittadini per parlare, approfondire le esigenze reali delle cittadinanze. Siamo arrivati a pensare che i partiti pensano al popolo come ad un mezzo per i loro interessi ed interessi di grandi gruppi o aziende. Si è creato uno scollegamento fra potere reale e bisogni del popolo o paese. In questo scollegamento che si inserisce il passaparola dei social network.
L'unica voce non controllata dai Giornali (finanziati dal governo), dai Politici ( mantenuti con soldi e potere), dai Banchieri ( che gestiscono le finanze), i grandi gruppi ( che controllano giornali e televisioni ) è la voce o, il tamtam delle notizie passate e taciute da tutti gli organi e controllati da apparati speciali.
Combattere queste forze da soli è impossibile, ma, creando numero si crea un riequilibrio delle forze in gioco a volte anche superandole.
La forza di chi ha votato il referendum, la forza di questa Italia migliore nasce da questa consapevolezza di contare anche se vali uno. Il cambiamento, che tanti stanno facendo finta di dimenticare, è nato dall'aggregazione di idee simili e condivise per grandi progetti e, anche per grandi scelte.
Naturalmente questo è solo l'inizio di un nuovo percorso, ma, chi e perchè dovra tirarsi indietro?
15 giugno 2011
Referendum orizzontale
28 maggio 2011
Parco della Costa Teatina
Ero andato al dibattito per crearmi un'opinione e decidere autonomamente.
Poi però ho trovato, dopo la pioggia, un tifo calcistico dove la squadra ospite è stata fischiata e ridicolizzata. Una sola persona contro tutti, Maria Rita D'Orsogna.
E' vero lei lavora all'estero non è sottoposto al nostro "IPNOTISMO collettivo", vive in una realtà diversa che molti di noi (sanvitesi e non ) percepiscono sotto traccia. Il suo resoconto è impietoso, a volte polemico, vero ma "verosimile al falso". Scambi di accusa "ignorante e dici il falso" da commedie di Ballarò memory, hanno stufato, oramai.
Non ci sarà mai un futuro consapevole con queste basi, cambiare il linguaggio per cambiare gli atteggiamenti, per cambiare anche noi stessi. La forza delle idee deve organizzarsi in un linguaggio che entri nei cuori e nelle menti di chi deve confrontarsi con le realtà oggettive del nostro territorio. Lasciarsi andare in accuse e arrivare a conclusioni di resa non è un attegiamento che si chiede a chi dovrebbe guidare la crociata del parco. La grandezza delle idee si misura anche in quei particolari che sfuggono alla massa.
Inizia cosi:
Ieri sera una serata surreale a San Vito Marina.
Qui il racconto di Lorenzo Luciano intitolato L'anello al naso, che esprime eloquentemente il livello di quello che doveva essere un incontro-dibattito sul futuro della Costa Teatina.
Non avrei mai potuto immaginare che nel 2011 ci potesse essere tanto astio contro un parco, che e' una delle cose piu' belle che si possano regalare alle generazioni future.
In altre parti del mondo, certo piu' civile di quello di ieri sera, sarebbe una cosa desiderata e incentivata, per la salute, per lo sviluppo ecosostenibile e duraturo, per il benessere diffuso, e anche come strumento per lottare contro i petrolieri. Ricordo l'orgoglio dei cittadini del Parco del Curone quando mi portavano in giro fra le loro colline verdi.
Al convegno c'erano Mauro Febbo, assessore all'agricoltura della regione Abruzzo, c'era Luigi Comini, del comune di San Vito Marina, c'erano Enrico di Giuseppantonio, presidente della Provincia di Chieti, c'era Rocco Catenaro, sindaco di San Vito Marina, c'era Antonio Sorgi, capo della commissione VIA della regione Abruzzo.
Infine, c'era Fabrizio di Stefano, senatore della Repubbica, lo stesso che ha firmato un disegno di riforma costituzionale per abolire la XII norma della Costituzione italiana, che vieta "la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista".
Non c'era nessun esperto vero di Parchi, qualcuno che li abbia mai gestiti, che potesse dare dei numeri sulla ricettivita', sulle esperienze passate di altre localita'.
I presenti erano tutti piu' o meno apertamente contrari al Parco della Costa teatina, anche se continuavano a dire di essere neutrali. A me sono sembrati dei moderni Ponzio Pilati.
Hanno comunque detto un sacco di bugie.
Che nel parco i frantoi dovranno essere abbattuti, che non ci sono soldi per il parco, che il parco portera' via ai comuni la possibilita' di gestire il proprio territorio, addirittura che i soldi del parco andranno al WWF e alle altre associazioni ambientaliste!
Pareva che questo parco fosse un orco cattivo.
Paolo Primavera di Confindustria ha parlato della necessita' di salvare la Honda. Mauro Febbo ha detto di essere favorevole al nucleare. Il sindaco di Villalfonsina, Mimmo Budano ha detto di voler revertire il processo e fare annullare il parco della Costa Teatina. E' lo stesso che secondo il Centro voleva dare lo sfratto agli anziani nel suo paese. Non gli importa dei vecchietti che vuoi che gli importi del parco.
La mia impressione e' che ero circondata da persone ferme al 1960, con dei cervelli piccoli piccoli. Poveretti.
Penso alla campagna elettorale di Enrico di Giuseppantonio che continuava a insistere con la storia della Provincia di Chieti come la Catalogna d'Italia mentre ieri sera si annunciava contro il parco.
Lo sa Enrico di Giuseppantonio che da Barcellona fino al confine con la Francia la Costa Brava e' tutta coperta da vincoli ambientali e da parco costiero e marino? Lo sa cos'e' la Carta de Tossa? E' stata firmata nel 1998 da tutti i comuni della costa di Catalogna per proteggere la natura, per fermare la cementificazione e come strumento ulteriore di promozione turistica.
Ci credeva veramente alla Catalogna d'Italia o parlava giusto per parlare, come si fa in campagna elettorale?
E piu' si dicevano tutte queste falsita', piu' la gente esultava, nella piu' totale sudditanza. Ed esultavano ancora di piu' quando i politici a turno continuavano a dire di essere ignoranti e di non sapere niente.
"Sono ignorante". Applausi scrocianti.
Roba da medioevo.
Non lo so perche' questa gente non lo voglia il parco, posso solo immaginare che sia dovuto alla voglia di speculazione edilizia che e' tanta, ma proprio tanta lungo la costa dei trabocchi, a partire dal mega resort di Gianni Pagliaroli che si vuole fare proprio a San Vito Marina, squarciando una intera collina e senza rispetto per nessuno.
La mia previsione: sara' un totale fallimento. La clientela di un mega resort non si sposa con il tipo di mare che abbiamo noi, piccolo, modesto, fatto di calli e boschetti.
Il pubblico era fatto per la maggior parte di uomini inferociti e senza grazia, molti hanno anche detto di essere stati chiamati apposta per far rumore e per agitare la sala. Alcuni hanno dichiarato di lavorare per la Halliburton, ditta petrolifera. Altri per l'ENI.
E' stata una lotta impari. Ines Palena, Fabrizia Arduini, Alessandro Lanci, la sottoscritta, siamo tutti stati presi in malo modo da quelli che parevano spettatori e invece erano li solo come cani inferociti.
Ho detto la mia, e non me ne pento. Non ho niente da chiedere a questa gentaglia, e sono un cittadino libero che ha la fortuna di poter dire quello che pensa.
Me li sono presi tutti gli insulti e i fischi, dal primo all'ultimo. Dal "ma lei non cucina?" al "ma lei che ci viene qui con il deltaplano?" Dal "lei ha fatto togliere la bandiera blu a San Vito" al "lei e' stata invitata al convegno di Rainone e non c'e' venuta". Dal "lei e' arrivata a combattere il centro oli di Ortona con un anno di ritardo" fino all'onnipresente "le ricordo la sua giovane eta'."
Forse la cosa piu' buffa e' quando mi hanno detto di non aver fatto niente per fermare il disastro della BP.
Poveretti.
Resta il fatto che Elsa2 o Ombrina Mare non l'ha fermato nessuno di loro incluso Luigi Comini e Mauro Febbo che tanto si agitavano contro di me.
Il testo mandato al Ministero dalla Provincia di Chieti per Elsa2 e' un copia incolla, parola per parola, del testo che ha scritto la qui presente. Comini e il Comune di San Vito non hanno neanche mandato niente per Elsa2.
Alla fine della serata, una cena pagata dal comune, in perfetto stile Cetto La Qualunque.
Quando ci sveglieremo e vedremo San Vito francavillizzata sapremo di chi e' la colpa.
23 maggio 2011
Il decadentismo politico: D'annunzio e Berlusconi
"Il termine Decadentismo deriva dalla parola francese décadent, che ha due significati il primo quello negativo che era riferito a giovani poeti che davano scandalo,dopo invece un simbolo di un nuovo modo di pensare. E si riferisce alla rivista creata dai decadenti chiamata così provocatoriamente. In Italia si è soliti individuare due periodi distinti di decadentismo: il primo, di cui facevano parte D'Annunzio e Pascoli, ancora caratterizzato dalla necessità di costruire miti decadenti. Al contrario nel secondo, di cui occorre ricordare in particolare Pirandello e Svevo, la coscienza della crisi è ormai acquisita e la realtà viene sottoposta ad una critica molto lucida e distruttiva. Il termine "Decadente" fu, in origine usato in senso dispregiativo, per indicare giovani poeti che vivevano fuori dalle norme comuni, considerati appunto simboli di una "decadenza sociale" che disprezzava il progresso e la fede nella scienza del positivismo. Più tardi passò a designare la dilagante "decadenza" della società materialista di fine secolo, orientata verso l'esaltazione delle conquiste tecnologiche e alla quale gli intellettuali si sentivano estranei. Essi, infatti, si considerano decadenti, con un atteggiamento di superiorità spirituale, in quanto inclini a cogliere i segni della raffinatezza e dell'eleganza intellettuale delle epoche e periodi di "decadenza".Il Decadentismo è caratterizzato da una nuova tipologia di poeta: esso non è più il vate che guidava il popolo del Romanticismo, né il promotore della scienza come nell'Illuminismo o cantore della bellezza nel Rinascimento. Diventa così veggente, cioè colui che vede e sente mondi arcani ed invisibili in cui si chiude scoprendo «l'universale corrispondenza e analogia delle cose [...] E in tal modo il Dio perduto vive come una memoria e un desiderio» Il poeta è così un artista solitario, capace di scavare nell'interiorità umana e nel mistero dell'ignoto. Anche la parola poetica cambia: non si usa più per descrivere sentimenti ma, soprattutto, per decifrare sensazioni e per illuminare l'oscuro che è in noi utilizzando un linguaggio polisemico comprensibile solo da spiriti che riescono a percepire le stesse sensazioni. Da qui la grande importanza della poesia come mezzo per esprimere il proprio intimo. Caratteristica generale è quindi un forte senso d'individualismo e soggettivismo. Per la sua oscurità l'argomento della poesia sfugge alla comprensione del lettore che può interpretarla in modi differenti.Il superomismo è l'atteggiarsi a superuomo (definito anche Oltreuomo), ossia ad uomo capace di andare oltre e superare i propri limiti. Il pensiero superomistico è punto saliente della filosofia di Nietzsche. I sentimenti e le volontà del superuomo devono prevalere sulle masse, in modo da potersi elevare sopra le masse. Gabriele D'Annunzio fu uno dei principali sostenitori di questa filosofia.Le dottrine politiche nazionaliste (ad esempio il fascismo ed il nazismo), prendono ad esempio il concetto di superuomo, distorcendolo ed adattandolo, in modo da giustificare discriminazioni razziali. " Wikipedia
Basta rileggere sostituendo alle parole poeta con selfmademan (persone fatte da sè) e letteratura con politica e otterrete una chiave di lettura molto ampia.
Mentre sta iniziando nei vari studi televisi il nuovo mantra "Il berlusconismo è finito" la controparte sta dando i colpi di coda con il suo potere di interessi. Adesso, tutti si guardano intorno cercando nuovi padrini pronti a proteggere le spalle dei vari saltibanchi della politica e dell'informazione. Manager, giornalisti, commentatori stanno cercando di manipolare diverse situazioni ma, la sensibilità è in coma profondo. L'anestesizzazione del potere ha prodotto delle ferite profonde anestesizzate dal rumore dei soldi.
C'è una parte che lega i due maggiori esponenti del mio decadentismo D'Annunzio e Berlusconi, il primo ritiratosi in vita privata per dedicarsi a cultura e perversioni scandalose per quell'epoca. Chiuso nel suo Vittoriale, amanti, belle e giovani segnavano un andirivieni nel vittoriale del piccolo e vecchio vate.
Di Berlusconi le cronache hanno vivisezionato le sue debolezze per non usare altri termini. La differenza è che il secondo è il nostro maggior esponente di Governo. Non può raccontare bugie oppure fare una legge per legalizzare o prescrivere un reato. Si chiama conflitto di interessi che neanche D'annunzio nella sua acuta intelligenza avrebbe voluto per il bene dell'Italia. Patriota e soldato. In questo patetico momento la promessa di tutto a tutti rivela una stanchezza ed una debolezza fastidiosa. Il punto è questo, questa democrazia vive sulle sue debolezze. Ti possiamo ricattare quindi prometti di fare questo. Possiamo chiamare questo la democrazia degli scambi o la democrazia delle promesse mancate. Solo lui, può cessare a questo martirio incessante. La storia quanto scriverà di buono su Berlusconi alla guida del Governo. A questo punto dipende solo da lui.
22 maggio 2011
Sesso, potere e giustizia a stelle e strisce
Seguire in dettaglio l’isteria dei media su entrambe le sponde dell’Atlantico è stato più affascinante di un viaggio su Marte. In Francia era oramai certo che DSK sarebbe diventato il nuovo presidente nelle elezioni del 2012, con la sconfitta del floscio neo-Napoleonico liberatore della Libia, Nicolas Sarkozy. DSK – lo strumento del cambiamento dei poteri finanziari che rimangono dietro al trono - doveva annunciare la sua candidatura in questo mese. di Pepe Escobar
E alla fine Osama bin Laden non sarà il protagonista principale nel processo del secolo; per un gioco del destino, quel ruolo verrà interpretato da Dominique Strauss-Khan (DSK), il direttore plenipotenziario del Fondo Monetario Internazionale (FMI), che sta languendo nella prigione di Rikers Island a New York.
Il fatto che l’uomo indicato da questo acronimo abbia già fatto un provino, suo malgrado, al Dipartimento di Polizia di New York, che sia stato portato via all’ultimo momento dalla sua cabina di prima classe di un volo transatlantico, e poi lo schieramento delle forze di polizia per far sfilare il colpevole, tutto questo lo rende lo scandalo sociopolitico definitivo.
Scendendo al livello dei peggiori tabloid newyorchesi, è difficile sfuggire dalla brillante metafora che vede il FMI – che si porta dietro la nomea di essere solo capace di fottere la povera gente - che applica alla lettera un aggiustamento strutturale in una suite di un albergo a Manhattan nei confronti di una vedova taciturna, immigrante musulmana dall’Africa, che vive nel Bronx con la sua figlia adolescente. La condotta senza pietà dei media doveva essere stupefacente quanto l'evento in sé.
A parte tutto, DSK è più fortunato del leader libico, il colonnello Muammar Gheddafi, perché dovrà presentarsi di fronte a una giuria di New York e non davanti alla Corte Penale Internazionale dell’Aia. Al contrario di Gheddafi, DSK - almeno in teoria – è innocente fino alla sentenza definitiva, anche se è già stato condannato dalla stampa scandalistica.
Molto meno pubblicizzate, ci sono comunque state delle teste pensanti che hanno evidenziato che gli imbroglioni di Wall Street che hanno truffato la gente comune per somme pari a trilioni di dollari, che i dirigenti della BP hanno distrutto il Golfo del Messico e, a ben dire, l’amministrazione di George W Bush che ha mandato al fallimento gli Stati Uniti scatenando un conflitto che ha ucciso più di un milioni di civili iracheni non sfileranno mai in manette davanti alle macchine fotografiche.
Questo è poco ma sicuro: per quanto concerne la "giustizia a stelle e strisce ", la possibilità di vedere l’amministrazione Bush o gli irresponsabili di Goldman Sachs in manette è uguale a zero.
Urlare dalla soddisfazione
La vulgata dei media mainstream francesi – sempre servizievoli con Sarkozy e i suoi tirapiedi – è quella secondo cui gli Americani - e in questo si confermano tutti gli stereotipi che abbiamo contro i francesi - hanno umiliato la loro nazione facendo sfilare DSK in manette in una perp walk(illegale in Francia) e rifiutandosi di concedere il rilascio dietro la cauzione di un milione di dollari.
La giustizia americana, sulla falsa di riga di Law and Order, è stata trascinata nel fango tanto quanto il puritanismo americano. Nel frattempo, le teorie cospirazioniste si sono moltiplicate tra i catatonici simpatizzanti del Partito Socialista francese.
Di sicuro la maggior parte dei francesi si è fatto un’idea che la cameriera della Guinea che lavorava al Sofitel non era una Mata Hari. Ma forse poteva essere un’agente della CIA. E poi c’è stato l’assillante cinguettio (ndt: allusione a Twitter) – amplificato dai lacché di Sarkozy – che hanno annunciato l’arresto di DSK ancor prima che la polizia di New York facesse ancora la sua comparsa: uno scoop mondiale. Almeno il 57% degli elettori francesi e il 70% dei socialisti crede che DSK sia stato incastrato.
Cui bono, se ci fosse stata una cospirazione? Certamente Sarkozy, la sua campagna per la rielezione a Presidente della Repubblica e le sue relazioni con gli ultra-conservatori negli Stati Uniti; i neofascisti del Fronte Nazionale, la cui candidata, l’efficiente Marine Le Pen, ha una grossa possibilità di arrivare al secondo turno nel 2012; e gli squali della finanza globale che non erano contenti dell’atteggiamento possibilista del FMI sotto DSK.
L’ultracarismatico DSK è un socialista che incarna un soave Moet & Chandon. Se fosse una banca, DSK sarebbe nella categoria "too big to fail". Alla fine è crollato, ma non era una banca.
Se fosse stato un politico americano, sarebbe stato come l’ex presidente Bill Clinton, appendice per gridare di gioia inclusa. "Bubba" fu quasi scalzato dal potere supremo grazie a una cricca di puritani rabbiosi solo a causa di un semplice pompino ricevuto alla Casa Bianca. Il giro dei parigini che frequentano le sale da cocktail non riesce a comprendere come il noto sciupafemmine DSK sia stato così idiota da rischiare la presidenza per una cameriera, che malgrado sapesse il francese, era musulmana e africana.
Da qui viene l’ipotesi che sia tutto un equivoco; DSK stava aspettando una escort dei quartieri bene quando l’ignara cameriera è entrata nella fossa dei leoni e ha trovato il leone totalmente su di giri.
Quest’incontro ravvicinato tra il FMI e un’economia sub-sahariana in via di sviluppo non implica che DSK sia un paladino dei poveri o della classe lavoratrice. Ben lontano dall’essere socialista, DSK è stato un fedele compagno dell’élite finanziaria globale e del capitale transfrontaliero. Ma poi c’è stata una bella svolta.
L’aspetto più triste della squallida vicenda è che DSK stava veramente tentando di riformare il FMI per portare quest’ippopotamo autoreferenziale verso una linea più progressista. Era un top manager molto considerato. La sua sostituzione ad interim con John Lipsky, ex vicepresidente di JP Morgan, è evidentemente un passo indietro.
DSK stava cercando di deviare la politica del FMI da quella praticata durante la crisi finanziaria asiatica. Nel 1997 la cattiva ricetta del FMI, ispirata dal Dipartimento del Tesoro USA, fu incredibilmente proficua per i creditori, quasi totalmente distruttiva per le economie della zona, dalla Thailandia all’Indonesia. Anche il Brasile e la Russia ne furono colpiti.
Poi venne il tempo per "mettere in riga" l’Argentina, ma questa andò in default alla fine del 2001. Il FMI fece di tutto per sabotare questo paese, ma l’economia argentina ritornò in carreggiata e la nazione iniziò di nuovo a crescere nel 2002.
I mercati emergenti non ne possono più che il FMI venga sempre diretto da europei. Un francese è stato a capo di quest’istituzione in 26 degli ultimi 33 anni. La ripartizione del potere è di stampo medievale; ci sono 9 direttori europei su 24; il direttore brasiliano rappresenta nove Stati, ma il suo voto pesa solo per il 2,4%; il voto degli USA conta quattro volte di più.
Questi 24 amministratori dovranno scegliere il nuovo capo del FMI. Gli europei hanno già iniziato a sbranarsi tra loro e non vogliono mollare la preda. Ma le prospettive stanno diventando rosee per Kemal Dervis dalla Turchia e per i candidati dall’India e dal Sud Africa.
La Cina è ancora in dubbio se entrare nella lotta. Se la caduta di DSK spalancherà la porta a un leader del FMI che faccia parte di un’economia emergente, questo atto di giustizia, poetico tanto quanto spettacolare, sarà merito di un’immigrante musulmana che viene dall’Africa.
Fonte: http://www.atimes.com/atimes/Global_Economy/ME19Dj02.html
21 maggio 2011
Tutti i vizi e i segreti che internet sa di noi
Se fai il giornalista, in teoria, sei più esposto di un impiegato del catasto. Ma non è detto, perché l’impiegato potrebbe avere una pirotecnica doppia vita telematica: condividere tutto su Facebook, commentare i blog altrui, affidare a Twitter in tempo reale la propria opinione
Se poi, come me e altri 170 milioni di persone nel mondo, usate la posta di Gmail, le cose si complicano. Nel senso che tutto quello che scrivete potrà essere usato, pubblicitariamente parlando, contro di voi perché il sistema analizza i testi per accoppiarci pubblicità pertinenti. Dunque se dite a un amico che sarebbe bello trascorrere un finesettimana a Palermo aspettatevi, per dire, annunci su una suite scontata all’hotel Delle Palme. Per vedere come vi hanno etichettato c’è Google Ads Preferences. Di me il software ha capito che sono un maschio e tra gli interessi desunti dal mio comportamento online ci sono cinema, spartiti musicali, giornalismo. E in tv mi piacerebbero «crime stories e legal show» (nego l’addebito). Ma Google è ormai un mondo. Mette a disposizione un programma per scrivere, un calendario, un sistema di notifiche personalizzate e tanto altro. Gratis, o meglio, pagando in moneta di privacy. Lui ti offre un servizio, tu gli affidi la tua vita digitale. Ciò che scrivi, dove vai e quando, quello che ti interessa sapere. Così, seppure in forma anonima, il cyber-leviatano riutilizzerà quella messe di dati per recapitarti l’inserzione giusta. Sono andato a verificare nel Dashboard, la «scatola nera» di tutti i miei rapporti con il motore di ricerca. Ed è come guardarsi l’anima allo specchio. Dal momento che ho attivato anche la Cronologia, ovvero il registro storico di ogni ricerca eseguita, sanno esattamente cosa ho visto in questi anni. Il resoconto inizia alle 18.16 del 22 maggio 2007 e le parole chiave, credeteci o no, erano «nietzsche memoria troppo buona» (magari mi sono fatto suggestionare e volevo sancire con una citazione del filosofo l’aver attivato quella specie di panopticon volontario).
Ogni singola query è stata messa a verbale. Ci sono anche tutti gli indirizzi che ho cercato su Mappe. I video che ho guardato, dalla clip di The Ballad of John and Yoko all’ultimo disco dei Virginiana Miller. Per non dire di quelli che ho caricato su YouTube. Così come le foto che, tanto tempo fa, ho condiviso sugli album digitali Picasa. E i titoli che ho scaricato su Libri. Ce n’è già abbastanza per ricostruire la mia esistenza, avendo del gran tempo da perdere, minuto per minuto.
Per accedere al sancta sanctorum però bisogna possedere la parola chiave. Serve un hacker bravo o, banalmente, averla lasciata memorizzata nel pc. Tuttavia, anche limitandosi alle informazioni aperte i risultati sono stupefacenti. Se non avete familiarità con la sintassi dei motori di ricerca ci sono compagnie specializzate in web listening. Di solito lo fanno per le aziende, per capire che «reputazione» ha un marchio o un certo prodotto. Li ho sfidati a sguinzagliare i loro software specializzati perché portassero a casa i dati più succosi sul mio conto. Dopo meno di un giorno l’emiliana TheDotCompany mi ha recapitato un rapportino che sembra vergato da un funzionario della Digos. Contiene: luogo e data di nascita, numeri di telefono di lavoro e di casa, qualifica professionale esatta, il nome di mio padre e l’annotazione che «I genitori e il nipote vivono a Viareggio». Un’impeccabile biografia lavorativa e poi «Il sistema di correlazione di keyword e contenuti suggerisce orientamento politico Pd/Rifondazione Comunista e forti legami con il mondo sindacale», credo desunti dal fatto che ho scritto un libro sugli immigrati e l’ho presentato in varie feste dell’Unità. In parallelo anche Expert System di Modena, specialista nella tecnologia semantiche per la comprensione e l’analisi delle informazioni, era sulle mie tracce. In una decina di slide riassume le organizzazioni, le persone (vince il mio amico Raffaele Oriani, con 319 ricorrenze), le località, gli argomenti con cui ho più a che fare (Internet 206, immigrazione 150, editoria 137, etc.) e un’enoteca che frequento. I segugi milanesi della FreedataLabs ricavano addirittura profili psicologici dalle parole che uso. Dicono che solo il 6% appartiene a categorie emozionali e mi dipingono come uno molto «teso all’obiettivo», «curioso» ma anche «introverso», con venature di «tristezza». Così parlò lo strizzacervelli automatico.
Joel Stein, un collega di Time che ha fatto lo stesso esperimento, è stato più bravo nel rinvenire tracce economiche di sé. La Alliance Data, società di marketing digitale, sa che è un ebreo di 39 anni, con laurea e stipendio da oltre 125 mila dollari. Che ne spende in media 25 per ogni acquisto online ma il 10 ottobre 2010 ne ha sborsati 180 per biancheria intima. «Sono dati che in Italia sarebbe impossibile avere senza l’ordine di un magistrato» mi tranquillizza Andrea Santagata, numero due di Banzai, tra le più grandi web company nazionali, «perché abbiamo una legge sulla privacy molto più stringente. In ogni caso alla pubblicità non interessa sapere come ti chiami, ma conoscere il tuo profilo per mirare i messaggi». Tutto vero, e da tenere a mente per non finire arruolati nel già affollato partito delle teorie della cospirazione. Ma quanto detto sin qui lo è altrettanto. Anzi, non c’è stato neppure tempo di parlare di Last. fm che sa che musica ascolto (se ti piacciono i Wilco ti piaceranno anche i Golden Smog e The Autumn Defense). O di Ibs che, sapendo quali libri acquisto me ne consiglia altri, per proprietà transitiva: se David Foster Wallace, allora George Saunders. O di infinite altre destinazioni online che, per il solo fatto di aver interagito con loro, hanno creato dei dossier da cui inferire la mia personalità. È una tragedia? Neanche per sogno. Internet è l’invenzione più strepitosa e benemerita dell’ultimo secolo. Basta essere consapevoli e comportarsi di conseguenza. Per quanto riguarda infine la sconveniente insistenza di Expedia ho estirpato il cookie, il pezzetto di codice che ricordava al sito i miei viaggi precedenti. E adesso il computer non si impiccia più in cose che non lo riguardano.
di RICCARDO STAGLIANO'
20 maggio 2011
Cosa accadrebbe se si pensasse che gli Stati Uniti sono vicini al default?
Lunedì il governo degli Stati Uniti ha raggiunto il limite dettato dal suo statuto per la concessione dei prestiti (14,29 trilioni di dollari), il cosiddetto "tetto del debito". Ciò significa che il Segretario del Tesoro, Timothy Geithner, ha iniziato a mettere in opera il piano emergenziale per mantenere in sella il governo e per pagare i possessori dei bond mentre la Casa Bianca e il Congresso stanno elaborando i dettagli finali dell’accordo sul bilancio. Ma le manovre contabili di Geithner funzioneranno solo per un breve periodo. Se per l’inizio di agosto non verrà raggiunto un compromesso sul bilancio, "l’ultimo prestatore” e gli Stati Uniti andranno in default.
Alcuni parlamentari Repubblicani credono che un default non sarebbe così grave e che i possessori di titoli e i beneficiari della Social Security avranno gli assegni solo un po’ di tempo più tardi. Ma questa gente davvero non comprende come stanno le cose e quello che è realmente in gioco. Con le parole di Greg Ip, dell’Economist: "I debiti del Tesoro sono il fondamento di una vasta e complessa rete di relazioni finanziarie in tutto il mondo che verrebbero sconquassate anche da un default tecnico." La sola allusione al fatto che gli Stati Uniti ritardino i pagamenti ai possessori delle obbligazione sconvolgerebbe i mercati e causerebbe un danno irreversibile alle casse del Tesoro. E porterebbe la quotazione del dollaro in picchiata e, probabilmente, sarebbe la fine del ruolo del dollaro come divisa di riserva del pianeta. Ecco un estratto da un post di un economista, Menzie Chinn, che riassume tutto perfettamente:
"....se tutto questo provocherà una contrazione del valore del dollaro, impedirebbe di poter alzare il tetto del debito in modo opportuno. In quasi tutti i modelli che ho analizzato, causerebbe una migrazione dal debito degli Stati Uniti o – anche se ci andassimo solo vicini – aumenterebbe il premio di rischio concesso agli investitori e, da quel momento in poi, il totale degli interessi pagati dal Tesoro USA. È il colmo dell’irresponsabilità fare richieste irrealistiche per la riduzione del deficit basate solamente sui tagli alla spesa, rischiando così lo scatenarsi di una crisi. ("What Would Really Bring about a Dollar Dive?, Econbrowser)
Quasi tutti gli economisti dicono la stessa identica cosa. Il Parlamento sta giocando con la dinamite.
La cosa divenuta palese nel corso delle negoziazioni sul bilancio è che i Repubblicani non hanno neanche la più remota idea di come funzioni il mercato finanziario. Naturalmente i Democratici non è che siano messi molto meglio, ma almeno (occasionalmente) tengono in considerazione il consiglio degli esperti. I Repubblicani no. Sembra proprio che ci sia tanto orgoglio nelle loro zucche vuote. Credono che minacciare di far saltare l’economia sia un’ottima strategia per provocare i tagli alle spese correnti. Non riescono a capire che la loro gazzarra da galline potrebbe ritorcersi contro e cambiare la percezione che gli USA siano un posto sicuro dove gli investitori possano investire i propri capitali. E questo pensiero non sembra assolutamente passare per la loro testa.
Un altro estratto da una lettera di Geithner (al Senatore Michael Bennet), dove avverte delle "conseguenze economiche catastrofiche" che si verificheranno se il limite del debito non verrà alzato velocemente:
"Il ruolo particolare delle emissioni del Tesoro nel sistema finanziario globale comporta il fatto che le conseguenze del default sarebbero davvero severe. Le emissioni del Tesoro sono un punto fermo nelle pagine dei bilanci di quasi tutte le più grandi compagnie di assicurazione, delle banche, dei fondi che investono a breve termine e nei fondi pensione di tutto il mondo. Sono anche molto usate dalle istituzioni finanziarie come collaterali (http://it.wikipedia.org/wiki/Collateralized_debt_obligation) per reperire nel mercato finanziario il flusso di cassa necessario per le loro operazioni giornaliere."
Geithner sta spiegando il funzionamento delle “banche d’affari” e come si affidino ai collaterali con la tripla A. Se le emissioni del Tesoro, finora considerati gli investimenti più sicuri al mondo, soffriranno un abbassamento del rating a causa del default o del calo della fiducia degli investitori, tutto questo porterebbe a una serie di tagli nei rendimenti (http://en.wikipedia.org/wiki/Haircut_(finance)) che darebbero il via a una nuova crisi.
Geithner ancora:
"Un default del debito del Tesoro potrebbe portare a domandarsi della solvibilità dei fondi d’investimento e delle istituzioni finanziarie che hanno le emissioni del Tesoro nel loro portafoglio, cosa che provocherebbe un assalto ai fondi che investono a breve termine (http://en.wikipedia.org/wiki/Money_market_fund) e all’intero sistemo finanziario, qualcosa di simile a quello che è successo sulla scia del collasso di Lehman Brothers. Come hanno dimostrato le recenti crisi finanziarie, un contraccolpo improvviso alla fiducia sui mercati finanziari può scatenare un timore che minaccerebbe la salute dell’intera economia globale e il lavoro di milioni di Americani."
Geithner non sta esagerando. Questo è quello che accadrà. Perché? Perché è quello che è successo nel 2008 e, sfortunatamente, da allora niente è cambiato. Se gli Stati Uniti andranno in default, allora il premio per il rischio che il Tesoro dovrà concedere salirebbe e le quotazioni dei titoli scenderebbero. Questo significa che i trilioni di dollari che sono stati scambiati per le emissioni del Tesoro nel mercato dei pronti contro termine (http://it.wikipedia.org/wiki/Pronti_contro_termine) - dove le istituzioni finanziarie scambiano liquidità con garanzie collaterali di primo livello – andrebbero riprezzati e questo causerebbe perdite consistenti per i possessori di emissioni del Tesoro. Queste perdite si riverberebbero nei mercati dei capitali e in quello dei titoli di credito, iniziando a far saltare il domino costruito dopo il fallimento della Lehman Brothers. In conclusione, nessuna delle riforme Dodd-Frank ha aumentato la stabilità del mercato finanziario. Il sistema è soggetto al collasso così come lo era nel settembre del 2008.
Di nuovo Geithner:
"I titoli del Tesoro ricoprono un ruolo peculiare nel sistema finanziario globale proprio perché sono considerati un investimento privo di rischio. […] Un default metterebbe in discussione lo status delle emissioni del Tesoro che sono ora ritenute un pilastro del sistema finanziario, mettendo a repentaglio questo ruolo e i benefici economici che ne derivano."
Questo è un punto molto importante e potrebbe essere d’aiuto fare un’analogia.
Diciamo che io ho bisogno di liquidi per finanziare degli affari. Così vado al banco dei pegni con la mia Jaguar customizzata, il mio dipinto di Vermeer autentico e la mia collezione di monete d’oro rinascimentali. Il gestore dà un’occhiata al mio tesoro e mi dice che può prestarmi 25.000 dollari per una settimana, ma che gliene dovrò rendergli 26.000 per avere la mia roba indietro. Allora dico, “Va bene” e prendo a prestito i soldi. Questo mi permette di continuare i miei affari. Poi, una settimana dopo, torno dal monte dei pegni e restituisco i soldi.
Fino qui tutto a posto?
La settimana seguente torno da lui e cerco di chiudere la stessa trattativa. Ma questa volta il gestore ha fatto una piccola ricerca e ha scoperto che la mia Jaguar customizzata è un vecchio modello di una Yugo riverniciata a meraviglia, il mio Vermeer originale è un lavoro di un falsario che ho preso al mercatino delle pulci e la mia collezione di monete d’oro rinascimentali è in verità una manciata di spiccioli della slot machine placcati di pirite. Così il gestore, tutto stizzito, mi dice che mi presterà solo la metà di quanto concesso la volta prima, 12.500 dollari. Ma questo per me è un grosso problema, perché così non ho abbastanza denaro per finanziare le mie operazioni o per pagare i miei dipendenti.
E allora devo dare fondo ai miei risparmi (il capitale bancario) e questo mi renderà quasi impossibile prestare del denaro a chi me lo richiedesse. Col passare del tempo sarò forzato a vendere una parte sempre più grande delle mie proprietà (asset) solamente per rimanere a galla.
Questo è esattamente quello che è successo alle banche nel corso della crisi finanziaria. Le compagnie finanziarie che hanno concesso il valore corrispondente alle obbligazioni garantite (la mia Jaguar) hanno cominciato a preoccuparsi del fatto che questi titoli contenevano al suo interno prestiti tossici di categoria subprime (la mia Yugo). E allora hanno ridotto il totale dei soldi prestati in cambio delle obbligazioni. I cosiddetti haircut hanno avviato un panico al rallentatore che è durato oltre un anno, facendo perdere quasi 4 trilioni di dollari al sistema delle banche d’affari.
Il problema era complicato dal fatto che nessuno sapeva quali contenitori finanziari avessero in sé i mutui peggiori o quale banca avesse il peggior assortimento di obbligazioni. E così il prestito interbancario cominciò a fermarsi, il LIBOR (ndt: tasso interbancario ‘lettera’ su Londra, http://it.wikipedia.org/wiki/LIBOR) salì alle stelle e li mercato del credito andò in stallo. Quando Lehman Brothers andò in default il 15 settembre del 2008, la voragine si aprì sempre più e l’intero sistema finanziario collassò di conseguenza.
Se gli Stati Uniti andranno in default sul suo debito, le emissioni del Tesoro saranno riprezzate, le maggior banche del paese scopriranno che abbiamo meno capitale di quanto si pensasse prima e il sistema finanziario patirà le conseguenze di un altro collasso. Solo che questa volta andrà molto peggio, perché le emissioni del Tesoro non saranno a quel punto considerati investimenti di punta privi di rischio su cui vengono poi misurati tutti gli altri asset finanziari. Questo significa che gli Stati Uniti dovranno pagare interessi più alti per adempiere a quanto pattuito e questo renderà sempre più difficile uscire dalla recessione.
Wall Street e il mondo degli affari hanno compreso la gravità della situazione e questo è il motivo per cui hanno cercato di scoraggiare il gioco al rialzo dei Repubblicani. Ma i membri del Parlamento del Tea Party hanno scrollato le spalle e sono rimasti ostinatamente sulle loro posizioni. La loro idea era che Obama avrebbe capito di essere nelle loro mani e che avrebbe ceduto. Non è così che funziona il potere?
Questa è una lezione che gli attivisti politici devono imparare. Il Tea Party è riuscito a trovare una strategia "asimmetrica" perfettamente legale per ottenere un cambio a loro vantaggio, ossia individuare le vulnerabilità del sistema e sfruttarne le debolezze per plasmare la politica. Non c’è alcuna ragione per cui la sinistra non debba fare lo stesso gioco, a condizione che abbia la volontà di sporcarsi le mani.
di Mike Whitney
Mike Whitney vive dello Stato di Washington.
Fonte: http://www.counterpunch.org/whitney05182011.html
18 maggio 2011
Al Qaeda: il database
Due dei miei colleghi giordani erano esperti di computer. Erano ufficiali di difesa aerea. Usando lo slang del linguaggio del computer, mi raccontarono una serie di barzellette sulle punizioni agli studenti. Ad esempio, quando uno di noi era in ritardo alla fermata dell’autobus per lasciare lo Staff College, i due ufficiali dicevano sempre: “Sarai segnato nel ‘Q eidat il-Maaloomaat”, che voleva dire “Sarai registrato nell’archivio delle informazioni”. Con il significato: “Riceverai un avvertimento”. Se il caso era ancora più grave, parlavano quasi sempre di “Q eidat i-Taaleemaat”, che voleva dire ‘l’archivio delle iniziative’. Che voleva dire ‘che saresti stato punito’. Per i casi peggiori parlavano sempre di registrazione in ‘Al Qaida’. Nei primi anni ’80 la Banca Islamica per lo Sviluppo (IBD), che è situata a Jeddah in Arabia Saudita, come il Segretariato Permanente dell’Organizzazione della Conferenza Islamica, acquistò un nuovo sistema computerizzato per far fronte alle richieste di elaborazione e di elaborazione. Al tempo il sistema era più sofisticato di quanto fosse realmente necessario. Fu deciso di usare una parte della memoria del sistema per ospitare il database della Conferenza Islamica. Era possibile per i paesi coinvolti accedere al database via telefono: un Intranet, in linguaggio moderno. I governi dei paesi membri così come alcune delle ambasciate nel mondo erano connesse a quella rete [Secondo quanto riferito da un maggiore pakistano] il database era diviso in due parti, i file delle informazioni da cui i partecipanti alle riunioni potevano prelevare e inviare i dati richiesti, e i file delle iniziative dove le decisioni prese nelle precedenti sessioni venivano registrate e immagazzinate. In arabo questi file erano chiamati ‘Q eidat il-Maaloomaat’ e ‘Q eidat i-Taaleemaat’. Questi due file erano a sua volta all’interno di un altro file chiamato in arabo ‘Q eidat ilmu’ti’aat’, che è l’esatta traduzione della parola inglese ‘database’. Ma gli arabi usano comunemente la parola ‘Al Qaida’ che in arabo significa “la base”. La base aerea militare di Riad in Arabia Saudita è chiamata ‘q eidat’ riyadh al ‘askariya’. ‘Q eida’ significa ‘una base’ e “Al Qaida” significa ‘la base’. Nella metà degli anni ’80 Al Qaida era un database presente nei computer dedicato alle comunicazioni del segretariato della Conferenza Islamica. Nei primi anni ’90, ero un ufficiale dell’intelligence militare al Quartier Generale delle Forze di Pronto Intervento francesi. A causa della mia conoscenza nell’arabo il mio lavoro era quello di tradurre molti fax e lettere sequestrate o intercettate dai nostri servizi segreti […]. Abbiamo spesso intercettato materiale spedito da network islamici che operava nel Regno Unito o in Belgio. Questi documenti contenevano direttive inviate a gruppi armati islamici in Algeria o in Francia. I messaggi citavano dichiarazioni che potevano essere usate nella redazione di opuscoli o depliant o per essere inseriti in video o nastri da spedire ai media. Le fonti più frequentemente citate erano le Nazioni Unite, le nazioni non allineate, l’UNHCR e… Al Qaida. Al Qaida rimaneva l’archivio della Conferenza Islamica. Non tutti i paesi membri della Conferenza sono ‘stati canaglia e molti gruppi islamici possono prelevare informazione dai database. Era perfettamente normale per Osama Bin Laden essere collegato a questo network. Egli è il membro di un’importante famiglia nel mondo bancario e degli affari. A causa della presenza degli ‘stati canaglia’, divenne semplice per i gruppi terroristi usare le e-mail dell’archivio. A questo proposito l’e-mail di Al Qaida fu usata, con qualche interfaccia di sistema che garantiva la segretezza, dalle famiglie dei mujaheddin per tenere attivi i collegamenti con i loro figli che venivano addestrati in Afghanistan o in Libia o nella valle della Beqa’ in Libano. Oppure ovunque in azione nei campi di battaglia dove gli estremisti sponsorizzati da tutti gli ‘stati canaglia’ combattevano. E gli ‘stati canaglia comprendevano l’Arabia Saudita. Quando Osama bin Laden era un agente americano in Afghanistan, l’Intranet di Al Qaida era un buon sistema di comunicazione che usava messaggi coperti o in codice. Incontrare ‘Al Qaeda’ Al Qaida non era un gruppo terrorista e neppure una proprietà privata di Osama bin Laden… Le azioni dei terroristi in Turchia nel 2003 furono compiute da turchi e le motivazioni erano locali e non internazionali, unificate o condivise. Questi crimini misero il governo turco in una posizione complicata di fronte ai britannici e a Israele. Ma gli attacchi avevano certamente l’intenzione di ‘punire’ il Primo Ministro Erdogan per essere un politico islamico all’acqua di rose. […] Nel Terzo Mondo l’opinione comune è che le nazioni che usano armi di distruzione di massa per scopi economici al servizio dell’imperialismo sono a tutti gli effetti ‘stati canaglia’, in particolar modo gli Stati Uniti e gli altri paesi della NATO. Qualche lobby economica islamica sta ingaggiando una lotta con le lobby economiche ‘liberali’. Usano i gruppi di terroristi locali che dichiarano di operare per Al Qaida. D’altra parte, gli eserciti nazionali invadono le nazioni indipendenti sotto l’egida del Consiglio delle Nazioni Unite e combattono guerre preventive. E i veri sostenitori di queste guerre non sono i governi, ma le lobby che si nascondono dietro di loro. La verità è che non esiste alcun esercito o gruppo terrorista islamico chiamato Al Qaida. E un qualsiasi servizio d’intelligence informato lo sa. Ma esiste una campagna di propaganda per far credere al pubblico di essere in presenza di un’entità ben definita che rappresenta il ‘diavolo’ solo per portare lo ‘spettatore televisivo’ a accettare una leadership internazionale unificata per una guerra al terrorismo. La nazione dietro questa propaganda sono gli Stati Uniti e i lobbisti per la guerra USA contro il terrorismo sono solo interessati a fare soldi.” In un altro esempio di quello che succede a quelli che sfidano il sistema, nel dicembre del 2001 il maggiore Pierre-Henri Bunel è stato condannato da una corte militare francese segreta per aver passato documenti riservati che identificavano gli obbiettivi potenziali dei bombardamenti NATO in Serbia a un agente serbo durante la guerra del Kossovo nel 1998. Il caso di Bunel fu trasferito a una corte civile per tenere i dettagli della causa anch’essi riservati. Conoscendo il carattere e la psicologia di Bunel, il sistema “gliel’ha fatta pagare” per aver detto la verità su Al Qaeda e su chi c’era effettivamente dietro gli attacchi terroristi che vengono comunemente attribuiti a quel gruppo. È degno di nota il fatto che il governo jugoslavo, con cui il governo francese asserisce che Bunel abbia condiviso le informazioni, ha dichiarato che i guerriglieri albanesi e bosniaci nei Balcani erano spalleggiate da elementi di ‘Al Qaeda’. Noi sappiamo che questi guerriglieri erano spalleggiati dai soldi forniti dal Bosnian Defense Fund, un’entità costituita da un fondo speciale alla Riggs Bank, influenzata da Bush, e diretta da Richard Perle e da Douglas Feith. Il maggiore francese Pierre-Henri Bunel, che sapeva la verità su ‘Al Qaeda’, un altro obbiettivo dei neo-con. Fonte: http://globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=24738
Poco prima della sua morte prematura, l’ex Ministro degli Esteri Robin Cook disse alla House of Commons che ‘Al Qaeda’ non è in realtà un gruppo terroristico ma un database internazionale di mujaheddin e di trafficanti d’armi usati dalla CIA e dai Sauditi per fornire guerriglieri, armi e soldi nell’Afghanistan occupato dai Sovietici.
Grazie alla concessione di World Affairs, un giornale con sede a Nuova New Delhi, vi posso presentare un importante estratto da un articolo di Pierre-Henry Bunel nel numero Aprile-Giugno 2004, un ex agente dell’intelligence militare francese. Wayne Madsen Report
Sentii per la prima volta parlare di Al Qaida quando stavo frequentando il corso Command and Staff in Giordania. All’epoca ero un ufficiale francese e le forze armate francesi avevano contatti frequenti e stavano cooperando con la Giordania […].
La ricchezza e il debito pubblico
Si torna a parlare, secondo me a sproposito, di sovranità monetaria, debito pubblico, e questioni monetarie, in relazione a quanto sta accadendo e probabilmente accadrà. Parlo del default o della ristrutturazione ( che poi è un default mascherato) del debito sovrano greco, ed eventualmente portoghese, delle imposizioni del FMI e della BCE ai paesi deboli dell’area Euro, ecc… Adesso su questo argomento vorrei mettere dei punti fermi, sui quali non tornare più a discutere altrimenti ci ripetiamo le stesse cose come dischi rotti. Debito Pubblico. In un ambiente di moneta Fiat (creata e imprestata) in cui la moneta è quindi un MEZZO di scambio, e lo Stato è un utente di tale mezzo, esso è tenuto, come ogni altra entità economica a fare dei bilanci in nero. Il che vuol dire che quanto spende per dare servizi e anche investimenti, al popolo, deve esser pareggiato dalle entrate, solitamente chiamate TASSE. Se è vero che lo stato è costituito da POPOLO, TERRITORIO, e ORGANIZZAZIONE, il popolo, che è l’unica entità a creare ricchezza, è tenuto a supportare, mantenere, l’organizzazione. Quando le entrate sono inferiori alle uscite, come per qualsiasi altra entità, lo Stato chiede dei prestiti, e rilascia dei certificati di credito (BOT, CCT, BPT, ecc ….). Un debitore onesto, cosa fa normalmente, quando chiede un prestito ? alle scadenze lo rimborsa, interessi compresi. Cosa fa invece uno Stato che ha speso più delle entrate prima, e poi per non irritare la popolazione, non raccoglie abbastanza per ripagare i debiti ? fa altri debiti per ripagare i precedenti, e così il debito, di anno in anno aumenta, fino a che gli interessi richiesti, che coprono anche il rischio di insolvenza, diventano tanto alti da pareggiare le entrate dello stato. A quel punto è matematicamente impossibile ripagare, non solo i debiti, ma nemmeno gli interessi. E a quel punto vengono richieste manovre lacrime e sangue. Ma vediamo , in questa situazione di capirci qualcosa. Uno Stato crea debito quando quanto raccoglie in tasse non copre le spese che fa, ma se questo avviene è perché tali tasse non compensano i benefici che vengono dati alla popolazione. Già. Ma non a tutta la popolazione, e questo è il punto. Una parte di essa, grazie alle regole lassiste aumenta le proprie ricchezze, ed il resto, forse raccoglie piccoli vantaggi. Quando vi sono greci come Spiro Latsis la cui ricchezza è valutata in oltre 11 miliardi di dollari, allora viene il forte dubbio, anzi la certezza, che lo Stato potrebbe trovare i soldi per non creare debito, ma semplicemente non voglia farlo. Perché se lo Stato spende, qualcuno incassa, o comunque quei soldi spesi, vengono requisiti da qualcuno ma non tornano tutti allo stato. Che poi in alcuni momenti vi siano distribuzioni “a pioggia” per creare consenso politico, per cui a incassare sia tutta la popolazione, non lo nego, ma è anche evidente il fatto che la ricchezza si concentra nelle mani di pochi, e a ripagare i debiti, vengano chiamati tutti. Questo fatto crea quella disparità di trattamento che scaturisce poi nelle rivolte sociali. Ricordando che ad ogni debito di qualcuno corrisponde un credito di qualcun altro, allora il problema non è tanto l’entità del debito, quanto la ricerca di dove prendere la ricchezza per ripagarlo. Ed a questo punto è importante avere le idee chiare. Se io possiedo 100.000 € e mi compero un monolocale, quei 100.000€ torneranno al mercato, al vecchio proprietario o a chi ha costruito quell’immobile, che a loro volta li spenderanno per acquistare altri beni. Io non avrò più 100.000 € ma avrò il monolocale. Il quale, avendo comunque un valore commerciale, rappresenta una ricchezza, anche se non è denaro. Quindi quando parlo di ricchezza, intendo solo marginalmente il possesso di denaro, quanto invece la proprietà dei beni. E se ho fatto l’esempio del monolocale, ad esso potrei aggiungere migliaia di oggetti di valore, ma anche valori immateriali, che però hanno un mercato. Se , quanto spende lo Stato viene immediatamente o dopo alcuni passaggi, acquisito da persone che investono tale denaro in beni, non è correndo dietro al denaro che si arriva a chi dovrebbe contribuire maggiormente al mantenimento dello Stato stesso, ma semplicemente andando a cercare chi possiede la ricchezza, che senz’altro è stata acquisita con quei soldi. Questo è cosa fanno i paesi nordici,e, seppur gli USA non tassino la ricchezza in generale, tassano gli immobili e soprattutto i passaggi ereditari. Come ho detto, l’errore grossolano, che porta poi a spremere chi i soldi li riceve, a prescindere dalla quantità di ricchezza che possiede, viene fatto perché si punta l’attenzione sul denaro, e non sulla ricchezza. Visto che la ricchezza, in un certo momento storico, è stata acquisita, significa che colui che l’ha acquisita ha avuto una disponibilità di denaro del quale però una parte corretta ed equa ( in riferimento alle possibilità) non è stata prelevata dallo Stato. Equa non solo in relazione al guadagno contingente, ma al guadagno sommato alla ricchezza già posseduta. La stessa cifra guadagnata da colui che non ha altro, e guadagnata da chi è già ricco, non ha lo stesso significato ne personale ne sociale. Quindi un prelievo troppo leggero, porta a un certo punto lo Stato che spende più di quanto incassato, a imporre sacrifici ben più consistenti a TUTTI, e non solo a chi avrebbe potuto pagare, senza peraltro fare eccessivi sacrifici. Quando poi,il debito è stato creato e i titoli di tale credito sono posseduti da molti, compresa la nonnina che vi ha investito i suoi risparmi, pensare ad una ristrutturazione o a un default, vuol dire far pagare la cattiva gestione a tutti i possessori di tali titoli, indiscriminatamente, mentre solo pochi hanno tratto beneficio al tempo della creazione del debito. Quindi, se è pensabile che una maggior efficienza degli individui possa essere ripagata dalla società con una maggiore disponibilità, e quindi ricchezza, nel momento in cui è necessario contribuire al mantenimento di quello Stato che comprende tutta indistintamente la popolazione, è proprio dove ci sia maggiore ricchezza, che occorre prelevare risorse: primo perché nessuno può dare ciò che non ha; secondo perché troppa ricchezza significa anche che il denaro che l’ha generata non è stato sufficientemente tassato quando incassato. E questo non vuol dire mettere sul lastrico nessuno, ma evitare anche che si formino ricchezze tali da generare a loro volta distorsioni sociali, mediante corruzione, centri di potere occulto, malversazioni varie, ecc…. Sicuramente, così come il fisco non deve mettere nessuno sul lastrico, anche una ristrutturazione del debito o un default non dovrebbe andare a colpire chi , nei titoli di stato, ha messo i suoi pochi risparmi di una vita. Alla fin fine cosa affermo, è che se le manovre monetarie, di qualsiasi tipo, vanno a colpire eventualmente solo i movimenti di denaro, e non le proprietà, i default o ristrutturazioni, colpiscono indiscriminatamente tutti i possessori di titoli di quello Stato , che con un fisco più efficiente e selettivo, potrebbe invece essere ben più equo nel richiedere i sacrifici non in modo proporzionale ma progressivo. *** Settimana all’insegna della paura. L’incertezza sul dollaro sta portando a forti realizzi della speculazione sulle materie prime, unita alle voci dello Spiegel circa la possibilità dell’uscita della Grecia dall’Euro, che ha provocato una forte oscillazione dello stesso. Dollaro , dicevo molto contrastato grazie all’effetto dei dati dal mondo del lavoro, dove il guadagno in occupazione di marzo è stato subito compensato con un calo in aprile. Inoltre una continua crescita di coloro che per mangiare ricorrono ai food stamp governativi (132 dollari a MESE), si associa bene alla diminuzione complessiva delle ore lavorate. Nel Regno Unito deve aver fatto breccia una nuova teoria economica in quanto i governanti sostengono che l’aumento delle tasse e il taglio ai servizi, servirà a “sostenere la crescita” oppure hanno fatto confusione tra crescita dell’economia e quella dei debiti delle famiglie. di Mensa Andrea