29 maggio 2007

Il digiuno


Il digiuno consiste nell’astensione totale dal cibo per un periodo di tempo. Ci si limita a bere acqua pura. Naturalmente non si fuma, né si assumono farmaci di alcun genere. Il digiuno è un momento di riposo durante il quale le attività di riparazione dell’organismo si intensificano.

Il digiuno nell’era dell’abbondanza e del boom dell’industria farmacologica…

Benché la tavola ne abbia uccisi più della spada, si preferisce mangiare piuttosto che digiunare; l’astinenza anche se terapeutica è poco popolare nell’era dei consumi. La sovrabbondanza è all’origine dei nostri mali peggiori e comporta costi esorbitanti. Questi mali delle società ricche sono elegantemente definiti “le malattie della civiltà”. Abbiamo acquisito tanta familiarità con le malattie che le crediamo inevitabili e “normali”, la malattie è divenuta un’istituzione redditizia! Malgrado i progressi della tecnologia stiamo ancora usando droghe per curare, ovvero lenire, le sofferenze delle persone malate.

La persona che digiuna sta facendo un esercizio straordinario: si cura e allo stesso tempo prende in mano la propria salute, anziché compatirsi e rassegnarsi alla bassa qualità di vita che è la norma per le persone colpite dalle “malattie della civiltà” (o da pancia piena). Chi digiuna sceglie di non considerare il corpo come una macchina che il meccanico deve riparare, ma fa affidamento al potere di “autoguarigione” di cui l’organismo è dotato; quindi digiunando, non ci si aspetta più che gli altri ci guariscano, ma ci si risana da soli!

A digiuno ci si riposa sempre e dunque la vita interiore si amplifica: ciò è affascinante, ma talvolta fastidioso. Si tratta di un approccio globale della persona perché cura allo stesso tempo il corpo, la mente e lo spirito, valorizzando l’essere umano nel suo insieme, concependolo come un tutto indissolubile. Il digiuno può essere preventivo e quindi “depurativo” (solitamente breve, 2 – 5 giorni, può essere anche autogestito) oppure curativo e quindi “terapeutico” (solitamente medio – lungo, 7 – 40 giorni, tassativamente sotto la guida ed il controllo di un esperto in Igienismo). Il digiuno “terapeutico” (adatto a qualsiasi fascia di età) permette di risolvere il problema alla radice invece di cercare di sopprimere i sintomi, come succede facendo ricorso alla medicina ufficiale “allopatica”, alle piante medicinali o ad altri tipi di medicine cosiddette dolci.

Quando queste “bloccano” la tosse, bloccano anche i processi difensivi del corpo, i processi di eliminazione; quando sopprimono la diarrea, impediscono anche l’espulsione di materie indesiderate dall’apparato digestivo. Quando abbassano la febbre, interrompono il processo curativo attuato da questa febbre. In effetti, la febbre è un mezzo d’eliminazione naturale per bruciare gli scarti. I sintomi spariscono definitivamente se si sopprimono le cause, e provvisoriamente se si utilizzano dei rimedi come deviazione delle forze vitali d’eliminazione.

Se lo stile di vita non migliora, il livello di “tossiemia” si accresce di anno in anno. A quel punto la tossiemia si generalizza, raggiungendo progressivamente tutti gli organi del corpo. Il lavoro degli organi è interdipendente. Se un organo diventa tossiemico, svolge le sue funzioni con difficoltà e tutto il resto dell’organismo ne risente.
Il nostro corpo ci invia dei segnali: questi vanno ascoltati per eliminarne le cause e tenere sotto controllo la nostra salute.

Cosa accade durante il digiuno…
Digiunando, si cessa di apportare alimenti al corpo; questo ultimo deve dunque sviluppare una nuova strategia per ottenere energia. La sua strategia è rivolgersi alle riserve: ispeziona tutti i tessuti per inventariare i grassi, le proteine, le vitamine e i minerali di riserva che può usare senza farsi male. Elenca e distrugge (grazie al processo di “autolisi”) i tessuti usurati, danneggiati o in eccesso, riciclando le parti riutilizzabili ed eliminando le scorie nocive. Oltre alla stimolazione dell’autolisi dei tessuti, il digiuno accelera la pulizia dei vasi sanguigni, delle cellule e dell’ambiente nel quale queste ultime nuotano (l’ambiente interstiziale). Il grasso nocivo, gli scarti chimici, i cristalli di acido urico e i residui del lavoro cellulare che provocano il sovraffaticamento sono digeriti dalle cellule alla ricerca di nutrimento e riciclati. Le tossine non riciclabili sono neutralizzate e in seguito eliminate.

Quindi durante il digiuno ogni cellula si auto-ripara. Dopo aver rotto le proprie strutture pericolanti, esse si ricostruiscono con materiali nuovi e sani ad un ritmo molto veloce. Se una cellula è troppo danneggiata o usurata per sopravvivere, secerne nel suo spazio interno degli enzimi distruttori, dandosi l’eutanasia. I suoi residui sono raccolti da cellule itineranti chiamate macrofagi. La cellula scomparsa è sostituita da una figlia, prodotta da altre cellule del tessuto, nel caso dei tessuti le cui cellule non si riproducono (esempio nel sistema nervoso) spetta alle cellule limitrofe effettuare il loro lavoro.

Il nostro organismo si riequilibra grazie alla sua capacità di adattamento al cambiamento (omeostasi), per cui i parametri biologici si mantengono a livelli costanti. Un esercito di cellule difende il nostro corpo contro i virus, le polveri, i prodotti chimici o i batteri. Queste cellule specializzate viaggiano attraverso il sangue ed eliminano gli agenti patogeni in tutti i tessuti dell’organismo. Siamo fatti per vivere sani, quindi il nostro corpo possiede i mezzi per guarirsi e difendersi – vis medicatrix naturae: i tessuti sono persi in ragione inversa alla loro utilità. E’ metabolizzato il glicogeno epatico, il tessuto adiposo, sono riassorbiti i tessuti anormali (cisti, tumori, ascessi, cellulite, edemi, trombi, ecc.). I centri nervosi non sono toccati. Bisogna digiunare in un clima di serenità, concedendosi del tempo per allontanarsi dalle preoccupazioni quotidiane e lasciare che il riposo incrementi le attività di riparazione. Più si sta a riposo e si dorme, più rapidi saranno i suoi effetti. Un organo in autolisi ha bisogno di un grande apporto di energia e la circolazione sanguigna vi aumenta; se si decidere di correre, ad esempio, la circolazione sanguigna sarà immediatamente canalizzata verso i muscoli delle gambe facendo cessare l’autolisi nell’organo in cui si stava svolgendo. Poiché l’organismo risparmia energie, la libido diminuisce e dunque le attività sessuali sono piuttosto rare durante il digiuno.

Quando digiunare…
Il digiuno può essere intrapreso in ogni momento dell’anno secondo le necessità. Se si avvertono dei disturbi è sempre meglio smettere di mangiare fino a che non ci si ristabilisce. Preoccuparsi delle malattie lievi al momento giusto evita che queste si trasformino in malattie più gravi.
Nelle malattie acute il sistema digestivo è inadatto a digerire cibo. La perdita di desiderio di cibo è uno dei primi sintomi di malattia acuta, la natura elimina il desiderio per il cibo quando questo non può essere utilizzato. Anche i bambini quando non si sentono bene rifiutano d’istinto il cibo. L’abitudine di far ingozzare le persone ammalate (bambini compresi) per paura che la mancanza di cibo non fornisca le energie necessarie al corpo, per debellare la malattia è causa di tante sofferenze inutili e di decessi che si potrebbero evitare. Anche nei casi di malattia cronica un digiuno condotto accuratamente permetterà all’organismo malato di espellere gli accumuli tossici che sono alla base del disturbo; un modo di vivere corretto permetterà successivamente all’individuo di costruirsi una salute eccellente.
Il digiuno può essere anche considerato come un esercizio di disintossicazione generale da praticare quando se ne ha voglia e tempo, anche in assenza di disturbi specifici.

Il digiuno preventivo ci permette di migliorare la qualità della vita e di prevenire la malattia o la degenerazione. Esso può durare alcuni giorni o qualche settimana, secondo il grado di tossiemia dell’organismo e lo scopo da raggiungere.
Il digiuno terapeutico, invece, serve a guarire l’organismo da una malattia già individuata; la maggior parte dei problemi di salute, affrontati prima che diventino irreversibili, possono essere risolti. Non dimentichiamo che la capacità di rigenerazione dell’organismo è straordinaria, e che alcune persone che si ritenevano malate incurabili hanno recuperato la piena salute digiunando. Anche in questo caso la durata varia a seconda dei casi e dura fino alla scomparsa dei sintomi. A volte è preferibile fare vari digiuni brevi piuttosto che uno lungo, sarà l’esperto in Igienismo – la Scienza della Salute a consigliare il miglior modo di proseguire la disintossicazione.

Senza pretendere di essere esaustivi, ecco una lista dei principali squilibri che il digiuno migliora:

• L’obesità e problemi associati: tasso elevato di colesterolo o di trigliceridi, diabete precoce, fegato grasso.
• I problemi ghiandolari: ipotiroidismo, problemi legati al sistema riproduttivo (mestruazioni dolorose, irregolari), al fegato (che è una ghiandola), ai surreni, alle paratiroidi e al pancreas.
• I problemi digestivi: costipazione, diverticoli, ulcere varie, cristallizzazioni.
• I problemi circolatori: arteriosclerosi, ipertensione, prevenzione dei coaguli, varici, problemi legati alla circolazione venosa, emicranie, sensazioni di freddo.
• I problemi del sangue: anemia, poliglobulia (eccesso di globuli rossi), squilibri vari nella composizione del sangue.
• La degenerazione dell’apparato locomotorio: artrite, reumatismi, miosite, artrosi, osteoporosi…
• I problemi legati al sistema difensivo: debolezza immunitaria, allergie, malattie dei gangli, artrite reumatoide, infezioni batteriche ricorrenti…
• Le malattie virali: mononucleosi, influenze, bronchiti, laringiti, vaginiti…
• Le malattie della pelle: acne, eczema, seborrea, iperacidità.
• Le malattie del sistema nervoso: insonnia, irritabilità, malattie degenerative allo stato precoce (sclerosi a placche), esaurimento.
• I problemi del metabolismo dei tessuti:cisti, tumori benigni, fibromi, infiammazioni, cancri precoci.

Se si tratta di malattie genetiche trasmesse per eredità il digiuno non può curare totalmente la malattia, ma può prevenire uno stato di debolezza ereditaria che non è inevitabile; si manifesta in un organo o un tessuto meno resistente, che è il primo a deteriorarsi quando l’organismo raggiunge un certo grado di tossiemia. Evitando questa soglia di tossiemia patogena, si evita la manifestazione della debolezza ereditaria.

Reazioni durante il digiuno…
Quando si inizia un digiuno quasi inevitabilmente si presentano degli sviluppi fisici (le cosiddette “scariche”, ovvero crisi di disintossicazione) che non devono allarmare, ma anzi rasserenare, in quando il nostro fisico ha ancora la forza vitale dell’auto-depurazione. Ad esempio la lingua diventa patinosa e si avverte un orribile sapore in bocca, l’alito ed il sudore in genere sono fetidi, le urine diventano più cariche e possono colorare di scuro, essere più dense ed emanare un cattivo odore (spesso si sente l’odore di farmaci assunti anche decine di anni prima), si inizia ad espellere catarro, può venire la febbre, i dolori articolari diffusi, e per chi è abituato a bere molti caffè, quasi sempre forte mal di testa, nei primi giorni.

Nonostante tali condizioni possono essere spiacevoli, esse rappresentano un processo purificatore così come lo è la perdita di peso. Naturalmente si manifesta e si accentua il disturbo già noto, ossia quello per cui si decide di digiunare (nel caso del digiuno terapeutico); poi vengono i disturbi legati a problemi di salute del passato. Tutti conservano nei tessuti postumi di traumi o di malattie passate. Digiunando, questi tessuti danneggiati si riparano; quando il danno è reversibile, la sua antichità non limita le nostre capacità di porvi rimedio. Il terzo disturbo che si potrebbe sperimentare è quello latente, ossia si potrebbe rivelare la presenza di un focolaio di infezione ancora sconosciuto che denota un disordine fisiologico che prima o poi si sarebbe comunque manifestato. Il disturbo segnala l’attività di autolisi.
Se un disturbo diventa intollerabile, si frena l’autolisi con succhi di frutta fresca o l’applicazione di calore, senza fare ricorso ad analgesici e calmanti, sempre raccomandando il riposo completo.

Dove digiunare…
Il primo digiuno deve essere fatto sotto controllo di un esperto professionale in Igienismo – la Scienza della Salute, affinché il partecipante comprenda le reazioni provocate dal digiuno, evitando allo stesso tempo di commettere errori. Si digiuna in un clima di riposo lontano dalle preoccupazioni quotidiane, dallo smog e dal caos cittadino, possibilmente lontano dai familiari (spesso causa del nostro disagio).
È preferibile che il luogo non sia troppo freddo visto che il digiuno diminuisce la resistenza al freddo.
Purtroppo in Italia oggi non esistono Centri Igienisti a cui ci si può rivolgere per ricevere un’assistenza adeguata. Alcuni Esperti Igienisti organizzano periodicamente dei periodi in cui è possibile praticare un digiuno disintossicante.

Controindicazioni…

I casi in cui il digiuno è da escludere tassativamente sono pochi. Il primo è la convinzione che il digiuno non servirà a guarire i disturbi accertati. Poi la carenza nutritiva reale, anche se assai rara nella nostra società, la “ paura ossessiva” è controindicazione assoluta, il diabete in caso di dipendenza da insulina, la gravidanza è controindicazione relativa, al massimo si possono praticare digiuni brevi. Ogni dipendenza farmaceutica profonda deve essere attentamente valutata; per digiunare, l’organismo deve essere autonomo, ovvero deve saper compiere da solo le funzioni essenziali alla sopravvivenza, senza medicine. L’esperto in Igienismo deve studiare ogni caso con attenzione, per giudicare l’idoneità del digiuno.

Preparazione al digiuno…
Nelle settimane che precedono il digiuno si consiglia di mangiare più frutta e verdura cruda per rifornire al massimo i tessuti di vitamine e minerali. Si abbandonano gli eccitanti come il caffè, il tè, lo zucchero bianco, il cioccolato, l’alcol, i condimenti, i cibi di origine animali se fanno parte della nostra alimentazione. A quel punto, il nostro metabolismo può tornare al suo ritmo naturale, anziché essere snervato dalla presenza di stimolanti. Si dovrebbe praticare una discesa alimentare che consiste nell’eliminare gradualmente i farinacei, le leguminose, i cibi di derivazione animale, fino a nutrirsi esclusivamente di frutta fresca nei due o tre giorni che precedono il digiuno.

La ripresa alimentare…
Alla fine del digiuno, ricominciare a mangiare è un vero piacere, ma bisogna procedere con molta cautela. La rialimentazione è la fase più delicata del digiuno, ed è anche quella che viene più sottovalutata. Gandhi diceva che anche gli sciocchi sanno digiunare, ma solo i saggi sanno ricominciare correttamente a mangiare dopo un lungo digiuno. La ripresa va fatta in modo lento per abituare gradualmente l’organismo al cibo. Una buona ripresa alimentare deve avere, come minimo, la stessa durata del digiuno intrapreso. Esso s’interrompe in genere con frutta fresca acida (possibilmente biologica) masticata e insalivata a lungo. Si possono poi reinserire ortaggi freschi crudi, in seguito quelli cotti leggermente a vapore fino ad arrivare ad aggiungere gradatamente i farinacei e i legumi.

Per restare disintossicati…
Dopo il digiuno, si è disintossicati e tali si vuole restare. È possibile prolungare questo stato di benessere adottando abitudini sane e semplici:
• Un’alimentazione sana, prevalentemente cruda (frutta, verdura, germogli);
• Un riposo regolare tutte le notti;
• Un esercizio fisico stimolante e nonviolento (camminare tutti giorni, il più possibile);
• L’assenza di sovraffaticamento;
• La rinuncia a: tabacco, alcol, caffè, droghe, medicine;
• Una filosofia di vita appagante;
• Brevi digiuni disintossicanti in primavera ed autunno.
tratto da “Il digiuno può salvarvi la vita” del dott. M.H.Shelton

27 maggio 2007

Se io mi faccio la banca?


Se le leggi, furbescamente promulgate per impedire l’accesso al paradiso dei banchieri, non rendessero l’impresa pressoché impraticabile, fondare una banca sarebbe la cosa più sicura e redditizia che mente umana possa partorire.
Infatti, con un piccolo investimento per la struttura fisica, qualche impiegato e un modesto gruzzolo di base, tutte cose che potrei permettermi accendendo un mutuo con una banca esistente, potrei cominciare subito ad erogare prestiti e mutui a mia volta per 50 volte il gruzzoletto iniziale. Poi mi basterebbero i depositi dei primi clienti per essere autorizzato a concedere altri prestiti e mutui, sempre per 50 volte gli importi dei depositi, e addirittura senza limiti per prestiti vincolati per almeno 2 anni. Cammin facendo, mietendo lauti ritorni con gli interessi sui prestiti, concessi senza avere in cassa che 1/50 di quanto prestato, di cui solo un’infima parte costituito dal mio gruzzolo iniziale, più tutte le “spese” che addebiterei sotto le più fantasiose dicture (commissioni di massimo scoperto, penalità per sconfinamenti, spese spedizioni contabili ed estratti conto, canoni di tenuta conto, ecc.), le rate del mio proprio mutuo per far fronte alle spese iniziali costituirebbero un passivo talmente irrisorio rispetto alle voci attive che me lo terrei soltanto per rallegrarmi ogni giorno della crescita esponenziale dei ricavi che quel debito di partenza mi ha procurato e continua a procurarmi. Partendo con € 200.000, ad esempio, dopo un solo annetto, potrei giostrare qualcosa come € 10 milioni! Niente male.
Ogni mattina, arrivato in banca, tra gli inchini dei clienti, che mi ossequiano come se il cliente fossi io, aprirei la finestra per godermi la visione del traffico caotico che ingolfa le vie cittadine: tutta gente che si affanna, si arrabatta e si indebita ogni giorno di più per permettere a me, e agli altri banchieri come me, di vivere da nababbi, senza i problemi di sopravvivenza che tormentano gli “altri”, eccezion fatta per i politici, che provvidenzialmente i banchieri che mi hanno preceduto hanno avuto l’accortezza di insediare al governo e di renderli ciechi, sordi e muti nei riguardi della nostra casta. Come? Dando loro la facoltà di distinguersi dal “popolo vile”, con una ridda di privilegi tali da non dover rivolgersi a noi per prestiti e mutui, da non dover affogare nel lavoro per non affogare nei debiti, e infine, dopo almeno 30 mesi di servizio con due bei paraocchi rispetto al sistema bancario, la prospettiva di una dorata pensione, a partire da qualsiasi età, esentasse come ogni loro altro emolumento durante il “servizio”. Unica contropartita: non disturbare il manovratore, ossia i Grandi Banchieri, che manovrano il mondo al loro servizio: il c.d. “servizio del debito”. Insomma, i politici li lasciamo liberi di discettare su tutto, tranne che su di noi. Possono persino lasciar trapelare cosa guadagnano, tanto la gente li rivota lo stesso; ma quello che guadagniamo noi supera ogni immaginazione e deve restare top secret: non vorremmo fare la fine di Luigi XVI e Maria Antonietta.
Devo proprio esser grato ai nostri Padri Fondatori, così preveggenti: pensate, già nel XVII secolo crearono dal nulla la Banca d’Inghilterra, dandole questo nome tanto per confondere le idee e farla credere di proprietà statale, così come fecero, oltre 2 secoli dopo, i loro discendenti con la Federal (!) Reserve americana e la Banca d’Italia. A proposito, peccato che questo nome l’abbiano già occupato; pensate se potessi fregiarmene per la mia banca, ancora piccola, ma “con ottime prospettive per il futuro” (come nella battuta di Renato Pozzetto, ma nel mio caso è la pura verità). Sì, sono ottimista e fiducioso, a differenza di tutti costoro che scorazzano davanti alla mia finestra per riuscire a portarmi il loro obolo entro l’orario di chiusura. Io spero che non se la cavino, così quello che mi han dato in pegno, che so, una casa, un terreno, insomma roba solida, me lo incamero io. E dire che io non gli ho dato altro che numeri su un computer! Questi sì che sono contratti equi e solidali: io ti do la mia parola e tu mi dai i tuoi averi! Del resto, oggi abbiamo superato i Padri: quelli, almeno una parte della moneta emessa l’avevano coperta da una riserva aurea e infatti vi stampavano sopra “pagabili a vista al portatore”; non solo, ma anche “la legge punisce i fabbricatori e gli spacciatori di biglietti falsi”. Oggi, più niente di tutto questo. Perché incriminarsi da soli? Qualcuno potrebbe saltar su e dire: ma i vostri biglietti sono falsi, visto che l’oro delle riserve ve lo siete quasi tutto venduto. La cosa migliore, quindi, è far sparire le banconote e ricorrere solo ad assegni, carte di credito, bonifici, ossia mere scritture contabili.
L’attuale governo è stato molto comprensivo a questo riguardo ed è sulla buona strada verso la sola moneta virtuale; del resto, i due maggiori responsabili della politica monetaria, Prodi e Padoa Schioppa, ci sono sempre stati vicini, se no mica sarebbero al governo. Anche l’opposizione, a dir vero, se ne sta buona e zitta. Solo la Lega è scossa a tratti da qualche fremito ribelle, come quella mozione del novembre scorso al Congresso Provinciale di Torino. (*) Non oso pensare a quanti voti prenderebbero, loro come qualunque altro partito, se mai rivelassero le nostre mene.
L’importante comunque è trovare sempre scopi nobili per mascherare fini meno confessabili: in questo caso basta etichettare la marcia verso la moneta virtuale come mezzo di lotta all’evasione fiscale. Del resto, non si ricorre anche all’idolo degli attuali governi, la democrazia, o alla lotta al terrorismo per giustificare una guerra (spacciandola per difesa), o alla sicurezza, ingigantendo i pericoli, per alzare le sanzioni a chi non si adegua? Democrazia, sicurezza e lotta all’evasione fiscale sono oggi le chiavi di accesso a qualunque sopruso.
L’importante è usare termini soft, e un minimo di bon ton, che diamine; e non, come m’è capitato l’altro giorno, che un cliente, a cui ho pignorato la casa per insolvenza, mi ha aggredito verbalmente ed è arrivato a darmi del truffatore. Impudente! Forse non sa che io, nel mio piccolo, mi attengo a quello che le banche centrali fanno nei confronti dei governi. E che, crede davvero lo screanzato che la BCE, come ho già accennato poc’anzi, risponda in solido dei miliardi di euro che “presta” agli Stati membri, come l’Italia? Mica siamo nell’Ottocento, è lo Stato che risponde in solido, ricevendo moneta fasulla e garantendo chi gliela cede coi Titoli di Stato, ossia con le tasse che impone ai suoi cittadini, trasformandoli in contribuenti, proprio per pagare gli interessi maturati negli anni (il c.d. debito pubblico, che dal nostro punto di vista è un credito privato). Le tasse, mica servono solo per finanziare le opere pubbliche: il grosso serve per pagare gli interessi alla banca centrale. E quelle commerciali, come la mia, fanno né più né meno la stessa cosa coi loro clienti. Insomma. la banca centrale vive dei debiti dello Stato e noi di quelli dei cittadini.
E infatti sto distribuendo ai miei correntisti un depliant (vedi sotto) che è un inno all’indebitamento. Non lo chiamo così, però: suona male. Oggi si chiama “credito personale” o “credito al consumo”. E la carta che lo rispecchia, visto che quella “classica” si chiama di credito, non mi resta che definirla con un nome inglese: carta “revolving”. Questo, anche per avvicinarci un po’ alla via tracciata già da tempo negli States e negli altri Paesi europei. E che, vogliamo sempre essere i terroni d’Europa? Nossignore, e infatti ci stiamo, anzi, si stanno (io mica faccio parte del branco) rapidamente allineando ai Paesi più evoluti, con una media di debito di € 12.000 e una durata di 4 anni. Il nostro obiettivo è di renderli tutti nostri debitori per durate in continua crescita. Tanto a noi non costa più neanche la stampa di carta moneta: una carta (continuiamo a chiamarla così, ma è di plastica vile) di credito o “revolving” dura almeno 3 anni, e può macinare megliaia di euro!
In confidenza, però, sotto sotto, se alzo gli occhi dal mio orticello e vedo una nazione di debitori, qualcosa mi dice che non sia proprio un bene: gli States, che tutti imitiamo, a furia di vivere di prestiti sono sull’orlo della bancarotta. Leggo su un sito americano di finanza che gli americani hanno stipendi sempre più bassi, eppure le domande di prestiti crescono: ci si aspettava una crescita di $ 3 milioni in febbraio contro i $ 5,6 milioni reali; e addirittura $ 13,5 milioni, contro i $ 4 milioni previsti per marzo. Visto l’andazzo, le società di carte di credito hanno fatto varare leggi draconiane contro le insolvenze, equiparate d’ora in poi alle bancarotte.
Forse anche questo è il nostro, anzi il vostro, destino, ma io per ora mi godo i privilegi che ho: carpe diem, dicevano i Romani. E’ vero, sono finiti male; ma, alla lunga, tutti hanno momenti di gloria e poi tramontano; dobbiamo saper godere di ciò che si ha, senza pensare troppo al futuro. Beh, è ora che torni al lavoro, il mio quarto d’ora di orgasmo quotidiano è finito, c’è già una fila di gente in attesa di prestiti, devo scaldare il computer…

Bankus Rottier

Pansa: non sono più di sinistra


Stanno cominciando tutti i non politici a tirarsi fuori da questo "gioco al massacro" della politica. Iniziano i grandi giornalisti :Pansa, un intellettuale di sinistra, mette le mani avanti. E gli altri?
ROMA — Sinistra, addio. «In Italia la sinistra non c'è più. È finita. Non lo dico io, lo dicono loro. Ci sono dieci sinistre, come riconosce lo stesso Fassino. Sta franando il Palazzo: viene giù tutto quanto, e li seppellirà. La Seconda Repubblica è morta. Comincia la Terza». Giampaolo Pansa non ha mai risparmiato critiche a quella che considerava la sua metà del campo. Ma lo faceva, appunto, da uomo di sinistra. «Ora non ci credo più. Non parlo più di sinistra e di destra perché sono categorie superate. Capisco i giovani, che non si riconoscono in un linguaggio antico. Se dovessi misurarli con le vecchie regole, allora direi che è di sinistra Montezemolo ed è di destra Bertinotti. Destra estrema, destra conservatrice». «In passato ho creduto in Prodi. Ora ho perso anche l'ultima illusione, e non per colpa sua. Prodi guida una coalizione spappolata. La sua presunta alleanza è un baraccone. Conosco le fatiche del Professore per arrivare in fondo a ogni giornata fatta di liti, ribellioni, piccoli ricatti: una lotta che piegherebbe dieci Maciste. Prodi oggi è prigioniero di una banda di folli. Un Gulliver legato da migliaia di lillipuziani. Non scommetterei uno stipendio sul fatto che arrivi al 2011».
IL CUOCO E IL MINISTRO DELL'AGRICOLTURA - Non è delle vicende personali che parla Pansa, gli attacchi e le solidarietà negate dopo essere stato costretto a interrompere le presentazioni dell'ultimo libro, La grande bugia. Di questo scriverà nel prossimo saggio, atteso per l'autunno. È l'attualità politica a indurre Pansa a questo passo. «Ho molta stima del direttore di Repubblica, ma non sono d'accordo con il suo ultimo editoriale. Ezio Mauro pensa che la politica e la sinistra possano ancora autoriformarsi. Io no. Né mi pare che il Partito democratico potrà indurmi a cambiare idea. Vedo che il mio Piemonte, la patria della sinistra italiana, la terra dove sono nati o si sono formati Gobetti, Gramsci, Togliatti, Terracini, Bobbio, è ora rappresentato da Carlin Petrini. Non da Chiamparino, uno dei rari politici seri, forse l'unico che possa presentarsi ai cancelli di Mirafiori senza essere subissato di fischi. Al suo posto ecco Carlin, che già il cuoco rivale Vissani indica come ministro dell'Agricoltura. Mi diranno che sono qualunquista. Mi viene da rispondere: evviva il qualunquismo. Evviva l'antipolitica. La politica italiana si è coperta di discredito con le sue stesse mani. Ha fabbricato la propria rovina».
ENTRAMBI I BLOCCHI SONO ALLO SFACELO - Pansa non crede che la via d'uscita possa essere il ritorno di Berlusconi. «Entrambi i blocchi sono in sfacelo. Il centrodestra non è messo meglio, e i risultati delle amministrative di oggi non cambieranno nulla. Quando sento Berlusconi indicare come capo del centrodestra italiano una ragazza come la Brambilla, l'istinto è di chiamare gli infermieri, che lo portino via. No, la destra no». Ad Antonello Piroso di La7 Pansa aveva detto di non voler più votare. «Ma mi riconoscerei in un governo di centro democratico — aggiunge ora —. Un sistema in cui, se suonano al campanello alle 4 di mattina, penso sia il lattaio molto in anticipo e non la polizia che mi viene a cercare». Allude a Visco? «Ma no. Non ho alcun timore: le tasse le pago tutte. Però ha ragione Cesare Salvi, quando dice al Corriere che il caso Visco è grave. O ha mentito il comandante della guardia di finanza, e allora dev'essere radiato dalle forze armate; o ha mentito Visco. E allora deve dimettersi»

MI ISCRIVEREI AL PARTITO DI MONTEZEMOLO - Sul Bestiario, uscito venerdì scorso sull'Espresso, Pansa ha avuto parole di speranza su Luca di Montezemolo. «Non sono tipo da folgorazioni. Ogni volta che lo vedo mi viene in mente la vecchia battuta di Fortebraccio: "Arriva Agnelli, scortato da Luca Cordero di Montezemolo, che non è un incrociatore". Però il suo discorso all'assemblea di Confindustria l'ho seguito per intero e mi è piaciuto. Il Bestiario l'avevo scritto prima; sono stato contento di aver trovato conferme. La crisi del sistema, il costo impazzito della politica, i mille impedimenti burocratici che avviluppano la vita dei cittadini: condivido. E non mi è dispiaciuto neppure il titolo che Sansonetti ha fatto su Liberazione: "Montez", come un conquistador. Magari! Se Montezemolo fondasse un suo partito, mi iscriverei subito. Sarebbe la prima tessera che prendo in vita mia. E penso proprio che "Montez" voglia scendere in politica, anche lui giura il contrario. Ma i vecchi partiti lo ammazzeranno. Tireranno fuori di tutto per usarlo contro di lui. Gli metteranno non i bastoni, ma le spade tra le ruote. Non lo lasceranno campare, né a destra né a sinistra». «Certo, l'ideale sarebbe che uno dei due blocchi, più facilmente il centrodestra, riconoscesse in Montezemolo il leader. E che Berlusconi si facesse da parte, o Prodi cercasse un'alleanza al centro. Ma le prime reazioni non lasciano presagire nulla di buono. Prodi ha commesso un errore clamoroso. Avrebbe dovuto fare propria la critica alla politica e ai suoi costi. Invece se n'è uscito con un sussiegoso "si commenta da solo". Ma come si fa! Da juventino, mi sono chiesto per tutta la stagione perché Deschamps non facesse giocare Bojinov, un fuoriclasse. Allo stesso modo mi chiedo: perché Mario Monti deve occuparsi solo dei convegni alla Bocconi? Non sarebbe un ottimo ministro dell'Economia? E Mario Draghi, deve fare tutta la vita il governatore della Banca d'Italia, o non potrebbe spendersi come premier di un governo? Purtroppo la vecchia politica, e anche le tante vecchie sinistre, sono pronte a tutto, pur di difendere il proprio potere residuo. Per proteggere la loro stessa agonia».
UN ADDIO ALLA SINISTRA NON DOLOROSO - È un addio, quello di Pansa alla sinistra, che si immagina doloroso, sofferto. «Invece sono tranquillissimo. Questi sono gli scabri pensieri di un signore che a ottobre compirà settantadue anni. Faccio il giornalista da quasi mezzo secolo, dall'età di ventun anni sono sempre andato a votare, e ho sempre votato o a sinistra o per il centrosinistra. A volte penso che sono troppo anziano e capita anche a me di cominciare ad avere idee che non condivido. Però, se devo fidarmi delle reazioni di cui mi accorgo quando dico le mie cosacce, siamo davvero in tanti, e anche molto più giovani di me, a pensarla nello stesso modo».
Aldo Cazzullo

24 maggio 2007

UNA CONNESSIONE internet senza fili da record



UNA CONNESSIONE internet senza fili in grado di trasmettere a 300 chilometri di distanza, senza ripetitori intermedi. E' un record mondiale, ed è un record tutto italiano. Merito del Laboratorio Ixem del Politecnico di Torino che, sotto la guida del professor Daniele Trinchero, ha creato un sistema di comunicazione wireless potentissimo, utilizzando vecchi computer 386 (quasi antiquariato informatico) e Linux. Le prestazioni sono eccezionali, in grado di far impallidire non solo i normali sistemi WiFi, che hanno un raggio di copertura di 220 metri, ma anche il nuovissimo WiMax. Che raggiunge i 40 Km.

Il progetto nasce dall'idea di partecipare a una competizione internazionale tra laboratori di ricerca finalizzata alla progettazione e realizzazione del collegamento wireless in grado di mettere in comunicazione due punti ubicati alla distanza maggiore. "E' una sorta di gara autogestita fra le università e i laboratori attrezzati per lo studio e la progettazione degli impianti wireless", spiega il porfessore Daniele Trinchero, capo del progetto. "Non c'è una giuria che valuta il nostro lavoro o che dia dei punteggi".

Ma è già possibile stabilire il vincitore. Il miglior risultato ottenuto fino ad ora è stato un collegamento tra Cipro e Libano che copre 200 kilometri e offre un'ampiezza di banda (la velocità con cui si trasferiscono i dati) di 4 megabit al secondo. Niente in confronto a quanto ottenuto dal Politecnico. "Abbiamo collegato Capanna Margherita, il rifugio più alto d'Europa, a 4556 m di altezza, con Pian Cavallaro, sull'Appennino Tosco-Emiliano, a 295 chilometri di distanza - dice Trinchero - offrendo una velocità stabile di 20 megabit al secondo. La rete di collegamento è stata da subito utilizzata per rendere disponibile la connettività internet a banda larga agli ospiti del Rifugio e per l'installazione di una webcam che ogni 15 secondi trasmette immagini ad alta risoluzione sul sito web del laboratorio iXem del Politecnico di Torino. E questa estate puntiamo a trasmettere anche a 340 chilometri".

Il progetto, nonostante l'alto livello tecnico, è stato realizzato con pochissimi fondi. "Quello che ci interessava - spiega Trinchero - era dimostrare cosa era possibile fare utilizzando tecnologia cosidetta povera". Il progetto è tutto stato autofinanziato all'interno del mio laboratorio. Si dice tanto che la ricerca non ha fondi, e quindi noi, per una volta, i fondi ce li siamo inventati. Tutto il sistema è stato creato con l'idea del basso costo in mente. Siamo convinti che per battere il digital divide, ovvero i ritardi di sviluppo economico dei paesi con un basso sviluppo informatico, l'unico modo sia usare tecnologie a costi contenuti. Soprattutto nell'ambito delle comunicazioni. Che dovrebbero essere per definizione 'di massa', ovvero alla portata di tutti".

Il risultato, quindi, è un sistema wireless su misura per i paesi del terzo mondo. "Siamo attivi da anni sul fronte della lotta contro il digital divide e lo sviluppo di tecnologia a basso costo per l'informatizzazione del territorio. I risultati ottenuti aprono interessanti scenari di applicazione per la riduzione del divario digitale tra i paesi industrializzati e i paesi del terzo mondo. Nei paesi occidentali non si pone il problema di trasmettere a così grande distanza. Esistono delle reti di trasmissioni dati via cavo che svolgono ottimamente il lavoro. Ma in molti Stati dell'Africa e del Sud America, i 20mila euro a chilometro necessari per costruire reti del genere non sono una spesa sostenibile. La nostra soluzione, invece, ha un costo molto contenuto. Abbiamo attrezzato dei vecchi computer dismessi con schede di trasmissione e li abbiamo fatti girare con una versione "ad hoc" di Linux, scaricabile gratuitamente. Lavorano con potenza bassissima (-2 dBm), trascurabile rispetto a quella di un comune telefono cellulare, nel pieno rispetto della normativa nazionale ed internazionale. Li abbiamo collegati a delle antenne direzionali e siamo riusciti a spedire a 300 km di distanza non solo internet, ma anche servizi di telefonia Voip e di videoconferenze".

Il record mondiale, insomma, è stato realizzato con un'attrezzatura che reputeremmo antiquata per le nostre case. Un risultato straordinario, che mette in luce la capacità della ricerca degli atenei italiani e la sua capacità di collaborare con il territorio. "Il progetto non si sarebbe potuto realizzare senza l'entusiasmo e la preparazione del laboratorio e dei miei collaboratori Riccardo Stefanelli, Alessandro Galardini e Enrico Guariso. Ma abbiamo avuto molta disponibilità anche dalle comunità locali - spiega Trinchero. E abbiamo potuto contare perfino sull'Austria, che ci ha permesso di installare una stazione di ricezione anche a Sankt Anton am Arlberg, in Tirolo. Al gruppo di ricerca ha aderito anche il Ministero delle Comunicazioni, che ci ha seguito in tutte le fasi, e la Andrew, che è la più importante azienda al mondo nella fabbricazione di antenne. Ci ha messo a disposizione tutto il materiale del magazzino. Per il nostro laboratorio è stato quasi un sogno".

(24 maggio 2007)Repubblica.it

21 maggio 2007

Il costo della disoccupazione

Tra i costi dell’economia, quello della disoccupazione è il più drammatico. Ogni disoccupato costa non solo perché è a carico della collettività, ma anche perché la sua produzione potenziale è persa. Quando la disoccupazione è di massa, come nel caso attuale dei paesi dell’EU, essa diventa il principale costo dell’economia. Se vogliamo innestare la ripresa economica, risanare i bilanci ecc., questo costo deve essere assolutamente rimosso.
Nel 1945, sul finire della Seconda Guerra Mondiale, uno dei principali collaboratori di Roosevelt, Henry Wallace, elaborò un calcolo della ricchezza persa a causa della disoccupazione. Il risultato fece una tale impressione che sotto il suo impatto pubblico fu varata la Legge per la Piena occupazione che il Congresso varò nel 1946. Wallace era stato ministro dell’Agricoltura e del Commercio di Roosevelt, di cui si apprestava a raccogliere l’eredità politica e la Presidenza, ma la corrente avversaria nel Partito Democratico impose Truman e le cose presero un’altra piega.
Tenace sostenitore della teoria economica di Alexander Hamilton e del suo Rapporto sulle Manifatture, Wallace pubblicò un libro intitolato “60 Million Jobs”, che rilanciava l’obiettivo delineato da Roosevelt di creare 60 milioni di posti di lavoro nel dopoguerra proseguendo nel ruolo dirigistico dello stato inaugurato con il New Deal e proseguito con la mobilitazione bellica.
In quel libro Wallace calcolò e illustrò con un grafico il dato secondo cui la disoccupazione seguita alla Grande Crisi del 1929 aveva provocato agli Stati Uniti la perdita di 350 miliardi di dollari, equivalenti a due volte l’intera produzione del 1942.


Questo è il grafico con cui Henry Wallace illustrò la perdita di ricchezza subita dall’economia americana a causa della Grande Depressione. Il fondo della depressione si toccò nel 1932, con oltre 10 milioni di disoccupati. Dal 1933, anno di partenza del New Deal, la curva dell’occupazione risale decisamente, fino a oltrepassare nel 1942 la soglia della piena occupazione e della forza lavoro impiegabile. E’ un paradosso che si spiega con la mobilitazione bellica che coinvolse le donne e gli anziani normalmente non considerati come parte della forza lavoro.


Per fare questo calcolo, Wallace aveva preso come punto di riferimento la piena occupazione raggiunta nel 1940 e addirittura superata durante la mobilitazione bellica. Il ragionamento di Wallace era elementare: volendo mantenere la piena occupazione nel dopoguerra dobbiamo garantire posti di lavoro al 55% della popolazione, percentuale raggiunta prima del 1929. Da qui, la cifra di 60 milioni di posti di lavoro da raggiungere nel 1950. La maggior parte dei nuovi posti di lavoro avrebbe dovuta essere creata nelle manifatture, l’unico settore in grado di generarne altri, e i bisogni del mercato interno avrebbero avuto la priorità. In Italia oggi abbiamo una disoccupazione di massa e un mercato interno sottosviluppato (specialmente nel Mezzogiorno). Tra i costi inutili che gravano sull’economia, dunque, quello dell’occupazione è tra i maggiori, se non il maggiore. Ma come fare a quantificarlo?
Poiché le cifre ufficiali sulla disoccupazione e sulla forza lavoro non dicono il vero, è difficile fare calcoli precisi. Il massimo tasso di occupazione storico fu raggiunto dall’Italia in anni ben lontani, nel 1959; esso fu comunque basso, il 41%, e non può essere preso come dato di riferimento (allora scontavamo ancora gli effetti demografici della guerra e dell’emigrazione). Abbiamo allora fatto ricorso a dei modelli esterni per sviluppare alcuni scenari pedagogici, che danno un’idea delle dimensioni del problema senza avere la pretesa di costituire dei modelli matematicamente esatti.
Abbiamo scelto gli esempi francese e tedesco, simili tra di loro, che all’inizio degli anni novanta presentavano tassi di occupazione tra il 54 e il 56%, quindi sostanzialmente identici a quello calcolato da Wallace per l’economia USA del 1945-50, e abbiamo sviluppato un primo scenario applicando quel tasso alla popolazione italiana; abbiamo poi preso il dato svizzero dello stesso periodo, che è sensibilmente superiore (67%), e l’abbiamo adottato come ipotesi di massima. Il risultato è visibile nelle figure 2-5.
La figura 2 mostra le curve della popolazione, della forza lavoro secondo la quota di Wallace (55%), della forza lavoro “ufficiale” e dell’occupazione. Si nota il grande divario tra la forza lavoro ufficiale e quella stabilita dalla quota di Wallace.

Si obietterà che stabilire una quota del 55, o del 67%, sia irrealistico perché bisogna tenere conto della piramide demografica che oggi in Italia fa sì che la popolazione in età da lavoro sia appena 38 milioni. La forza lavoro impiegabile sarebbe inferiore a quella cifra, perché si deve tener conto delle persone impossibilitate a lavorare, ad esempio chi svolge il servizio di leva (o quello civile), le casalinghe e i malati.
Inoltre, nel caso italiano c’è il fenomeno del “sommerso”, che assorbirebbe una quota consistente della forza lavoro impiegabile ma non registrata ufficialmente. Un’altra quota è rappresentata dai “baby pensionati”. Entrambe pesano sull’erario, la prima in termini di tasse non pagate, la seconda per le uscite.
Considerato ciò, va detto che i deficit di forza lavoro sono storicamente riempiti dall’immigrazione, come è avvenuto nei casi tedesco e svizzero che abbiamo preso come modelli pedagogici.
Nelle figure 3 e 4 è illustrata graficamente la ricchezza perduta a causa della disoccupazione in Italia dal 1950 al 2000. La curva in basso è sempre la stessa e mostra l’andamento del PIL; quella in alto, invece, mostra la somma del PIL ufficiale più la quota del PIL perso occupando una forza lavoro nelle proporzioni calcolate da Wallace (modello franco-tedesco, figura 3); e nel caso in cui l’Italia avesse potuto sviluppare un modello “svizzero” impiegando una forza lavoro equivalente al 67% della popolazione (figura 4).




Abbiamo estrapolato il PIL medio prodotto da un membro della forza lavoro dal 1950 al 2000, calcolato in prezzi attuali in modo che le cifre diano un’idea concreta, e lo abbiamo moltiplicato per il numero di anni-lavoro perduti in ognuno dei due scenari. Sottolineamo che questi calcoli sono semplicemente indicativi, anche perché le cifre del PIL sono gonfiate. Il risultato è illustrato nella figura 5.
Volendo prendere in considerazione solo il decennio appena trascorso, 1990-1999, i calcoli ci dicono che nel modello franco-tedesco applicato all’Italia, sono andati persi 4.768 miliardi di Euro, una cifra pari a quattro volte l’intero debito pubblico del 2000; nell’ipotesi del modello svizzero, sarebbero stati addirittura persi 7.769 miliardi di Euro, una cifra equivalente a quasi l’intero PIL decennale e con cui si potrebbe costruire una linea a levitazione magnetica che copra l’intera rete ferroviaria di Stati Uniti, Italia, Germania, Francia, Spagna, Svizzera e Gran Bretagna!
Si tratta, lo ripetiamo, di un esercizio dell’immaginazione, ma serve a farci riflettere.

05 maggio 2007

Mangia che ti passa


E’ una filosofia e come tale si occupa dello studio di vari aspetti della vita umana: comportamento, pensiero, respirazione, esercizio fisico, rapporti, abitudini, usi e costumi, cultura, idee e coscienza, ecc.
L’alimentazione moderna si sta allontanando sempre di più dalla reale necessità del nostro corpo inteso come fabbisogno nutrizionale (e non solo) portando la salute pubblica ad un punto critico con una crescente incidenza di malattie.

Cibi raffinati, ricchi di conservanti, additivi, coloranti, grassi, zuccheri, non sono certo quello di cui l’organismo ha bisogno. Le previsioni affermano che nei prossimi anni avremo un’ incidenza aumentata di malattie neoplastiche, degenerative e autoimmuni come l’ alzheimer e la sclerosi multipla.
Anche le cardiopatie, le allergie, i reumatismi, le artriti, il diabete, le disfunzioni sessuali e i disturbi mentali sono in aumento, in parte correlate ad una alimentazione scorretta e dannosa.
Cambiare abitudini alimentari è possibile ma è necessaria la consapevolezza di voler cambiare.
Questa è la strada da seguire per il miglioramento della salute fisica e mentale, per aggiungere vita ai nostri anni e per fermare la spirale di declino e degenerazione della società moderna. Il successo di tutto ha origine nella cucina di ogni casa e da chi si prende cura della preparazione del cibo quotidiano.