26 marzo 2007

Le banche: la loro storia.



L’uso di conservare in luogo sicuro i propri risparmi e di ricorrere ad altri per ricevere denaro a prestito, nei momenti di necessità, è antichissimo. Nell’antica Grecia i cittadini solevano affidare i propri averi nientemeno che ai sacerdoti i quali li conservavano nelle tranquille solide mura dei templi, certi che anche nei momenti di maggiore pericolo, nei duri tempi delle invasioni straniere, quei piccoli o grandi risparmi sarebbero stati rispettati, come erano rispettati gli stessi Dei. In epoche più progredite, però, e dopo alcune penose esperienze dovute alla mancanza di rispetto dei luoghi sacri da parte dei nemici vincitori, si sentì la necessità di trovare alcuni privati cittadini che si occupassero non solo di conservare o prestare danaro, ma anche, e principalmente, di effettuare scambi tra monete di paesi esteri.

Sorsero così i primi antenati degli odierni banchieri: uomini attivi e di provata onestà che avevano le loro rudimentali botteghe accanto ai grandi porti o, più semplicemente, che nei giorni di mercato esercitavano le loro funzioni nella pubblica piazza. Dette persone erano chiamate «trapezisti» e, almeno alle origini, erano per la massima parte stranieri, venuti schiavi in Grecia, che avevano acquistato la libertà a costo di molte e dure fatiche.

Coloro che dovevano intraprendere un viaggio si fidavano talmente di questi rudimentali banchieri, da affidare loro talvolta anche l’inero proprio patrimonio, sicuri come erano che, l’avrebbero ritrovato non solo intatto, ma aumentato degli interessi maturati nel periodo della loro assenza.

I banchieri romani, venivano chiamati «argentarii», o «nummularii»; e avevano botteghe proprie in tutti i quartieri della capitale e spesso anche succursali sparse un po’ ovunque per il vasto impero. Nessun commerciante, uomo d’affari, piccolo o grande proprietario, infatti, nei tempi dell’antica Roma pensava di poter tenere il denaro al sicuro in casa; tutti sapevano che, solo dando i propri capitali ai banchieri, ne avrebbero potuto ricavare un buon interesse. Quando un Romano doveva pagare somme rilevanti, poi, aveva l’abitudine di portare dal proprio banchiere di fiducia il cliente e tramite il banchiere effettuava pagamenti ed affari d’ogni genere.

Nel Foro, sotto gli archi dei templi di Giano e di Castore, sorgevano, in età imperiale, vere e proprie banche; e tanto era considerata la professione dei banchieri, che ben presto si sentì la necessità di porre l’intera categoria sotto l’alta protezione d’una divinità: fu scelto non si sa bene per quale misteriosa ragione, il dio Mercurio, l’alato nume che tutelava contemporaneamente i ladri ed i bambini.

Nel Medio Evo, prima ancora che sorgessero i primi grandi banchieri che per secoli legarono il loro nome alla storia di re e nazioni, esistevano molti «campsores», ossia cambisti: vale a dire funzionari che si occupavano di cambiare rapidamente i tipi di moneta in uso in un determinato paese, con quelli in corso altrove: veri antenati dei moderni cambiavalute, preziosissimi per rendere più agevoli e semplici i commerci ed i rapporti tra stato e stato.

Più tardi, con il nome di «campsor» si indicò anche il banchiere vero e proprio; mentre il nome «banca» deriva certamente dai banchi o tavoli sui quali i «campsores» posavano il denaro necessario per svolgere la loro attività. Banchi coperti di panno verde, sui quali facevano spicco le borse ben ricolme ed i registri con i nomi dei vari clienti.

L’attività di quei banchieri, però, era in parte limitata dalle leggi della Chiesa, per la quale chi prestava denaro, chiedendo interessi, era considerato peccatore. Gli imperatori Costantino, Teodosio, Valentiniano, Arcadio, però, a poco a poco, con disposizioni sempre più liberali, resero legale «l’usura» (così si chiamava l’interesse); e quando si giunse al XII secolo non esisteva in Europa banchiere che non facesse dell’usura la propria principale fonte di guadagno.

I primi banchieri genovesi, pisani, veneziani, fiorentini che appunto nel XII e nel XIII secolo iniziarono la loro attività, portando le loro sedi sin nella lontana Inghilterra, in Francia, in Spagna, si dedicarono tutti indistintamente al traffico del danaro; ossia dell’usura. Ma ben presto le loro pretese divennero eccessive, gli interessi richiesti parvero addirittura passibili di pena, e, nel 1291, il re Filippo IV espulse dalla Francia, i banchieri italiani; nel 1240 Eduardo III li cacciò dall’Inghilterra, ove poterono far ritorno solo dieci anni dopo, sotto l’egidia del pontefice; per essere, però, nuovamente espulsi dopo poco tempo.

I banchieri fiorentini, tra gli altri, quelli che maggiormente si distinsero per abilità, intraprendenza, capacità organizzativa. Le grandi famiglie di commercianti, quali i Bardi, i Peruzzi, gli stessi Medici, costituirono vere e proprie società familiari, riunendo il capitale posseduto da ogni membro fino a formare colossali aziende, che divennero, nel volgere di pochi decenni, arbitre della storia; non solo commerciale ma spesso anche politica di mezza Europa. Avevano succursali in tutta l’Europa, in Africa, in Asia Minore: sovvenzionavano guerre, lotte tra famiglie rivali, commerci in grande stile con i più lontani paesi dell’Oriente.

Quando, nel secolo XIV, per la ben nota vicenda, il re d’Inghilterra rifiutò di pagare ai banchieri fiorentini Bardi e Peruzzi la favolosa somma di 1 milione e 365.000 fiorini d’oro che doveva loro, nel crollo che seguì l’aspra contesa furono travolte infinite altre compagnie fiorentine: quelle degli Acciaiuoli, dei Corsini, dei Bonacorsi e via dicendo; ma tanto ricca e tanto industriosa era in quel tempo la gente toscana, che nel volgere di pochi anni la città si risollevò dal crollo pauroso e i suoi abili banchieri ripresero il loro posto di preminenza nel mondo.

La compagnia di Lorenzo e Giuliano dei Medici fu costituita nel 1461, con un capitale di 12.000 fiorini d’oro. Nel 1475 furono in grado di prestare ad Edoardo IV d’Inghilterra ben 30.000 fiorini d’oro e divennero, poi, banchieri e sovvenzionatori dell’arciduca d’Austria e del duca di Borgogna.

Nel secolo XV un po’ ovunque, per tutta l’Italia, fiorirono ricche e stimate compagnie bancarie: a Venezia il famoso Banco Soranza, seguito da quello di «Casa Priuli», e dal Banco Pisani, per non citare che i maggiori. A Genova ricordiamo il grande Banco di San Giorgio; a Milano quello di Sant’Ambrogio sorto nel 1593; a Napoli il «Banco di Napoli», il più antico istituto di credito d’Europa, e, in seguito, i diversi «Monti» (Monte di pietà, di Sant’Egidio, dello Spirito Santo, dei Poveri) sorti come opere di carità per venire incontro alle necessità degli strati più poveri della popolazione partenopea, dopo la cacciata degli Ebrei ad opera di Pietro da Toledo nel 1540: Ebrei che, malgrado i loro difetti, arrecavano tanti vantaggi a tutti i cittadini.
Nel secolo XVII sorse a Siena il «Monte dei Paschi»; mentre nel secolo XIX si costituirono molte banche che ancor oggi prosperano in Italia: le «Banche Popolari» create a cominciare dal 1864; la «Banca Commerciale Italiana» nel 1894.

E ora una curiosità: volete sapere quando ebbero origini le cambiali, «croce e delizia» dei nostri tempi? Secondo l’opinione più corrente le «lettere di cambio» o «cambiali» furono un’invenzione italiana del Medioevo, allo scopo di rendere più facile ed agevole la circolazione del danaro. La più antica cambiale che si conosca risale al lontano 1207 e in essa così si legge: «Nell’anno 1207 Simone Rubens banchiere dichiara di aver ricevuto L.34 in danari di Genova, con 32 danari di quali, Simone Rubens, fratello di lui, deve dare in Palermo 8 marchi di buon argento a colui che presenterà questa carta».

Il primo protesto noto, invece, risale al 1384 e venne elevato da un notaio genovese contro un tal Antonius Laurentius. Ma prima di lui e, principalmente, dopo di lui quanti non onorarono il pagamento di una cambiale?
Paolo Rota

22 marzo 2007

Televisione Digitale: quello che non si dice



Nei giorni scorsi, la Electronic Frontier Foundation ha rilasciato un attesissimmo rapporto sullo stato del progetto DVB. Questo rapporto ci permette di capire quali siano le minacce che aleggiano sul mondo della televisione digitale e di altre tecnologie affini.
Il Progetto DVB
DVB sta per “Digital Video Broadcasting”, cioè “Televisione Digitale”. La televisione digitale è destinata a diventare, per legge, l'unico modo di trasmettere programmi televisivi in Italia dal Dicembre 2008 (e, in momenti diversi, in tutta Europa ed in USA). Sia la televisione satellitare, sia la televisione digitale terrestre, sia la televisione via cavo, sia la televisione via Internet, sia la televisione su dispositivi mobili utilizzano infatti un protocollo di trasmissione digitale del segnale.
Gli standard necessari vengono sviluppati da un consorzio chiuso di aziende chiamato DVB Project. Il consorzio DVB raccoglie oltre 260 aziende di tutto il mondo e definisce gli standard per la trasmissione digitale di audio e video sui sistemi della prossima generazione. Gli standard che il DVB Project ha sviluppato sono i seguenti.
· DVB-S ("Satellite"): standard usato per la televisione via satellite
· DVB-C ("Cable"): standard usato per la televisione via cavo
· DVB-T ("Terrestrial"): standard usato per la televisione digitale terrestre
· DVB-H ("Handheld"): standard usato per la televisione su sistemi mobili (telefoni cellulari ed affini)
Ciò che questo consorzio decide, nel chiuso delle sue riunioni tra aziende, è già adesso legge per chiunque voglia trasmettere o ricevere segnali audio e video digitali nel mondo, semplicemente perchè gli strumenti tecnici prodotti da queste aziende rispondono a questi standard ed a nient'altro. Queste 260 aziende rappresentano la stragrande maggioranza dei produttori mondiali per cui, di fatto, il consorzio definisce standard di portata globale a cui è impossibile sottrarsi. Come vedremo nel seguito di questo documento, persino nella remota ipotesi che un produttore indipendente decidesse di opporsi a questo dominio, lo standard definito dal DVB Project prevede strumenti e tecniche adatti a rendere la sua ribellione del tutto inutile.
EFF e il DVB Project
La Electronic Frontier Foundation si è iscritta al consorzio DVB, pagando la quota di iscrizione di 10.000 euro, ed ha partecipato alle sedute. La possibilità di divulgare informazioni è pesantemente limitata dalle clausole del contratto di adesione al consorzio per cui la EFF non può, legalmente, divulgare le informazioni di dettaglio che riguardano questo consorzio, il suo modo di lavorare, le posizioni delle diverse aziende che ne fanno parte ed il loro voto. Tuttavia, la EFF ha potuto pubblicare un rapporto di massima su ciò che il DVB Project sta preparando.
Il Progetto CPCM
Ciò che il DVB Project sta studiando, sin dal 2003, è qualcosa che non piacerà agli “spettatori” europei ed italiani. Questo qualcosa si chiama CPCM, cioè “Content Protection and Copy Management”.
Questo standard permetterà ai produttori di programmi televisivi di imporre le seguenti limitazioni.
NOTA: Per quanto folli e vessatorie possano sembrare queste limitazioni, sono comunque reali. Non stiamo delirando e non ci siamo inventati nulla. Potete controllare voi stessi leggendo le fonti che elenchiamo in calce a questo documento.
Divieto di registrazione. Questo standard permette di vietare la registrazione di un programma televisivo attraverso il sintonizzatore TV. Non potranno più essere registrati i film, i telefilm od altri programmi televisivi, né su cassetta, né su CD o DVD, né su disco fisso. Questo divieto non è aggirabile in nessun modo perchè implementato sia con dispositivi software che hardware.
Divieto di copia. Questo standard permette di vietare la creazione di copie di un CD o DVD. Non potranno più essere create copie di film, di telefilm od altri programmi televisivi, né su cassetta, né su CD o DVD, né su disco fisso, nemmeno per uso personale o per backup. Questo divieto non è aggirabile in nessun modo perchè implementato sia con dispositivi software che hardware.
Divieto di trasferimento. Questo standard permette di vietare il trasferimento di un programma televisivo attraverso una rete di computer, ad esempio dal sintonizzatore TV che si trova in salotto al display del laptop che si trova in camera da letto. Questo standard permette di vietare la fruizione del programma televisivo fuori da una certa nazione, grazie ad un apposito marcatore digitale inserito nei dispositivi (simile al codice regionale dei DVD ma, a diferenza di esso, assolutamente non aggirabile). Questo standard permette anche di vietare la fruizione del programma televisivo fuori da un determinato locale, ad esempio il salotto di casa, grazie ad un apposito ricevitore GPS integrato nei dispositivi (naturalmente pagato da chi acquista il dispositivo). Questo divieto non è aggirabile in nessun modo perchè implementato sia con dispositivi software che hardware.
Divieto di condivisione. Questo standard permette di vietare la condivisione di un programma con altre persone che risiedono nella stessa abitazione od in altri contesti, attraverso la definizione di appositi “domini di autorizzazione”. Il DVB Project ha persino speso una quantità di tempo significativa per stabilire cosa deve essere dei DVD di una coppia in caso di divorzio! Questo divieto non è aggirabile in nessun modo perchè implementato sia con dispositivi software che hardware.
Obbligo di aggiornamento dell'hardware. Questo standard permette di vietare la visione di un programma su dispositivi che il DVB Project ritiene non abbastanza fiscali nel rispetto dei suoi standard. Questo divieto non è aggirabile in nessun modo perchè implementato sia con dispositivi software che hardware e comporta la sostituzione del dispositivo, con i costi facilmente immaginabili.
Oscuramento dei canali liberi esistenti. In futuro, questo standard dovrebbe persino permettere di imporre la cifratura al momento della ricezione (cioè sul TV Tuner del salotto) dei programmi trasmessi in chiaro. In questo modo, sarà possibile applicare le limitazione esposte in precedenza persino ai programmi che il distributore ha deliberatamente deciso di distribuire in chiaro, senza alcuna limitazione. Si noti che il distributore, per legge, ha pagato per questo diritto ed ha firmato un contratto in cui questo diritto gli veniva riconosciuto. In alcuni casi, il distributore del programma potrebbe essere lo stesso proprietario dei diritti. In questo caso, il diritto dell'autore di divulgare senza limitazioni i suoi contenuti potrebbe venire negato da un dispositivo di ricezione che agisce secondo le specifiche del DVB Project!
NOTA: Tutti questi vincoli sono imposti attraverso un attento uso di dispositivi software e hardware, caratterizzati da un pesante uso di tecniche crittografiche, e quindi non possono essere aggirati, rimossi o invalidati nemmeno in linea di principio. Il sistema usato è concettualmente simile a quello usato dalla Microsoft XboX ma molto più avanzato e molto più robusto. Non illudetevi che questi sistemi di protezione vengano spazzati via dal primo ragazzino brufoloso di passaggio come è avvenuto per i CSS dei DVD. Questo non avverrà.
I DRM supportati dalla Legge
I membri del DVB Project sostengono che le tecnologie che hanno messo a punto sono destinate a proteggere i diritti legali dei produttori di contenuti. Questo però non è vero: nessuna legge nazionale o internazionale ha mai concesso ai produttori di contenuti multimediali e/o di dispositivi elettronici dei diritti così vasti per quanto riguarda il controllo sul modo in cui l'utente fruisce di questi contenuti e, di conseguenza sulla sua libertà individuale (e sul modo in cui nasce e si diffonde l'innovazione tecnologica). Né la Convenzione di Berna né le leggi nazionali sul diritto d'autore prevedono diritti così estesi.
Ad esempio, nessuna legge nazionale od internazionale riconosce al produttore di un film su DVD, od al produttore di un lettore DVD, il diritto di decidere dove , quando e da chi questo film su DVD possa essere visto. Eppure, come abbiamo appena visto, la tecnologia definita dal DVB Project prevede proprio che il produttore possa vietare la visione del film fuori dall'abitazione del cliente o persino in una stanza diversa da quella “abilitata” alla visione (cioè il dove questo prodotto viene consumato). Questa stessa tecnologia prevede anche che il produttore possa impedire la registrazione del film trasmesso in TV e la sua visione a posteriori (cioè il quando questo prodotto viene consumato). Addirittura, questa tecnologia cerca persino di definire chi, tra parenti ed amici, abbia il diritto di vedere il film insieme al cliente autorizzato. Nessuna legislazione ha mai riconosciuto ai produttori il diritto di controllare questi aspetti della fruizione di un prodotto e della vita privata del cliente.
Ad essere più precisi, nessuna legislazione esistente ha mai riconosciuto al produttore nemmeno il diritto di limitare la visione di un film ad un preciso mercato geografico, come già avviene per i DVD. Il cliente che acquita un DVD avrebbe, teoricamente, il pieno diritto di vedere il film in qualunque paese del mondo. I trattati internazionali sul diritto d'autore e le relative leggi nazionali non prevedono limiti geografici di questo tipo. Alcune legislazioni nazionali, tra cui quella USA e quella italiana, riconoscono il diritto del produttore di usare dispositivi hardware/software per difendere i loro prodotti dalla copia abusiva e per garantire i loro diritti commerciali ma non gli riconoscono ugualmente il diritto di limitare la fruibilità di un prodotto in un modo che eccede palesemente e largamente ciò che è previsto dalle leggi nazionali ed internazionali sul copyright.
Per questa ragione, il DVB Project ha messo a punto un piano per cambiare a proprio favore la legislazione internazionale e nazionale esistente. Questo piano consiste nella creazione di un insieme di strumenti tecnologici (il CPCM) e di metodologie di accettazione che dovranno servire come base per la futura legislazione. In particolare, l'insieme di tecnologie e di standard che il DVB Project sta creando, costringerà qualunque costruttore di dispositivi digitali a richiedere una certificazione legale e tecnologica prima che esso possa costruire o vendere dispositivi destinati a trattare contenuti multimediali di qualunque genere (film, musica, testi digitali, etc.).
Questo progetto è stato supportato negli Stati Uniti dal pesante lavoro di lobby politica portato avanti da RIAA ed MPAA per ottenere la promulgazione del Broadcast Flag Act di FCC del 2005. Questo lavoro di lobby sta continuando adesso, con energia immutata, sia presso il Governo USA sia presso il Governo dell'Unione Europea che presso il nostro Governo Nazionale. In Italia, queste organizzazioni sono già riuscite ad ottenere diverse iniziative di legge grazie al Governo Berlusconi, tra il 2001 ed il 2006. La più nota di queste leggi è stata il Decreto Urbani sul Peer-to-Peer.
Il risultato finale che il DVB Project, la RIAA e la MPAA intendono raggiungere è quello di avere delle leggi, internazionali e nazionali, che impongano ai produttori di dispositivi elettronici l'obbligo di aderire ai loro standard tecnologici prima di poter costruire e vendere dispositivi di (quasi) qualunque tipo. In questo modo, produrre e vendere dispositivi che non rispettino i loro strettissimi vincoli sarà illegale e, di fatto, impossibile. Naturalmente, questo vorrà dire, tra le altre cose, che l'accesso al mercato dei nuovi produttori sarà vincolato alla accettazione dei membri del DVB project, seguendo una logica tipicamente corporativa. I termini “innovazione tecnologica”, “concorrenza” e “libero mercato” saranno semplicemente spazzati via dal vocabolario (con grave danno per l'utente e per il suo portafogli).
Protezione della proprietà intellettuale e Censura
Come risulta ovvio persino da una analisi superficiale, questa tecnologia può essere usata con la stessa efficacia sia per difendere gli interessi economici dei fornitori di contenuti che per imporre una severa ed ineludibile forma di censura sui contenuti stessi.
Se il partito A, che si trova al potere, lo deciderà, il partito B, che si trova all'opposizione, semplicemente non potrà più far conoscere le sue opinioni in nessun modo tecnologicamente avanzato all'interno dei confini della nazione. Per denunciare le malefatte dei potenti, il partito B dovrà ricorrere al ciclostile ed al volantinaggio in un mondo popolato da telefoni cellulari multimediali e di connessioni ADSL.
Il cittadino che fosse interessato a conoscere le opnioni del partito politico B dovrebbe fare i conti con dispositivi elettronici che rispondono solamente al partito politico A, al potere. Il partito politico A potrebbe infatti mettere in atto la sua censura usando le stesse infrastrutture tecniche sviluppate dal DVB project per la difesa del “diritto d'autore”.
In nessun momento della sua storia l'Uomo ha mai dovuto confrontarsi con la possibilità di una censura così semplice da imporre e così impossibile da constrastare. In nessun momento della sua storia, l'Uomo ha mai dovuto confrontarsi con una tecnologia in grado di invadere in modo così devastante e così inarrestabile la sua sfera culturale e cognitiva.
Cosa succederà ora?
Attualmente, il DVB Project sta mettendo a punto la prima versione della sua Common Interface, cioè l'interfaccia a cui dovranno attenersi i dispositivi della prima generazione. Questa prima versione prevede solo che l'utente finale non abbia accesso a cose per le quali non ha pagato. La versione 2 di questo standard definirà invece che i dispositivi digitali debbano attenersi in tutto e per tutto al CPCM.
Una volta concluso il percorso di definizione degli standard tecnici, il DVB Project chiederà l'approvazione degli stessi al'ETSI (European Telecommunications Standards Institute).
Normalmente, le proposte di standard provenienti dall'industria vengono fatte proprie dall'ETSI dopo solo qualche ritocco cosmetico. Di conseguenza, è facile prevedere che tra pochissimi anni gli standard DVB avrenno una patina di valore legale nonostante il fatto che sono stati sviluppati da un consorzio di aziende nel chiuso dei loro uffici e badando solo agli interessi delle industrie stesse. Questa patina di valore legale servirà poi come base per una direttiva europea che, a sua volta, obbligherà i governi nazionali ad adottare questa tecnologia, e le leggi volute dal DVB Project, da MPAA e da RIAA come standard tecnici e leggi nazionali.
Che fare?
Nessuno dei vincoli previsti dallo standard DVB può essere aggirato, rimosso od invalidato neanche a livello teorico con l'uso di strumenti tecnici (modchip, crack od altro). Questo notevole risultato è ottenuto grazie al largo uso di dispositivi crittografici implementati in hardware, tra cui è ipotizzato anche l'uso del TPM usato dalle Trusted Platform (cioè il Fritz Chip della tecnologia Palladium).
Di conseguenza, l'unico modo di difendersi da questa aggressione tecnologica è la via politica: si deve riuscire ad impedire l'approvazione di questi standard, la loro accettazione sul piano legale, la produzione e lo smercio di questi dispositivi prima che sia troppo tardi.
Per ottenere questo risultato è necessario porre i nostri uomini politici nella posizione di non poter vendere il proprio voto alle aziende del settore senza essere poi costretti a fare i conti con il proprio elettorato.
Questa battaglia sarà molto dura a causa del fatto che la stragrande maggioranza dei cittadini, e persino la stragrande maggioranza degli specialisti, ignora o sottovaluta enormemente il rischio rappresentato dalla rivoluzione digitale nella televisione.
Per questo motivo, è necessario dare la massima diffusione a queste notizie, ad esempio usando la tecnica del Google Bombing.
Il Google Bombing è una tecnica, del tutto legale e del tutto corretta, che consente di far apparire una certa pagina, chiamata “pagina target”, tra le prime voci elencate da Google quando l'utente cerca un determinato termine, chiamato “parola chiave”. Nel nostro caso, cercheremo di far apparire questa pagina che state leggendo tra le prime 10 voci elencate da Google quando l'utente cerca la parola chiave “Televisione Digitale”.
In questo modo speriamo di portare la minaccia del DVB project a conoscenza della maggior parte delle persone che si occupano, per un motivo o per l'altro, di televisione digitale. In particolare, speriamo di riuscire ad informare i giornalisti e le persone che agiscono come consiglieri tecnici dei politici.

20 marzo 2007

Trasformare i rifiuti in energia è possibile?


Joseph Longo, 74 anni, non è solo il fondatore e CEO della Startech Environmental Corporation, ma anche il principale sviluppatore di un apparecchio a dir poco avveniristico: un “convertitore al plasma”.
Dopo 20 anni di progettazione e costruzione, Longo ha realizzato un dispositivo - in grado di entrare in un box con 2 posti auto - in grado di ridurre la spazzatura a livello subatomico, in modo da poterla trasformare in energia pulita.

Il processo viene paragonato ad un “Big Bang al contrario”, dove da qualcosa si ottiene, in senso figurato, “niente”.
La spazzatura viene inserita in un contenitore in acciaio inossidabile, riempito con un gas stabile come il nitrogeno. Nel contenitore viene trasmessa tra due elettrodi una corrente da 650V, che agendo sugli elettroni trasforma il gas in plasma. Attraversando il plasma, la corrente genera un’arco “plasmatico” talmente intenso da disintegrare la spazzatura a livello molecolare.
Il processo ha come risultato la produzione di un vetro simile all’ossidiana e del “syngas”, un gas sintetico composto principalmente da idrogeno e monossido carbonio, che può venire convertito in carburante commerciabile come l’etanolo o il gas naturale.
L’unico punto debole del dispositivo di Longo sarebbero le scorie nucleari: le loro radiazioni sono infatti presenti allo stato atomico già al naturale.

Fonte: Slice of Scifi

13 marzo 2007

La Tv ai bambini collegata anche alla demenza


Affermazione del dott. Aric Sigman «E’' il numero di ore e l'età in cui un bimbo inizia a guardare la televisione che incidono biologicamente sull'individuo. E' principalmente a causa del mezzo stesso, non del messaggio trasmesso, che si ottengono questi effetti devastanti».
Il dott. Aric Sigman, uno psicologo che ha già alle spalle numerosi anni di ricerche e pubblicazioni sulla televisione, a seguito di 35 tipologie diverse di studi ha identificato circa 15 effetti negativi che, egli sostiene, essere causati dalla televisione.

Tra questi effetti, egli afferma di aver constatato lo svilupparsi di malattie come il cancro, l'autismo e il morbo di Alzheimer.
Il tema del rapporto dei bambini e la televisione e dell'obesità infantile è un argomento largamente trattato a livello europeo e soprattutto molto sentito in Gran Bretagna, dove si stanno da tempo prendendo provvedimenti a livello ministeriale per promuovere le attività sportive (soprattutto all'aperto) e un'alimentazione alternativa.
Ad ogni modo, purtroppo, le ricerche fatte finora hanno per lo più dato risultati negativi e sono da considerare molto seriamente. Il range di bambini affetti da miopia e da deficit di attenzione, da diabete, autismo e di individui che sviluppano, nel tempo, l'Alzheimer, aumenta a dismisura, mettendo in ginocchio la generazione dei giovani moderni, coloro dal cervello anestetizzato dalle immagini sullo schermo.

La ricerca del dott. Sigman, pubblicata anche dalla rispettabile rivista Biologist magazine, sostiene che il problema “televisione” parte principalmente dal tempo che si trascorre di fronte alla stessa.
Per molte persone il tempo speso di fronte alla televisione sta diventando una percentuale sempre più alta di quello dedicato a compiere una qualsiasi altra attività fatta eccezione per le ore trascorse a lavorare o a dormire. Secondo una ricerca dell'Ufficio Ricerche sull'Audience britannico, all'età di 75 anni, un individuo si ritrova ad aver trascorso più di 12 anni della sua vita davanti alla tv.

Il dott. Sigman, membro della Società Britannica degli Psicologi e autore del libro “Controllo Remoto: Come la Televisione sta danneggiando le nostre vite” ha condotto i suddetti studi in collaborazione con l'Accademia Americana dei Pediatri, l'Università di Cornell, Il Centro Medico Universitario di Stanford, L'Ufficio di Ricerche di Mercato Britannico e con quotate riviste mediche come il Lancet ed il Journal of Sleep Reasearch (Rivista di ricerche mediche sul Sonno).
Il livello di danno causato dalla televisione, afferma ancora il dottore, dipende da quanto tempo si trascorre a guardarla. Teniamo conto che in media, all'età di sei anni, un bimbo si ritrova ad aver già trascorso un intero anno della sua vita di fronte alla tv. Se sommiamo anche il tempo trascorso davanti al computer, continua lo psicologo, allora risulta che l'attività svolta di fronte ad uno schermo diventa l'attività predominante per bambini un po' più grandi – quelli di età tra gli 11 e i 15 anni spendono oggi il 55% del loro tempo da svegli (quindi escluse le ore di sonno) o meglio, circa 7 ore e mezza al giorno, guardando televisione e computer. Ciò rappresenta una crescita del 40% avvenuto solo in questa ultima decade.

Il Dr. Sigman sostiene che gli effetti di questa attività si riflettono sia sul corpo che sulla mente. Afferma che il cervello, ad esempio, non possa venire affatto stimolato dallo schermo, bensì viene narcotizzato, colpendo aree di quest'organo che, diversamente, verrebbero allenate e stimolate con la lettura, ad esempio.
Una serie di effetti concatenati sono emersi tra i soggetti sottoposti a molte ore di televisione come l'obesità, l'Alzheimer, il diabete e persino la diminuzione della capacità delle cellule di rimarginare le ferite.
L'esposizione alle radiazioni della televisione, è stato dimostrato, sono causa principale della riduzione del livello di melatonina nel corpo, cioè la riduzione dell'ormone che regola l'orologio biologico del nostro corpo come ad esempio il tempo della crescita e dello sviluppo della pubertà.

La melatonina viene prodotta dal nostro corpo durante la notte ed induce il sonno. Oggi, invece, si documenta che luminosità emessa dallo schermo della televisione sopprime, in parte, il livello di questo ormone nel sangue. (Il Lancet ha pubblicano nel luglio 2004 che la l’aumento della melatonina in una sola settimana senza tivù è stata del 30%)
Questa sindrome è evidente nei giovani adolescenti incollati alla televisione che sempre di più sostengono di preferirne la visione notturna.
L'altro effetto collaterale, ovvero quello che affligge il ciclo di crescita dell'individuo legato alla melatonina, è quello che vede le nuove generazioni anticipare l'età della pubertà, arrivando all'adolescenza qualche anno prima delle generazioni passate.

Questa problematica ha iniziato ad essere osservata già dagli anni '50 cioè dal periodo in cui la televisione è diventata un mass media.
Mentre le ricerche del dottore si dirigono pesantemente dentro alla fisiologia e alla biologia, una conclusione può essere espressa, che ha a che vedere con una critica più generale alla TV – la televisione guardata di giorno, che spazia da soap opera e talk show mandano in “putrefazione il cervello” riducendo di molto le capacità cognitive soprattutto nelle donne anziane, inclusi effetti clinicamente riscontrabili di difficoltà di attenzione, di memoria e di velocità psicomotoria. Tutti i soggetti studiati dimostrano, di fatto, incapacità di reazione e lentezza di riflessi.
Il dott. Sigman aggiunge che «Permettere ai bambini di guardare così tanto lo schermo è una grave mancanza di responsabilità da parte dei genitori, un grave lavarsene le mani», secondo lui ai bambini più piccoli dovrebbe essere addirittura vietato l'uso di tale mezzo, introducendolo per gradi, negli anni successivi al 6° compleanno, somministrandolo con giudizio.

OBESITA'
La televisione è direttamente correlata e ora giudicata come causa indipendente dell'obesità infantile. Il rimanere seduti di fronte ad uno schermo è un'azione che comanda e cresce nella vita dei bambini, rimpiazzando molte attività fisiche. L'inattività è anche una causa di una dieta povera e malsana.

RISANAMENTO CELLULARE
La televisione è coinvolta nei processi di alterazione cellulare, di dimensione e consistenza della pelle e delle cellulare appartenenti al sistema immunitario. Può causare una migrazione di ghiandole cutanee del sistema immunitario, di parti del tessuto epidermico che giocano un ruolo molto importante nel risanamento delle ferite offrendo una difesa contro le malattie.

PROBLEMI CARDIACI
Molte ricerche sostengono che la televisione può essere una causa di malattie cardiovascolari a lungo termine. Negli adulti aumenta il colesterolo e la possibilità di malattie e malfunzionamenti cardiaci strettamente legati all'esposizione allo schermo subita, soprattutto, in età adolescenziale.

METABOLISMO
Una significativa relazione tra le ore settimanali trascorso davanti alla tv e il rallentamento del metabolismo è stata riscontrata. Il rallentamento metabolico diminuisce la possibilità di bruciare i grassi. Combinata con cibi molto calorici e bevande gassate e zuccherate, è una delle maggiori cause dell'obesità infantile e di altre malattie.

VISTA
Danni permanenti alla vista precedentemente attribuiti alla genetica, sono ora correlati all'esposizione allo schermo televisivo. Schermi della televisione e dei computer sono ora una delle maggiori cause della crescente miopia in quanto richiedono lunghi periodi di sforzo oculare nel fissare l'attenzione, da parte del telespettatore.

MORBO DI ALZHEIMER
La televisione guardata tra i 20 e i 60 anni è associata allo sviluppo del morbo di Alzheimer: per ogni ora in più che trascorriamo davanti allo schermo, aumenta il rischio di incorrere in questa malattia. L'attenzione, la memoria ed il tempo di reazione sono tutte abilità che vengono anche pesantemente intaccate.

INTERVALLO DI ATTENZIONE
Lunghi periodi davanti alla televisione possono infliggere danni a ciò che si chiama “meccanismo neuronale” che sta dietro alla capacità di attenzione e al controllo degli impulsi nervosi. Ciò significa danneggiare lo sviluppo delle cellule cerebrali e la capacità di concentrazione sugli oggetti. Per i bambini significa un alto tasso di disordini comportamentali e difficoltà di apprendimento.

ORMONI
Guardare la televisione sopprime la produzione di melatonina, un ormone chiave e un potente antiossidante che ha un ruolo importante nel sistema immunitario, nei cicli della veglia e del sonno e sull'inizio della pubertà. La melatonina regola l'orologio biologico in ognuno di noi, ma gli schermi luminosi possono interrompere questo processo.

CANCRO
La riduzione dei livelli di melatonina, sostiene il dott. Sigman, da come risultato buone probabilità che il DNA produca mutazioni tali da causare il cancro. Alcuni medici hanno pubblicato ricerche sulla connessione tra l'insonnia o i problemi del sonno ed il cancro, dichiarando che la mancanza di sonno induca profondi stati di stress che il nostro corpo tramuta nella produzione di cellule malate, cioè nel cancro stesso.

AUTISMO
Numerosi studi apportati dal team del dott. Sigman e da altri suoi colleghi, dimostrano che le ore spese a guardare la televisione in età infantile potrebbe provocare l'autismo in un bambino su 166. Il dottore cita una ricerca, in particolare, pubblicata dall'Università di Cornell che dimostra come la tv possa essere un grilletto che attiva questa condizione in bambini molto piccoli.

FAME
La mancanza di ore di sonno, dovute al disturbo psico-fisico causato dalla televisione, stimola l'aumento dell'appetito e alla produzione di grasso nel corpo. Questo avviene, secondo le sopraccitate ricerche, a causa di alterazioni subite da ormoni come la leptina e la grelina che regolano la sensazione di pienezza e il senso di fame.

CRESCITA CEREBRALE
I mass media interattivi e persino i videogame sono stati associati con la limitazione dell'attività cerebrale e neurologica. Guardare la televisione è considerato dai neuroscienziati un'attività non stimolante per l'intelletto, che ne impedisce lo sviluppo e l'allenamento. Ciò non accade, invece, per attività quali la lettura.

DIABETE
Il dott. Sigman afferma che guardare la televisione sia strettamente collegato a una significante crescita nel rischio di sviluppo anormale del tasso di glucosio a livello metabolico e dell'evoluzione di un nuovo tipo di diabete. Questo è correlato agli effetti di una vita sedentaria e di una dieta che spesso accompagna le ore spese davanti allo schermo, come dolciumi, caramelle e bibite zuccherate.
Fergus Sheppard

05 marzo 2007

La cucina mediterranea: quella dei nostri nonni!

Tra gli ingredienti dei nostri piatti locali, emergono il pane, la pasta, i legumi secchi, il pesce, gli ortaggi, la frutta, il vino e l’olio extravergine di oliva. Combinati fra loro, con l’aggiunta di piccole quantità di uova, formaggi, latte, carne, danno origine ad un’alimentazione saporita ma semplice e quindi molto gradita.
Questi alimenti sono gli stessi della tradizione alimentare dei paesi mediterranei, purtroppo abbandonata anche in Italia, perché considerata “povera” e non corrispondente al modello del consumismo della società industriale.
Questa tradizione alimentare oggi però è stata rivalutata dai nutrizionisti e riproposta con il nome di “dieta mediterranea”: facilita una nutrizione equilibrata per qualsiasi età e previene molte malattie.
Naturalmente questo non vuol dire un ritorno alla “cucina povera”, ma significa ridurre apporto enorme di energia dei consumi odierni realizzando un modello più equilibrato di alimentazione.
In questo modello i cereali ritornano ad essere gli alimenti principali insieme ai legumi, alla frutta e all’olio di oliva con una buona quantità di fibre e una quota equilibrata di grassi. Gli alimenti di origine animale con giuste combinazioni, apportano i loro principi nutritivi, ma senza prevalere nei confronti degli alimenti vegetale. Il cibo però non è solo nutrimento, ma anche “piacere” e quindi i fattori sensoriali quali l’olfatto, il gusto, la vista, sono quelli che ci guidano nella scelta degli alimenti. Questi piatti mediterranei hanno la capacità di attirare per il profumo genuino, per il gusto particolare e per le sensazioni di piacere.
Proseguendo sempre da "La cucina dei Trabocchi" una ricetta tipica

POLPETTE CACIO E UOVA

Mescolare in una zuppiera le uova, i formaggi grattugiati, la mollica di pane, il prezzemolo tritato ed il sale. L'impasto deve essere morbido e la quantità di mollica di pane può essere regolata per raggiungere la giusta consistenza. Con un cucchiaio formare polpette allungate e quando l'olio è caldo, ma non troppo bollente friggerle rigirandole spesso. Toglierle con la schiumarola e poggiarla sulla carta assorbente da cucina. Mettete a cuocere i pomodori con il peperone, con l'olio, cipolla, peperoncino e sale. Dopo circa 10 minuti, mettete le polpette, coprire il tegame e farle cuocere per circa 10-15 minuti. Servirle calde. E' bene preparare questo piatto all'ultimo momento, altrimenti le polpette assorbono tutto il sugo; in caso contrario preparare subito il sugo e 10-15 minuti prima di servire in tavola, mettete le polpette a cuocere.

04 marzo 2007

Se gli ipermercati aumentassero tutta la merce del 66% in un mese?


Questo è successo in un paese ricco di risorse e petrolio, come andrà a finire?
In questo articolo di Salim Lamrani ci aggiorna sulla situazione venezuelana.
L'oligarchia venezuelana, opposta alle riforme economiche e sociali del presidente Chavez, tenta nuovamente di destabilizzare la nazione, speculando sui prezzi dei prodotti di prima necessità. Dopo il colpo di stato dell'aprile 2002, ed il sabotaggio petrolifero del dicembre 2002, l'elite aspira a provocare una crisi alimentare e a scatenare moti nel Paese.

Gli ipermercati venezuelani hanno aumentato a dismisura il prezzo dei prodotti di base, come la carne, lo zucchero ed i cereali, rendendoli inaccessibili alla popolazione e creando così serie difficoltà alimentari. Secondo la Banca Centrale del Venezuela (BCV) pressoché un quarto del paniere è gravato dall'inflazione artificiale, che tocca in primo luogo le classi più modeste. Così, i prezzi sono aumentati in media del 66%, e, in certi casi, sono più che duplicati. Per esempio, il prezzo del pollo ha subito un'inflazione del 110% e quello del formaggio del 245%.

"La crescita osservata sul prezzo della carne a partire da gennaio e nella prima settimana di febbraio è dovuta all'interesse di alcuni distributori di massimizzare il profitto, dato che i Venezuelani hanno, attualmente, un maggiore potere d'acquisto" ha spiegato Maria Cristina Iglesias, ministro del Potere Popolare per le Industrie Leggere ed il Commercio.

Il Governo ha immediatamente adottato delle misure, segnalando che i prezzi dovevano rispettare la regolamentazione in vigore dal 2005: "Chi non rispetterà i prezzi fissati e regolati dal paniere, ne pagherà le conseguenze, (infatti) noi non indietreggeremo di un millimetro" nella lotta alla speculazione, ha avvertito il Vice Presidente del Paese, Jorge Rodriguez. Un Comitato di ispezione sociale per l'approvvigionamento, gestito dalle comunità, è stato, in effetti, creato in questo senso, al fine di "costruire una patria senza speculatori, senza accaparratori, e (….) senza scioperi padronali "

Molti supermercati, manipolando gli stock e praticando prezzi superiori a quelli fissati dalla legge, hanno ricevuto la visita degli ispettori, e sono stati sanzionati dalle autorità. I loro prodotti sono stati censiti e venduti al giusti valore nei negozi popolari Mercal. "Gli speculatori sono delinquenti, criminali e nemici del popolo e devono sentire l'azione ferma della legge" ha dichiarato William Lara, Ministro del Potere Popolare per la Comunicazione e l'Informazione. Egli ha rigettato l'argomento della penuria evocato dai centri commerciali, e li ha accusati di accaparrare prodotti .

In effetti, molti grandi magazzini hanno deciso di sospendere la vendita di carne, provocando così una crisi alimentare. Il presidente Chavez ha reagito inviando un messaggio ai proprietari dei supermercati, che li esortava a mettere termine alle speculazioni ed a garantire la sicurezza alimentare dei cittadini. Egli ha avvertito che avrebbe proceduto alla nazionalizzazione degli ipermercati, dei mattatoi e delle celle frigorifere che continueranno a vendere prodotti di prima necessità al di sopra dei prezzi legali.

"Ho inviato messaggi ai produttori, agli intermediari dei mattatoi, delle celle frigorifere e dei negozi di alimentari. Ma se continueranno a violare gli interessi dei Popolo, la Costituzione, le leggi, li priverò delle celle frigorifere, dei negozi di alimentari e dei mattatoi e li nazionalizzerò" ha annunciato il Presidente venezuelano. Egli ha invitato la popolazione ad effettuare le necessarie denunce: ogni stabilimento che venderà al di sopra dei prezzi fissati sarà nazionalizzato e la sua gestione affidata ai consigli comunali. "Faremo di tutto per raggiungere la giustizia e l'uguaglianza alimentare" ha quindi concluso .

Una legge è stata adottata contro la speculazione ed il boicottaggio. La Legge per la difesa popolare stabilisce uno stretto controllo e sancisce che "i fornitori e gli stabilimenti che violeranno questa misura, o avranno fatto ricorso a delitti di speculazione, accaparramento, usura, si rifiuteranno di vendere, restringeranno la circolazione o la distribuzione dei prodotti sotto un regime di regolamentazione dei prezzi, così come coloro che realizzeranno pratiche evasive di qualsiasi natura o altri delitti connessi, per superare il massimo di vendita al pubblico dei prodotti alimentari, saranno sanzionati secondo la legge" (7).

L'articolo 4 sottolinea ugualmente che "ogni bene necessario per sviluppare le attività di produzione, fabbricazione, importazione, provvigione, trasporto, distribuzione e commercializzazione di alimenti o di prodotti sottoposti al controllo dei prezzi" è di utilità pubblica, permettendo così al governo di prendere, legalmente, il controllo degli stabilimenti abbandonati o chiusi, o che praticano la speculazione .

Il governo bolivariano ha, malgrado tutto, tenuto a far prova della sua buona volontà ed ha compiuto un gesto a favore dei produttori e commercianti. Ha deciso di sopprimere la TVA del 14% su alcuni prodotti alimentari come le carni, il mais, la maionese, il formaggio bianco e l'avena, così come sui trasporti terrestri di alimenti di prima necessità a partire dal primo marzo 2007. Questa esenzione d'imposta riguarda tutta la catena alimentare, dal produttore al commerciante .

Questo nuovo tentativo di destabilizzazione orchestrata dall'oligarchia venezuelana è significativo, a diversi livelli. Prima di tutto, mostra che l'élite del paese non arriva ancora ad accettare la perdita del proprio potere politico, e l'implicazione, via via crescente, dei cittadini nella costruzione di una democrazia partecipativa e di una nuova società, che si vuole inclusiva. Si trova, ugualmente, nell'incapacità di ammettere che il sistema politico, economico e sociale del Venezuela sta cambiando in modo radicale, e che questo processo, iniziato nel 1999, è oramai irreversibile. Infine, i Venezuelani debbono rimanere vigili: infatti l'opposizione, antidemocratica ed attivamente sostenuta da Washington ha dimostrato, in passato, di essere pronta a tutto pur di raggiungere i propri fini.