31 dicembre 2008

Anche la Cina vieterà le lampadine a incandescenza


Il governo di Pechino sta preparando un piano di azione per la soppressione progressiva delle lampade ad incandescenza in collaborazione con il Programma Onu per lo sviluppo ed il Fondo mondiale per l’ambiente.

La notizia ha ancora più valore perché la Cina rappresenta - tanto per cambiare - uno dei principali produttori mondiali di lampade ad incandescenza. Nel 2007 ne ha prodotte prodotte più di 4 miliardi, la metà delle quali destinate al mercato estero.

Sull’altro piatto della bilancia c’era però il consumo domestico interno. Oggi è pari al 12% del consumo complessivo e grazie alle lampade a basso consumo potrebbe essere tagliato almeno del 60% - il che equivale a gran parte dell’energia prodotta dalla famigerata diga delle Tre Gole.

La misura allo studio si aggiungerebbe alla campagna nazionale per sovvenzionare e promuovere l’utilizzo di 150 milioni di lampade a basso consumo, lanciata all’inizio del 2008 dalla Commissione di Stato per lo sviluppo e le riforme della Cina e dal ministero delle finanze. Grazie ad essa l’acquisto all’ingrosso di lampade “eco-energetiche” gode di una sovvenzione del 30%, mentre per l’acquisto al dettaglio l’aiuto sale al 50%.
da un articolo web

28 dicembre 2008

Per ridere un po'


Due escursionisti in montagna sono vicini ad un burrone. Il primo
dice: "Qui l'anno scorso e' caduta la mia guida...". "Ohhh che
tragedia, mi dispiace". E il primo: "Ah non importa! Era vecchia ... e
mancavano anche delle pagine ...".

Statistica : la scienza di produrre fatti inaffidabili a partire da dati certi.

Tanti auguri, Berlusconi, e grazie di cuore per tutto quello che non
hai fatto per noi.
Tanti auguri, Prodi, per non averci ancora detto che se vai su tu ci
fai un mazzo tanto.
Tanti auguri Fassino, perchè ogni volta che ti vediamo facciamo
commossi un'offerta ai bambini poveri e denutriti dell'Etiopia.
Tanti auguri, Bossi, che il nuovo anno ti porti una badante ucraina.
Tanti auguri Vespa. perchè grazie al tuo libro ora sappiamo cosa
regalare per le feste. Il libro di un altro.
Tanti auguri Benigni, perchè senza tutti i miliardi che hai fatto
grazie al solo 4% di tasse che Berlusconi ti ha concesso di pagare,
ora non potresti farci ridere così su Berlusconi.
Tanti auguri a tutti i nostri politici, che grazie al loro grande
spirito di sacrificio hanno permesso al paese di essere fra le prime
potenze del mondo, dopo il Bangladesh.
Tanti auguri al giudice di Udine che ha condannato a dieci mesi di
prigione un marocchino, reo di aver rubato addirittura una merendina
alla Coop. E' giusto dare l'esempio.
Tanti auguri Fiorani e Tanzi, che tra qualche giorno saranno di nuovo
fuori, dimenticati dalla stampa.
Tanti auguri Fazio, che ha dato al paese un esempio di lealtà,
correttezza e onestà, dimettendosi.
Tanti auguri anche a Busi, che il nuovo anno gliene porti di più.
Tanti auguri alla mia famiglia, che mi sopporta al par vostro.
Tanti auguri al mio meccanico, che dopo le ultime riparazioni è andato
alle Seychelles.
E infine tanti auguri a tutti voi, che Babbo Natale vi porti ciò che
più desiderate al mondo, a patto che non sia il mio culo, beninteso.

24 dicembre 2008

La rottamazione del pane


Varese, rottamazione del pane
pubblicato da Marina in: Italia Foto & video Alimentazione


Per caso sono venuta a conoscenza di questa singolare proposta di un panificio di Varese che “rottama” il pane secco restituendo 30 centesimi per ogni chilo di pane consegnato. Per il mese di novembre, periodo in cui è partita la “rottamazione del pane”, ne sono stati consegnati appena 3 chili. Da dicembre, invece, sembra che le cose vadano un po’ meglio, anche perché l’iniziativa inizia a farsi conoscere.


L’ideatore si chiama Davide Piatti, titolare della Panetteria Piatti a Varese che dona il pane secco alle fattorie della zona e a cui aggiunge appunto quello che riceve dai clienti. Purtroppo, a causa di leggi sulla sicurezza sanitaria non è possibile per le panetteria donare il pane che resta (se resta) a fine giornata a chi ne ha bisogno, ma può essere solo buttato via. Dunque il Sig. Piatti in questo modo cerca di recuperare uno spreco.

22 dicembre 2008

Tegole a celle solari... con il fotovoltaico


Il mercato del fotovoltaico, pur essendo molto giovane in Italia, sta vedendo una forte ascesa; ciò grazie alla maggiore sensibilizzazione dell’opinione pubblica al problema del riscaldamento planetario, ma anche in virtù delle agevolazioni fiscali governative. La diffusione dei pannelli solari ha, però, incontrato un ostacolo non indifferente nella struttura dei nostri edifici, i cui tetti sono spesso coperti da tegole in cotto (rosse, arancioni o marroni).

I tradizionali impianti fotovoltaici, se introdotti in tale contesto, causano un riconosciuto peggioramento estetico delle città, alterando le caratteristiche architettoniche originarie dei centri storici. Esistono anche delle normative urbanistiche che impongono forti limiti in merito.

Pertanto, gli studi nel campo del fotovoltaico si sono concentrati, nel corso degli ultimi anni, sulla ricerca di nuove soluzioni strutturali, le quali consentissero l’integrazione dei dispositivi nel tessuto architettonico-storico delle città italiane. Il risultato è stato la realizzazione di tegole (o affini) che assomigliassero il più possibile a quelle in laterizio, per forma, struttura e colore.

L’obiettivo è stato raggiunto in particolare da Techtile, ultimo prodotto della REM Spa, azienda impegnata nella progettazione di impianti fotovoltaici e per il solare termico altamente avanzati.

Le tegole Techtile sono ecologiche, in quanto prodotte con materiali completamente riciclabili, e nascondono perfettamente le celle fotovoltaiche grazie al loro aspetto. Esse hanno, infatti, forma semicilindrica e colore a scelta tra cotto, testa di moro e sabbia; il risultato è che - a distanza - esse appaiono del tutto identiche a quelle tradizionali. Ogni tegola Techtile ospita una cella fotovoltaica; per ottenere 1kWp servono circa 250 tegole.

La tecnologia Techtile prevede delle strutture di base a pannelli (Techtile Basic), su cui si possono agganciare le tegole fotovoltaiche vere e proprie (Techtile Energy), oppure quelle solari termiche (Techtile Therm). Le prime inglobano ciascuna - come già detto - una cella fotovoltaica, la quale trasforma l’energia solare in energia elettrica, in virtù delle proprietà fisiche del materiale di cui è fatta (il silicio); l’energia così prodotta potrà essere utilizzata per l’illuminazione e le altre esigenze domestiche.

Tegole fotovoltaiche Techtile Energy
Le seconde, invece, che integrano (per file) un tubo a vuoto, sono volte al riscaldamento dell’acqua, secondo la tecnologia del solare termico; esse consentono di alimentare il sistema sanitario e impianti di riscaldamento a bassa temperatura. Il tutto può essere controllato dall’interno dell’abitazione tramite una centralina (Techtile Control), la quale consente di effettuare misurazioni e rilevare eventuali anomalie di funzionamento. La centralina è anche collegabile ad un computer, così che i dati possano essere registrati ed analizzati comodamente.

Sono disponibili sul mercato anche altre due versioni di tegola fotovoltaica: Tegosolar e Prefa Solar.

Le Tegosolar sono realizzate dall’azienda Tegola Canadese, in collaborazione con United Solar Ovonic. Anch’esse hanno una struttura modulare, ma sono meno frazionabili delle Techtile (ossia, l’entità base è più grande di una singola tegola classica). Flessibili e leggere, offrono una buona resa energetica anche con cielo nuvoloso e in presenza di nebbia: esse, infatti, sono in grado di catturare, oltre alla luce diretta, anche quella diffusa. Ciò permette loro di essere impiegate agevolmente anche nella copertura di tetti piani e mal orientati. Ogni tegola è composta da 11 celle connesse, per una capacità complessiva di 68W. Le aziende che hanno firmato il progetto sostengono che esse rendano dal 10 al 20% in più dei moduli tradizionali.

Tegola fotovoltaica Prefa Solar

L’azienda Prefa, invece, propone le tegole Prefa Solar. Esse integrano le celle fotovoltaiche nel supporto inferiore, cosicché il sistema di copertura rimane integro, privo di discontinuità di materiale o colore, in perfetta complanarità. Anche in questo caso, le dimensioni dell’unità base sono superiori a quella del singolo coppo di laterizio, ma il fatto che siano disponibili in 10 colori standard, con celle a loro volta di due diverse colorazioni, rende le tegole Prefa facilmente adattabili ad ogni tipo di contesto, urbano e non.

La riduzione dell’impatto ambientale e paesaggistico delle strutture favorirà - senza dubbio - un più largo impiego del sistema fotovoltaico, il quale consente facilmente la produzione di energia pulita a livello individuale.

Il GSE (Gestore Servizi Elettrici) ha dichiarato che nel 2008 il nostro Paese ha raggiunto i 200MW di energia prodotta tramite fotovoltaico: la capacità degli impianti installati nel 2006 è di 9.4MW, quella del 2007 è di oltre 70MW, mentre nell’anno in corso si è arrivati a 120MW.

L’obiettivo che si vuole raggiungere è ambizioso e, purtroppo, ancora lontano: 3000 MW di energia prodotti da fotovoltaico (annualmente), entro il 2016. Ma il trend crescente rappresenta senza dubbio un segnale positivo.

Il verde Fabio Roggiolani, presidente della IV Commissione CRT Toscana, è molto ottimista; in occasione di una conferenza stampa in cui venivano presentate a Firenze le tegole fotovoltaiche, egli ha affermato: “Questa tecnologia consente di portare il solare proprio a tutti, anche nei centri storici: le aziende sono pronte per il salto di qualità e, con queste innovazioni, anche nelle zone tutelate si potranno avere case solari ad impatto visivo "zero", superando le ultime barriere legislative ed i contrasti con le sovrintendenze".

Tegola fotovoltaica Tegosolar

Purtroppo, se è vero che il fotovoltaico fa ricorso ad una fonte inesauribile (il Sole) per produrre energia, senza immettere gas nocivi nell’ambiente, bisogna considerare che essa non è una tecnologia per il momento particolarmente efficiente. Il rendimento di conversione da energia solare ad elettrica, infatti, è ancora piuttosto basso. Inoltre l’energia elettrica prodotta con tale processo ha un costo superiore (fino a cinque volte) rispetto a quello dell’energia derivante da sistemi tradizionali.

E’ evidente che occorre investire ancora molto nella ricerca in questo settore, per rendere la tecnologia più efficiente e ottimizzare il rapporto tra l’energia prodotta e i costi sostenuti.

Alla fine dei conti, il contenimento dei consumi e la riduzione degli sprechi restano le uniche strategie realmente efficaci, al fine di risparmiare energia e denaro, nonché limitare l’impronta ecologica lasciata dall’umanità sul pianeta Terra.
Virginia Greco

17 dicembre 2008

Il caffe usato come biodiesel




Secondo uno studio dell’Università del Nevada-Reno, pubblicato sul Journal of Agricultural and Food Chemistry, dagli oltre 7 miliardi di tonnellate di caffè consumati ogni anno nel mondo, potrebbero venire prodotti circa 1,2 miliardi di litri di biodiesel. I resti del caffè risultano particolarmente adatti alla conversione in carburante poiché già contengono il 10/15% di olio a seconda della varietà (arabica o robusta).

Il biodiesel prodotto, inoltre, è molto stabile, a causa degli agenti anti-ossidanti contenuti nel caffè, mentre il residuo può essere utilizzato come compost per il terreno o pellet per stufe. I ricercatori hanno asciugato i resti di caffè della Starbucks (già impiegati come compost negli USA), mischiandoli successivamente con dei solventi per estrarne l’olio contenuto dopo un passaggio in una centrifuga. I solventi vengono poi recuperati e riutilizzati nel ciclo successivo.

Il risultato finale è del biodiesel dal totale dell’olio estratto dal caffè. Il settore del caffè in Italia alimenta un giro d’affari alla produzione che si aggira sui due miliardi di euro. I torrefattori in attività sono circa 750 e trasformano annualmente poco più di 6,8 milioni di sacchi di caffè verde (un sacco = 60 kg), tutto importato. Questo vuol dire che nel 2007 sono state importate circa 420 mila tonnellate di caffè; usare lo scarto per fare carburante e compost potrebbe essere una buona idea per accrescere l’indipendenza energetica.
by ecoblog.it

15 dicembre 2008

Mangiare con gusto fa bene alla linea


Chi mangia assaporando il gusto delle pietanze è meno a rischio di diventare obeso rispetto a chi si nutre senza provare piacere per i piatti che consuma.
Questa è la conclusione a cui è giunto uno studio scientifico condotto negli Stati Uniti presso l'Oregon Research Institute (Ori) da Eric Stice e pubblicato sulla rivista “Science”.
Da tempo si ipotizzava che gli obesi mangiassero di più per via di un ridotto senso di soddisfazione tratto dal cibo: mangiare di più li aiuterebbe a compensare questo deficit. Adesso, secondo la ricerca dell'Ori, se ne ha la prova: gli esperti hanno misurato l'attivazione dei centri del piacere con la risonanza magnetica funzionale in un gruppo di ragazze che sorseggiavano un milkshake al cioccolato.
E' emerso che quelle i cui centri del piacere si attivavano di meno in risposta al frappé, ricontrollate un anno dopo, erano le ragazze ingrassate di più. Lo studio suggerisce dunque la possibilità di combattere l'obesità anche agendo a livello cerebrale sui centri del piacere.
Lo striato dorsale è l'area cerebrale che recepisce il piacere del cibo: tanto minore è la sua attivazione mentre si mangia, tanto più si è a rischio di obesità.
A conferma di questo risultato, lo stesso rischio è emerso per persone che hanno un difetto genetico che causa un malfunzionamento dei centri del piacere. Che mangiare, oltre che una necessità, sia un piacere non vi sono dubbi: lo è anche per il cervello. Infatti mangiando si attivano le stesse aree accese dalle dipendenze, che sono poi anche i circuiti che rispondono al piacere sessuale.
Si apre dunque, adesso, una nuova risposta scientifica alle cause dell'obesità, fenomeno in crescita e legato essenzialmente alla sedentarietà e alla cattiva alimentazione.
È ipotizzabile che nel prossimo futuro, per mantenere le signore più in forma e gli uomini più tonici e in linea, si studino interventi sinergici tra la farmacologia e la terapia del comportamento perchè le aree cerebrali del piacere funzionino a dovere.
Un consiglio sempre valido è quello di evitare la fretta quando si mangia, di masticare bene ciascun boccone e di sapersi rilassare al momento del pasto, gustandoselo meglio che si può.
I ritmi frenetici della vita moderna sono, effettivamente un grosso ostacolo, ma bisogna combatterli con l'organizzazione razionale del proprio tempo. Ci guadagneremo tutti in salute e benessere psicofisico.

by italia in salute

09 dicembre 2008

I rischi del fumo passivo


Se volete avere un bebè e diventare mamme felici tenetevi ben alla larga dal fumo: non soltanto dal vostro, ma anche da quello di chi vi sta accanto.
Un nuovo studio scientifico americano, pubblicato sulla rivista “Tobacco Control”, ha evidenziato come il fumo passivo sia un vero e proprio nemico della maternità: esso infatti aumenta, anche a distanza di anni dalla sua inalazione, di ben il 60% il rischio di infertilità femminile e di aborti spontanei.
Questo ulteriore avvertimento che viene dalla scienza dovrebbe convincere ancora di più tutti i fumatori, e specialmente le fumatrici o chi è vicino a donne in età fertile o incinte, a dire il definitivo addio alle sigarette.
Un'altra ricerca scientifica, pubblicata di recente, aveva invece messo in luce come anche gli uomini che vogliano diventare papà rischiano tanto: il fumo attivo e passivo, infatti, rende nel tempo gli spermatozoi immobili e dunque incapaci di fecondare gli ovuli femminili.
Insomma, se la correlazione tra fumo passivo e insorgenza di tumori era nota, con centinaia di morti l'anno nel mondo, tanto che lo scorso giugno un pool internazionale di scienziati ha dichiarato guerra senza sconti alla 'sigaretta subita' sollecitando, dalle pagine della prestigiosa rivista Lancet, politiche precise da parte dei governi, ora c'é un valido motivo in più per dire 'no' alla sigaretta altrui: a rischio sono, anche, le culle.
La ricerca scientifica dell'University of Rochester (USA) dimostra come anche le bambine esposte a fumo passivo corrono il rischio di essere donne con problemi di infertilità da adulte e di andare incontro più facilmente ad aborti spontanei.
Gli studiosi americani hanno esaminato un campione di 4800 donne non fumatrici, individuando tra esse un sottogruppo di persone che era esposto, nell'infanzia o ancora attualmente, a sei o più ore di fumo passivo. Queste donne, costrette nel passato o nel presente a subire il fumo altrui, presentavano un rischio di infertilità e aborti spontanei maggiorato del 68% rispetto alle altre partecipanti alla ricerca. La conferma di questo dato viene anche dal rilievo statistico per cui il 40% delle “fumatrici involontarie” aveva avuto già problemi di infertilità o aveva già subito uno o più aborti spontanei.
Parlando della sua indagine scientifica, il ricercatore Luke Peppone, del Rochester's P. Wilmot Cancer Center, afferma che si tratta di uno dei primi studi che dimostra gli effetti a lungo termine del fumo passivo sulle donne ai fini della fertilità. I dati raccolti e i risultati raggiunti sono allarmanti, secondo l'esperto, e mettono in guradia da un ulteriore pericolo per la salute derivante dal fumo passivo.
Come abbiamo già illustrato in un altro nostro articolo, due recenti studi delle Università di Catania e di Siena avevano dimostrato come il fumo passivo fosse responsabile di seri danni alla motilità degli spermatozoi, riuscendo perfino a renderli immobili del tutto a causa delle sostanze che si liberano nel corpo con la combustione della sigaretta, come la nicotina e il monossido di carbonio.
Gli altri dati a disposizione sul fumo sono tutti ugualmente seri e allarmanti: concordano all'unanimità nello spingere a smettere di fumare.
L'organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) avverte che chi inizia a fumare in giovane età, e continua a farlo regolarmente negli anni, ha il 50% di probabilità di morire per patologie scatenate dalla dipendenza dal tabacco.
Il fumo passivo, ancora più ingiusto e subdolo, purtroppo non è d ameno in quanto a danni inferti alla salute: solo in Italia, tra i non fumatori si registrano ogni anno 500 decessi per tumore al polmone e oltre 2.000 morti per malattie ischemiche del cuore causate, appunto, dal fumo subito.
Chi ancora fuma, faccia un favore a stesso e agli altri: la smetta. Una volta per tutte.
by italia salute

07 dicembre 2008

Il miglior contagio: la FELICITA'



La felicità non riesce a stare sola. Traspare dagli occhi, trasuda nelle mani, vibra nel corpo e alla fine come un virus scappa e si trasmette a chi si trova accanto. E c'è un gruppo di scienziati che ha provato a disegnare una mappa del "contagio", chiedendo a 5mila individui, per ben vent'anni di seguito, quanto si sentissero felici, facendo il riscontro con mogli, fratelli, amici e vicini di casa. A furia di unire puntini colorati (le persone, ognuna con il suo punteggio del buon umore) si è formato sul tavolo dei ricercatori americani un disegno che sembra quello di una mano innervata da vasi sanguigni. Ogni pulsazione della felicità parte da un punto e si trasmette come un fluido lungo tutto l'organismo.

Non tutto è rose e fiori, ovviamente. Anche il contagio segue le sue regole, e gli autori della ricerca "La diffusione della felicità in un'ampia rete sociale di individui", pubblicata oggi sul British Medical Journal, ne hanno individuate alcune. La legge del contagio, per iniziare, non sembra funzionare fra colleghi.

Il luogo di lavoro è come un cuscinetto che blocca il flusso di felicità da un individuo all'altro" spiegano James Fowler dell'università della California a San Diego e Nicolas Christakis dell'Harvard Medical School. I due (sociologo il primo, un medico specializzato nel rapporto fra umore e salute il secondo) sono gli autori di uno studio che ha scavato fra montagne di dati, interviste e fatti personali relativi a 5.124 persone negli Stati Uniti.

Nonostante il successo dei gruppi su Internet - è la seconda regola del contagio - le emozioni positive non sono capaci di viaggiare né in rete né via telefono. Come un virus vero e proprio, la felicità per trasmettersi ha bisogno del contatto fisico. E questo ci riporta un po' più indietro nella nostra scala evolutiva, ai tempi in cui la tecnologia delle comunicazioni non aveva ancora messo le ali. "Molte delle nostre emozioni si trasmettono attraverso i segnali del corpo, e il viso ha un ruolo principe in questo", spiega Pio Ricci Bitti, che insegna psicologia all'università di Bologna e ha studiato la comunicazione dei sentimenti tra gli uomini.

"Il contagio dipende probabilmente dal meccanismo dell'empatia e dei neuroni specchio. Quando osserviamo una persona manifestare un sentimento, nel nostro cervello si attivano le stesse aree che sono "accese" in quel momento nel cervello dell'interlocutore".

Nell'ultimo decennio lo studio dei neuroni specchio - iniziato in Italia, a Parma, dal neuroscienziato Giacomo Rizzolatti - ha aiutato molto a spiegare come avviene la condivisione delle emozioni e come individui diversi possano entrare "in sintonia". I detrattori di questa teoria sostengono che il meccanismo dell'empatia (negli uomini come negli animali) scatti solo quando osserviamo un altro individuo muoversi. Ma se consideriamo i gesti che una persona compie con il viso e il resto del corpo quando è felice, non è difficile completare il salto dai movimenti del corpo alle emozioni della mente. "E non solo la gioia può trasmettersi in questo modo. Pensiamo alla commozione e al pianto, quanto rapidamente invadono un gruppo di persone riunite insieme", aggiunge Ricci Bitti.

Commozione e felicità viaggiano veloci tra gli uomini. Non così avviene invece per la tristezza, che nella mappa dei ricercatori americani rimane confinata in piccoli bacini privi di emissari. A tutte le loro conclusioni, Fowler e Christakis hanno dato anche un riscontro numerico. Una persona che abbia un amico, parente o partner felice ha una probabilità di essere anch'egli soddisfatto più alta del 9 per cento rispetto alla media. Stare invece accanto a un individuo depresso fa aumentare l'umore grigio solo del 7 per cento. Ma Paolo Legrenzi, psicologo che insegna all'università Iuav di Venezia e per Il Mulino ha scritto "La felicità", trova un carattere molto americano in questo dato, che non necessariamente ha corrispondenza sul nostro versante dell'oceano.

"Oggi negli Stati Uniti la felicità ha un valore sociale positivo, mentre la tristezza non è vista di buon occhio. E questo porta gli individui depressi (ma magari sono solo malinconici) a isolarsi". Ecco che nello studio del British Medical Journal la tristezza diventa una macchia senza ramificazioni. "Ma se pensiamo alla Germania romantica dell'800, erano piuttosto gli allegroni a doversi nascondere per non fare la figura di individui superficiali e vuoti. In quel caso avremmo avuto dei risultati completamente capovolti.

L'imperatore Adriano di Marguerite Yourcenar, nonostante il suo incedere malinconico, è felice per aver raggiunto maturità ed equilibrio. E noi in Italia siamo in una posizione di mezzo. Nelle nostre soap opera per esempio non incontriamo mai protagonisti davvero felici. Ci sono problemi, complicazioni. In questo siamo un po' più sofisticati degli statunitensi. Da noi i risultati di una ricerca sulla contagiosità della gioia darebbe risultati frastagliati".

In uno studio che è considerato il fratello minore di quello attuale e che fu pubblicato nel 1984, Fowler e Christakis misurarono che vincere 5mila dollari alla lotteria poteva aumentare le probabilità di essere molto felici del 2 per cento. Oggi dunque - sarà anche l'effetto della crisi - trovare un amico vale molto di più che trovare un tesoro. Una persona con cui si è in sintonia, se abita nel raggio di un chilometro e mezzo da casa propria, può innalzare le chance di gioia del 25 per cento. Un po' meno efficace, ma sempre più prezioso della lotteria, è il contributo del partner con cui si convive (più 8 per cento), mentre fratelli e sorelle (purché, come sempre, abbastanza vicini da poterci scambiare un'occhiata o un abbraccio) contribuiscono con il 14 per cento.

L'uso di una contabilità così minuziosa per misurare una sensazione impalpabile come la gioia può lasciare perplessi. Ma l'introduzione di indicatori numerici, oggettivi nei limiti del possibile, nella misurazione della felicità avvenne negli anni '70. Fowler e Christakis hanno pescato i loro dati da uno studio che era nato nel 1948 per misurare la salute cardiovascolare di un gruppo di persone (il Framingham Heart Study), e si è esteso nel corso dei decenni anche al rapporto fra cuore e buon umore. Nei questionari distribuiti ai 5mila volontari, comparivano domande come "Sei ottimista nei confronti del futuro" o "Sei felice" e "Ti senti più soddisfatto rispetto agli altri". "Tra individui dello stesso sesso - spiega Mario Bertini, professore di psicologia della salute alla Sapienza di Roma - la diffusione dell'emozione avviene molto più rapidamente che non fra individui di sesso opposto. E nello studio si vede anche un livello di reciprocità alto: chi dà gioia, spesso la restituisce".

Il contagio della felicità, hanno notato i ricercatori americani, non è limitato al contatto diretto ma riesce a penetrare fino a tre gradi di separazione.

L'amico dell'amico dell'amico di una persona sorridente, pur non sapendolo, è infatti più felice anche grazie a lei. "Qualcuno che non conosciamo e non abbiamo nemmeno mai incontrato ? conferma Fowler ? può influenzare il nostro buon umore più di cento banconote nelle nostre tasche. È incredibile quanto potere abbiano le persone che ci vivono accanto".
di ELENA DUSI

03 dicembre 2008

Scoperta una sostanza che ha virtù anticancerogene: OLEOCANTALE


OLIO EXTRAVERGINE PER PREVENIRE I TUMORI
Oleocantale è un pizzico di salute in più il sapore che si avverte in gola gustando olio extravergine di oliva. Dipende da un composto naturale, un antinfiammatorio. Spiegano ricercatori del Monell Chemical Senses Center di Philadelfia, ha gli stessi effetti di uno degli antidolorifici non steroidi NSAIDs più usati.
Secondo quanto riferito dalla rivista Nature la presenza di questo composto potrebbe essere all'origine delle proprietà benefiche dell'olio d'oliva, infatti come l'ibuprofene anche questa sostanza, assunta grazie a un regolare consumo potrebbe essere anticancerogena.
La scoperta dell'oleocantale non può che dirsi fortuita perchè ha preo per la gola Beauchamp durante un meeting di gastronomia molecolare tenutosi in Abruzzo dove lo scienziato aveva gustato dei piatti con olio extravergine novello riconoscendo in quel sapore pungente la stessa sensazione provata nell'ingoiare ibuprofene.
Guidato dall'idea sulla similitudine delle proprietà organoelettriche di due sostanze possono nascondere importanti somiglianze chimiche, l'esperto si è messo alla ricerca di quel composto comune.
Così l'esperto si è imbattuto in un composto fino ad allora sconosciuto e senza nome e lo ha battezzato oleocantale, nome che sta ad indicare che trattasi di un'aldeide (ale) che deriva dall'olio di oliva (oleo) che è pungente (canth). Per verificare che fosse veramente l'oleocantale responsabile del sapore del condimento gli scienziati hanno testato diverse qualità di olio di oliva verificando che maggiore era il contenuto di oleocantale in ciascuna, più forte il gusto pungente dell'olio. Inoltre i ricercatori hanno ricostruito in laboratorio la forma sintetica della molecola constatando che aveva identiche caratteristiche di quella naturale. Per vedere poi se la sensazione che aveva portato Beauchamp sulle tracce della molecola non fosse infondata, l'esperto ha testato le proprità antinfiammatorie e antidolorifiche dell'oleocantale trovandolo capavce di inibire alcuni enzimi, proprio i bersagli dell'ibuprofene. Non c'è dubbio qundi che l'oleocantale sia a sua volta un antidolorifico.
"La dieta mediterranea, della quale l'olio d'oliva è un componente centrale", dichiara Beslin (ricercatore MMCSC) "è da tempo associata a molteplici effetti e benefici per la salute, riducendo il rischio di infarto e ictus, alcuni tipi di tumore e di demenza. Effetti benefici simili sono associati all'uso prolungato di alcuni NSAIDs come aspirina e ibuprofene. Adesso che sappiamo dell'esistenza dell'oleocantale e delle sue proprietà antinfiammatorie sembra plausibileche la molecola giochi un ruolo casuale negli effetti benefici della dieta dove l'olio d'oliva è la principale sorgente di grassi".
Detta in altre parole, l'oleocantale potrebbe essere la nuova aspirina naturale.
Un sorso d'olio invece della pillola? Io aggiungo al sorso una fetta di pane toscano insipido, mentre sono allergico alle aspririne.

02 dicembre 2008

Olio di palma : ovvero come si imbroglia



È partita dall'Indonesia alla volta dell'Olanda una nave cisterna carica di olio di palma, il primo a vantare il certificato di sostenibilità ambientale e sociale rilasciato dalla Rspo (la Tavola rotonda dell'olio di palma sostenibile). Ma non c'è nulla da festeggiare, avverte Greenpeace. Anzi, c'è da protestare. Un attivista dell'associazione l'ha fatto incatenandosi all'àncora della Gran Couva, resistendo per ore al getto degli idranti e ritardando la partenza della nave. Secondo Greenpeace, il certificato di sostenibilità concesso alla United Plantations, che possiede migliaia di ettari in Malesia e Indonesia e fornisce olio di palma a Nestlé e Unilever, è solo «una cortina fumogena» che copre i soliti misfatti: appropriazione indebita di aree forestali, degradazione di foreste pluviali e torbiere, conflitti con le popolazioni locali.
Greenpeace per un verso accusa gli ispettori della Rspo d'aver «chiuso gli occhi» di fronte alle innumerevoli irregolarità commesse dalla United Plantations, per un altro lamenta che i criteri di certificazione adottati sono troppo blandi e permissivi. Ad esempio, la United Plantations, ottenuta la certificazione di sostenibilità per le sue piantagioni in Malesia, può continuare a distruggere la foresta in Indonesia. Il sospetto che la certificazione sia solo un'operazione di maquillage cresce quando si apprende che i cavalieri di questa «tavola rotonda» - creata nel 2002 - sono oltre duecento aziende (in gran parte multinazionali) che usano l'olio di palma per fare saponi, detersivi, cosmetici, cioccolati (compresa la Nutella), biscotti, gelati, margarina, patatine, dadi, cibi congelati... Attorno alla «tavola rotonda», presieduta dalla Unilever, siedono Nestlé, Procter&Gamble, Kraft e la nostrana Ferrero.
L'olio di palma copre il 21% del mercato mondiale dell'olio commestibile, è il più usato dopo quello di soia. Negli ultimi vent'anni la produzione di olio di palma è triplicata. Per far posto ai palmeti nel Sud Est asiatico (Malesia, Indonesia, Borneo) sono stati tagliati e bruciati milioni di ettari di foresta, liberando in atmosfera un enorme quantità di anidride carbonica, il principale gas serra. Si sono intaccate anche le torbiere, un magazzino naturale sotterraneo di Co2. Ecco perchè l'Indonesia è il terzo produttore mondiale, dopo Usa e Cina, di anidride carbonica. Oltre agli effetti sul clima, il prezzo pagato al boom dell'olio di palma è il drastico impoverimento della biodervisità: specie animali a rischio d'estinzione, abbandono imposto alle comunità indigene delle colture tradizionali.
Contro la deforestazione causata dall'industria dell'olio di palma Greenpeace ha condotto diverse campagne internazionali e raccolto migliaia di firme. Ha lanciato la parola d'ordine «deforestazione zero»: basta tagliare foreste e distruggere le torbiere per far posto ai palmeti. Persino l'Unilever, a parole, ha aderito alla moratoria. Un impegno di facciata, vista la leggerezza con cui è stato rilasciato il primo certificato di sostenibilità all'olio di palma della United Plantations.
La prossima settimana l'industria dell'olio di palma terrà a Bali il sesto incontro annuale della «tavola rotonda». E' indispensabile che in quella sede vengano fissati criteri più rigidi per certificare la sostenibilità dell'olio di palma, dice Chiara Campione, responsabile della campagna foreste di Greenpeace Italia. Altrimenti, le aziende continueranno a «imbrogliare» il mercato e i consumatori.