18 aprile 2009

Petrolio e terremoti



Oggi i funerali delle vittime. Fra i fiori, la gente a lutto, la distesa immensa di parallelepipedi marroni, spicca la tenerezza di quella bara bianca, piccola piccola, con i manici dorati, appoggiata sulla pancia di legno di quella che pochi giorni fa era la sua mamma.

Sono ad un meeting a Washington DC, ne ho parlato l'anno scorso. Quest' anno e' piu' o meno la stessa cosa, solo che ogni cinque minuti corro su Prima da noi, sul Corriere, per vedere le immagini, per partecipare in qualche modo al dolore comune.

Non ho sentito le parole dei governanti o del funerale, e non ho visto la televisione perche' non ne ho avuto il tempo. Probabilmente saranno state dette tante belle cose sulla vita, sulla morte, sul dover vivere bene ogni giorno in modo da essere preparati al viaggio finale quando questo verra'. C'e' un che di vero in tutto questo: nessuno quando sara' il nostro momento ed e' percio' che occorre non avere rimorsi ed essere felici tutti i giorni. Per me questo si condensa non nel vivere la vita spericolata di Vasco Rossi, ma nel sapere che ogni giorno abbiamo fatto qualcosa di utile, anche se piccola, per il resto dell'umanita'.

Ci sono due atteggiamenti nei casi di tragedie cosi grandi: uno e' quello di rassegnarsi alla volonta' divina, o del caso, o della fatalita'. L'altro e' di capire perche' quasi trecento persone sono morte in un terremoto che nemmeno arrivava al livello sei della scala Richter. E questo non per fare inutili polemiche, ma solo per cercare di imparare qualcosa, cosicche' queste lacrime non siano invano.

L'Abruzzo e' un territorio sismico. Come per le falde acquifere, le estrazioni di petrolio e di gas, scavando a cinque, sei chilometri sotto la crosta terrestre alterano le conformazioni del sottosuolo in modo inaspettato. Questo e' un fatto inconfutabile che nemmeno i petrolieri possono
contrastare.
M. Luisa D'Orsogna

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