Il 18 di Agosto di quest'anno si è svolta la cerimonia di commemorazione al Garden di San Vito.
Giuseppe Argentieri nacque a Furci, divenne sacerdote, visse poi e operò sempre a S.Vito,semplicemente come don Peppe.
Le carte anagrafiche dicono che sia morto nel 1972, a soli 51 anni.
Non è falso . Ma non è nemmeno la piena Verità.
In realtà, LUI è vivo, più che mai vivo.
E’ diventato addirittura un mito: citato, nominato, lodato, DISCUSSO.
AMATO di un amore più consapevole e più limpido ; VENERATO;
SEMPRE PRESENTE , diluito come sale nell’acqua,in questa comunità ,che Lui ha EDIFICATO, unendo gli sparpagliati spezzoni di tre comuni diversi , impregnandoli di collante solidarietà, dandogli colore,sapore…un’anima.
Lo prova una piazza che porta il suo nome.
Lo dice una lapide che campeggia nella chiesa.
Lo certifica il monumento che per noi ha interpretato con la pietra lo scultore Vito Bucciarelli sulla piazza delle magnolie, accanto alla chiesa della Madonna del Porto.
Con le sue tre parti strutturali:
Il volto di don Peppe che ci sorride giornalmente dall’alto della stele.
La metaforica ombra-orma di marmo che la stele imprime sul terreno.
Le parole che parlano di Lui sulla targa, ai piedi del monumento.
Lo conferma il fatto che stasera siamo qui, tutti , solo e solamente per don Peppe, con don Peppe, a scaldarci, con orgoglio di privilegiati, all’alito della sua amicizia, della sua vicinanza.
Con in prima fila, i SUOI RAGAZZI; i ragazzi del suo particolare, singolare oratorio, promotori di questo incontro;
e tra essi, quei tre ragazzi oggi uomini maturi, noti e apprezzati operatori economici, Antonio il cavaliere, Levino, Carlo De Sanctis, figli di Filippo e di Maria Tosto, che qui ci accolgono stasera in agape fraterna.
Un nonno infiltrato, come me, che fu amico di don Peppe e della sua famiglia, viene a esprimere la più viva ammirazione per questi ragazzi, per la bella ed edificante prova di sensibilità.
MA CHI HA DETTO CHE OGGI NON CI SONO PIU’ VALORI?
Come ciascuno di noi, don Peppe è stato chiamato a vivere in questo mondo.
Invitato a vivere su questa terra e per nostra fortuna in questo luogo, in questo paese.
Egli ha lasciato la casa in cui è stato ospite più ricca, più umana, più giusta ,più affiatata. Più bella di come l’ha trovata.
Ci ha fatto riscoprire l’idea che siamo solo ospiti e per di più di passaggio sulla scena della vita e del mondo;
e che non è lecito comportarci nelle piccole come nelle grandi cose con quella arroganza che umilia e distrugge, che finalizza tutto al proprio vantaggio e al proprio egoismo, che imprigiona e inaridisce in rituali formalismi liturgici, ignorando le realtà umane.
Ci ha lasciato un profumo di UMANA AUTENTICITA’, LAICA E CRISTIANA INSIEME, che è il senso di quella striscia di pietra che si srotola alla base del monumento.
Nessuno è perfetto, certamente ,in questo passaggio terreno, anche perché le cosiddette logiche per misurare sono imperfette esse stesse ,inesauribili e contraddittorie.
Ma se siamo qui ,stasera,per ricordare l’uomo, per parlare della persona,del sacerdote, è senza dubbio perché LUI qualcosa ha detto , ha lasciato ,ha segnato nel nostro cuore.
In questo, senso Egli è stato Personaggio pieno di fascino, Pastore carismatico, come si legge sul suo monumento.
E’ il cuore che istintivamente e primieramente dice il vero: Prende o respinge, a fiuto , il cuore.
Il ragionamento viene dopo. Come naturale bisogno e tentativo di cercare e capire meglio la verità già assodata e accettata. Una specie di rassicurazione.
E’ il tentativo che tenta anche me; che vorrei fare per un momento,se mi è concesso, per chiarire meglio quanto ho telegraficamente già dettato per la targa del monumento e non ho avuto opportunità di fare la sera dell’inaugurazione del monumento stesso.
Solo per rafforzare le convinzioni del cuore.
Mi fermo al concetto di CARITA’.
“Testimone di carità” ho scritto sulla targa…quella Carità, volevo dire, che non è solo generica generosità, come comunemente si crede; allungare la mano per dare;
ma che è magnanimità, comprensione, apertura all’altro, disponibilità per la quale don Peppe accoglieva senza filtri e preconcetti;
ascoltava, preveniva la richiesta di aiuto, giustificava, perdonava, sorvolava per non imbarazzare, per spegnere le diffidenze irrazionali degli approcci e mettere tutti a proprio agio.
Quella Carità che è la più eccelsa delle virtù umane, come spiega S.Paolo.
Quella Carità che non sventola bandiere di Crociate e non si accoda al “si vis pacem para bellum”.
Ma che crede nel “ si vis pacem para pacem” di Machado.
Quella Carità che non è solo qualcosa di sentimentale, ma che significa MEDIAZIONE tra la Giustezza dei principi e delle regole e la complessità delle situazioni umane;
che capisce la fragilità umana.
Don Peppe è stato il primo , a mia memoria, a far prendere l’ostia in mano ai bambini innocenti per un avvicinamento dolce alla prima comunione senza turbamenti, liberando la religione dalla opacità di polverosi diaframmi .
Apriva le porte a tutti, alle PERSONE, senza curarsi se erano di sinistra o di destra o di centro.
Ricordo che accolse nel salone parrocchiale , con naturalezza che sembrava audacia temeraria,
la presentazione e la discussione aperta del rivoluzionario libro di don Milani, la famosa Lettera a una professoressa,
che ci ha fatto aprire gli occhi su tante cose. Nessun altro aveva voluto ospitare quell’incontro. Caddero diffidenze e steccati ideologici.
Accoglieva nella sua canonica anziani e pensionati per i quali allora non esistevano strutture sociali di ritrovo e aggregazione. Beveva un bicchiere in loro compagnia .
Dava simpatica ospitalità ai professori della scuola media forestieri, che solitamente scappavano subito dopo il servizio verso i paesi di provenienza; che si fermavano volentieri da lui e SOLO DA LUI, per una amichevole partita a carte, prima di ripartire, e avevano modo di conoscere utilmente la realtà locale.
Condivideva giochi e cibo con i ragazzi, facendo anche debiti.
Qualcuno ha pensato che li viziasse, che li abituasse all’assistenzialismo. Tutt’altro.
Erano tempi di micragna, quelli. Tempi diversi. Non c’era lavoro. Non circolavano soldi.
Nessuno sa ,forse, che a ciascuno di quei ragazzi apriva un libretto postale, proprio per abituarli al risparmio. E più d’uno di essi, nel tempo, si ritrovò con sorpresa un tesoretto.
Don Peppe:un Uomo vero( e virile direi), un galantuomo, una persona autentica, un prete umile, credibile e amabile; un sacerdote VERO PASTORE, che faceva passare in seconda piano la sua Figura di ruolo ufficiale
per far intravedere quella di un ALTRO…più grande e misericordioso…
e far passare il messaggio di quel Cristianesimo VIVO e Profetico, che condivideva con Giovanni XXIII, il papa BUONO e con l’arcivescovo Capovilla, suo amico.
Alberto di Giovanni
07 ottobre 2007
Don Peppe: parroco della Marina
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
0 commenti:
Posta un commento