Il dono della vista è tra i più preziosi che abbiamo ricevuto e, per molti di noi, è molto difficile persino immaginare di venirne privati. Le attività che possiamo svolgere tramite gli occhi sono innumerevoli eppure, da recenti indagini, risulta che gli italiani curano troppo poco la salute dei propri occhi, specialmente quando si tratta dei più piccoli.
A causa di trascuratezza e mancate visite dall'oculista il 6% dei baby-italiani under 5 è strabico, miope, ipermetrope o astigmatico, ma più di uno su tre (34%) non porta gli occhiali anche se ne avrebbe bisogno. Tra uno e 5 anni la quota di chi corregge il difetto è quindi del 66%. E anche se il dato sale all'80% nei bambini di 6-13 anni e all'83% negli over 14, in generale un connazionale su 5 non si è mai sottoposto a controlli oculistici, più di 6 su 10 (oltre 35 milioni) non fanno una visita da oltre tre anni e uno su 4 ha un problema non corretto. Nella Penisola resiste insomma il tabù dei 'quattrocchi', secondo la fotografia scattata da un'indagine commissionata a Cra (Customized Research Analysis) dalla Commissione difesa vista (Cdv) e presentata oggi al Comune di Milano. Presente l'assessore alla Salute, Giampaolo Landi di Chiavenna, che annuncia l'impegno di Palazzo Marino per la vista dei meneghini. Con la collaborazione di Cdv, afferma, "nel febbraio 2009 prevediamo di lanciare uno screening di massa" per intercettare i difetti visivi sotto la Madonnina e promuoverne la correzione. Una campagna che dovrebbe partire nella seconda metà del mese e viaggiare a bordo di appositi camper. L'assessore ricorda infatti che "il 2009 sarà per Milano l'Anno della salute. Ogni mese avvieremo uno screening in tutta la città, con particolare riguardo verso le aree più disagiate", per la prevenzione delle malattie e la promozione di una concezione più responsabile del benessere. "Al termine dei due semestri promuoveremo gli Stati generali della salute a Milano", e in quest'opera di sensibilizzazione verranno coinvolti "Asl, ospedali, personale sanitario e associazioni di volontariato". L'idea di Landi è quella di "dedicare uno dei primissimi screening di massa dell'Anno della salute alla vista": un senso 'malato' nella metà degli italiani, ma a rischio nell'88% di chi quotidianamente utilizza un computer per lavoro, studio o per gioco, sottolineano gli esperti. L'indagine Cdv rileva che più del 60% dei piccoli italiani di 1-5 anni non è ancora stato sottoposto a una visita oculistica completa. E appena nel 29% dei casi in cui il check-up è avvenuto l'iniziativa è partita dai genitori. La percentuale di chi è andato dall'oculista almeno una volta cresce al 72% tra i 6-13enni, ma anche in questa fascia d'età mamme e papà sembrano non badare più di tanto al benessere visivo dei figli: soltanto nel 22% dei casi sono stati i genitori a pensare al controllo. Fra gli ultra 14enni l'85% ha fatto almeno una visita oculistica completa, ma il 15% dei connazionali che non hanno mai visto lo specialista appartiene alla categoria dei giovanissimi e il 32% di chi sfugge all'oculista è un teenager tra 14 e 17 anni. Gli specialisti chiamano in causa le istituzioni. Una seconda ricerca condotta da Cra per conto della Cdv dimostra infatti che, "sebbene il Piano sanitario nazionale 2006-2008 contenga un intero paragrafo sulla prevenzione sanitaria e sulla promozione della salute - precisa l'avvocato Silvia Stefanelli, responsabile dell'indagine - non vi è ancora alcun accenno a programmi di prevenzione in campo visivo". In altre parole, le visite di prevenzione oculare sono affidate alla volontà del singolo. Da qui "la necessità di avviare una politica di sensibilizzazione sul problema vista", dice Landi di Chiavenna. Per la Cdv "una missione fin dalla sua nascita nel 1972", puntualizza il presidente della Commissione, Vittorio Tabacchi, perché "grazie alla prevenzione si potrebbe evitare il 75% della cecità negli adulti" oltre al 50% di quella nei bambini. Landi evidenzia che "la Lombardia è la prima regione italiana per numero di ciechi: conta almeno 45 mila non vedenti e un numero triplo di ipovedenti". Ma giocare d'anticipo può salvare gli occhi. "Controllare la propria vista è un dovere verso se stessi", chiude.
Quando vogliamo intendere che una cosa è assai preziosa (e costosa) diciamo che “vale un occhio della testa”: cerchiamo dunque di non compromettere la salute di entrambi i nostri occhi semplicemente per la scarsa voglia di andare a farci controllare la vista. Uno screening annuale dall'oculista è consigliabile, specialmente per i bambini e per chi lavora in situazioni d'affaticamento visivo.
26 novembre 2008
La vista: un bene prezioso
22 novembre 2008
Una passeggiata per battere la GOLA
Provate un irresistibile desiderio di mangiare una particolare leccornia? Sentite forte la voglia di cioccolata o di qualche altra golosità ipercalorica? Niente paura: potete resistere e salvare la linea semplicemente facendovi una bella passeggiata a passo veloce per 15 minuti.
Questo è il suggerimento per i golosi di ogni latitudine ed età che viene da uno studio britannico coordinato dal prof.Adrian Taylor della School of Sport and Health Sciences presso la University of Exeter e pubblicato sulla rivista “Appetite”.
"Spezzare la giornata con un po' di movimento potrebbe essere un aiuto valido contro il consumo di calorie non necessarie, in particolare contro gli snack e le merendine più golose", dice il professor Taylor. Uno dei cibi più ricercati in questi "attacchi di fame" fuori pasto e' la cioccolata; la voglia e' innescata soprattutto dalla noia, dallo stress, dal desiderio di sollevare l'umore o sentirsi meno stanchi, notano gli autori dell'indagine.
Per consumare dolciumi prelibati vari ogni scusa sembra essere buona: fa più freddo, ho carenze d'affetto, la cioccolata e i dolci tirano su.
Tuttavia lo studio inglese ha mostrato che piccoli intervalli di movimento intenso, per esempio una camminata a passo svelto, ottengono gli stessi effetti provocati dalla cioccolata, come risvegliare la lucidità e tirar su l'umore, e riducono la necessita' di ricorrere a snack dolci. In particolare il gruppo di Taylor ha messo a confronto la voglia di cioccolata in due gruppi di persone: uno era sedentario mentre l'altro si alzava ogni tanto per fare delle passeggiate intense. E' emerso che quest'ultimo riusciva a controllare molto meglio la voglia di cioccolata. Taylor pensa che si potrebbero condurre ulteriori ricerche per indagare la correlazione tra attività fisica e voglia di merendine, per aiutare soprattutto chi lavora in ufficio, e in particolare le donne, spesso vittima di improvvise voglie di "qualcosa di goloso".
Per essere equilibrati si può arrivare a un compromesso: concedersi un piccolo sfizio dolce di tanto in tanto, ma avendo cura di fare un'attività fisica costante per mantenersi in salute e con una linea invidiabile.
16 novembre 2008
Le multinazionali alla conquista del Mercato dell'acqua pubblica
Con l'Art. 23 bis del decreto legge recante la firma del ministro Tremonti ed approvato il 5 agosto di quest'anno si stabilisce che le reti idriche, pur rimanendo pubbliche, possono essere gestite da società private, come nel caso del gas e dell'energia elettrica.
Legge contraddittoria in quanto, se da un lato si ribadisce la natura pubblica del bene, dall’altro si spalancano le porte ai cosiddetti “privati”, ossia alle multinazionali.
Ismael Serageldin, vicepresidente della Banca Mondiale, aveva affermato pubblicamente che le guerre del XXI secolo, saranno i conflitti per potersi aggiudicare le risorse idriche del pianeta. Risorse che sono calate di circa il 30% negli ultimi trent’anni.
Nel Medio Oriente da diversi anni la Turchia (che ha una risorsa idrica pro capite superiore all'italia) è in conflitto con la Siria e l’Iraq per il controllo del Tigri e dell'Eufrate, mentre Israele dal canto suo ha esteso il suo controllo ai territori palestinesi dove vi è la maggiore presenza di acqua.
Con la privatizzazione mondiale del mercato dell'acqua, oggi bisogna porsi una domanda: se attualmente nel mondo ogni anno muoiono dai 40 ai 50 milioni di persone, come rileva la FAO, in un prossimo futuro quante ne morranno per sete?
In Italia il mercato delle acque minerali è quasi totalmente in mano alle multinazionali, proprietarie dei marchi più diffusi. La parte del leone la fanno la svizzera Nestlè (San Pellegrino, Lievissima, Panna, Recoaro, San Bernardo, Pejo, ecc) e la francese Danone (Ferrarelle, Guizza, Vitasnella, Boario, Fonte viva, San Benedetto, ecc).
Considerati i bassi costi di prelievo e gli altissimi ricavi, (per un litro d’acqua in bottiglia vanno dal 600 al 1.000%, nonostante le spese per il trasporto e per la pubblicità martellante) possiamo aspettarci un lotta senza quartiere per il controllo della nostra sete. La Nestlè, solo per fare un esempio, sta manovrando per il completo controllo dell’acquedotto pugliese, il più grande d’Europa.
A ciò si aggiunge la beffa degli oneri che lo Stato incassa per le concessioni: in pratica nulla. Tutte le acque sotterranee fanno parte del demanio, ma attualmente solo 6 regioni su 20 percepiscono un onere per il loro sfruttamento (oltretutto calcolate sulla base dell’estensione della sorgente e non della quantità di acqua prelevata): Piemonte, Veneto, Umbria, Campania, Basilicata e Sicilia. Nel resto d'Italia la nostra acqua viene regalata alle multinazinali che ritorna a caro prezzo sulle nostre tavole.
L'acqua è un diritto di tutti, un bene primario necessario per la vita dell'uomo e dell'ambiente e a nessuno dovrebbe essere permesso di usarla a fini speculativi. Sopratutto alle multinazionali. La battaglia per il mantenimento del controllo pubblico delle reti idriche italiane è, pertanto, di vitale importanza, ne va del nostro futuro e di quello del nostro ambiente: dobbiamo assolutamente vincerla.
di Gianfranco Perlato
04 novembre 2008
Come i produttori alimentari prendono in giro i consumatori
Il mito: L’elenco degli ingredienti nei prodotti alimentari è studiato per informare i consumatori circa il contenuto del prodotto stesso.
La realtà: l’elenco degli ingredienti è usato dai produttori alimentari per imbrogliare i consumatori sul fatto che siano più sani di quello che in verità sono.
Questo articolo esplora i più comuni trucchi usati dalla aziende alimentari per ingannare i consumatori. L’articolo contiene anche utili informazioni per aiutare i consumatori a leggere le etichette dei prodotti con il giusto scetticismo.
Ingannare i consumatori: trucchi del commercio alimentare
Se la Scheda Nutrizionale Informativa presente nella confezione del prodotto alimentare elenca tutte le sostanze contenute nel prodotto, come possono ingannare i consumatori? Ecco alcuni dei modi più comuni:
Uno dei trucchi più comuni è quello di distribuire gli zuccheri presenti tra molti ingredienti così che le quantità di zuccheri non compaiono nei primi tre dell’elenco. Per esempio un’azienda può usare una combinazione di saccarosio, fruttosio, sciroppo di cereali, sciroppo di grano, zucchero di canna non raffinato, destrosio e altri zuccheri per essere sicura che nessuno di essi sia presente in quantità sufficiente da arrivare nelle prime posizioni dell’elenco degli ingredienti (ricordate che gli ingredienti sono elencati in ordine di proporzione nel prodotto, con i più presenti elencati per primi).
Questo inganna i consumatori sul fatto che il prodotto non è fatto in realtà principalmente da zucchero mentre i principali ingredienti potrebbero essere differenti tipologie di zucchero. E’ un modo per spostare artificialmente lo zucchero più giù nella lista degli ingredienti, non informando sul contenuto reale di zucchero presente nell’intero prodotto.
Un altro trucco consiste nel gonfiare l’elenco con minuscole quantità di ridondanti ingredienti. Si può vederlo nei prodotti per la cura personale e nello shiampo, dove le aziende dichiarano di fornire shampi alle erbe che in realtà hanno un contenuto di erbe quasi inesistente. Nei prodotti alimentari le aziende gonfiano la lista degli ingredienti con “salutari” bacche, erbe o super-cibi che, molto spesso, sono presenti solo in minuscole quantità. La presenza alla fine dell’elenco degli ingredienti della “spirulina” è praticamente insignificante. Non c’è abbastanza sbirulina in quel prodotto che possa produrre reali effetti sulla vostra salute. Questo trucco è chiamato “etichetta imbottita” ed è comunemente usato dai produttori di “junk-food” (cibo spazzatura) che vogliono saltare sul carro dei prodotti biologici senza in realtà produrre cibi salutari.
Nascondere ingredienti dannosi
Un terzo trucco consiste nel nascondere ingredienti dannosi dietro nomi dal suono innocente, che fanno credere al consumatore che siano sani. L’estremamente cancerogeno nitrito di sodio (conservante E250), per esempio, suona perfettamente innocente, ma è ben documentato che è causa di tumori al cervello, cancro al pancreas, cancro al colon e molti altri tipi di cancro.
Carminio suona come un innocente colorante per alimenti, ma in realtà è fatto con le carcasse frantumate di scarafaggi rossi della cocciniglia. Naturalmente, nessuno mangerebbe yogurt alle fragole se sulla etichetta ci fosse indicato “colorante rosso per alimenti a base di insetti”.
Allo stesso modo, estratto di lievito suona come un ingrediente salutare, ma in realtà è un trucco usato per nascondere il glutammato monosodico (MSG, un esaltatore chimico di sapore, per dare gusto ai cibi eccessivamente elaborati) senza avere l’obbligo di indicarlo nell’etichetta. Molti ingredienti contengono glutammato monosodico nascosto e io ho scritto parecchio su questo nel sito. Praticamente tutti gli ingredienti idrolizzati contengono alcune quantità di glutammato monosodico nascosto.
Non essere ingannati dal nome del prodotto
Sapete che il nome del prodotto alimentare non ha nulla a che fare con ciò che c’è dentro?
Aziende alimentari fanno prodotti come “Guacamole Dip” (salsa di avocado) che non contiene avocado! Sono fatti, invece, con olio di soia idrogenata e colorante chimico verde. Ma ingenui consumatori comprano questi prodotti, pensando di prendere salsa di avocado, in realtà stanno comprando colorante verde, squisito dietetico veleno.
I nomi dei cibi possono includere parole che descrivono ingredienti che nel cibo non ci sono per niente. Un cracker al formaggio, per esempio, non deve necessariamente contenere del formaggio. Qualcosa di “cremoso” non deve contenere la crema. Un prodotto alla frutta, non ha bisogno di contenere nemmeno una singola molecola di frutta. Non fatevi ingannare dai nomi dei prodotti stampati sulla confezione. Questi nomi sono ideati per vendere i prodotti, non per descrivere gli ingredienti contenuti in essi.
La lista degli ingredienti non include gli inquinanti
Non c’è la necessità, nell’elenco degli ingredienti, di includere i nomi degli inquinanti chimici, metalli pesanti, bisphenol-A, PCBs (bifenile policlorurato), perclorato o altre sostanze tossiche trovate nei cibi. Come risultato abbiamo che la lista degli ingredienti non elenca quello che in realtà c’è nel cibo, elenca soltanto quello che i produttori vogliono che tu creda che ci sia nel cibo.
Richieste per elencare gli ingredienti nei cibi furono prodotto da uno sforzo congiunto tra il governo e l’industria privata. All’inizio, le aziende alimentari non volevano fosse obbligatorio indicare tutti gli ingredienti. Chiesero che gli ingredienti fossero considerati “proprietà riservata” e che elencarli, svelando così i loro segreti modi di produzione, avrebbe distrutto i loro affari.
E’ un’assurdità, naturalmente, poiché le aziende alimentari volevano soltanto tenere all’oscuro i consumatori su quello che in realtà c’è nei loro prodotti. E’ per questo che non è ancora richiesto di elencare i vari inquinanti chimici, pesticidi, metalli pesanti e altre sostanze che hanno un notevole e diretto impatto sulla salute dei consumatori. (Per anni, le aziende alimentari hanno combattuto duramente contro l’elenco degli acidi grassi, ed è solo dopo una protesta di massa delle associazioni di consumatori che la FDA alla fine ha obbligato le aziende ad includere nell’etichetta gli acidi grassi).
Manipolare la quantità delle porzioni
Le aziende alimentari hanno capito anche come manipolare la porzione del cibo al fine di far apparire i loro prodotti privi di ingredienti nocivi come gli acidi grassi.
La FDA , ha creato un sotterfugio per riportare gli acidi grassi nell’etichetta: Ogni cibo che contiene 0.5 grammi di acidi grassi o meno per porzione è permesso, sull’etichetta, dichiararlo a contenuto ZERO di acidi grassi. Questa è la logica della FDA dove 0.5 = 0.
Ma matematica confusa non è il solo trucco giocato dalla FDA per proteggere gli interessi commerciali delle industrie che dichiara di controllare.
Sfruttando questo trucchetto dei 0.5 grammi , le aziende arbitrariamente riducono le porzioni dei loro cibi e livelli ridicoli – giusto per tenere gli acidi grassi sotto i 0.5 grammi per porzione. Così loro dichiarano in grande sulla confezione “ZERO Acidi Grassi”. In realtà, il prodotto può essere pieno di acidi grassi (trovati in oli idrogenati), ma la porzione è stata ridotta ad un peso che può essere appropriato solo per nutrire uno scoiattolo, non un essere umano.
La prossima volta che voi prendete un prodotto da drogheria, controllate il “Numero di porzioni” indicato sulla Scheda Nutrizionale Informativa. Troverete probabilmente dei numeri talmente alti che non hanno nulla a che fare con la realtà. Un produttore di biscotti, per esempio, può dichiarare che un biscotto è un’intera “porzione” di biscotti. Ma voi conoscete qualcuno che, in realtà, mangia solo un biscotto? Se un biscotto contiene 0.5 grammi di acidi grassi, il produttore può dichiarare che l’intero pacco di biscotti è “SENZA Acidi Grassi”. In realtà, il pacco può contenere 30 biscotti, ognuno con 0.5 grammi di acidi grassi, che porta a 15 grammi totali per l’intero pacco (ma presuppone che la gente possa in realtà fare la somma che è naturalmente più difficoltosa per il fatto che gli oli idrogenati nuocciono al cervello. Ma credetemi: 30 biscotti x 0.5 grammi per biscotto in realtà fa un totale di 15 grammi ).
Tu prendi un pacco di biscotti che contiene 15 grammi di acidi grassi (che è una dose enorme di veleno dietetico) mentre loro dichiarano grammi ZERO.
Questo è solo un altro esempio di come le aziende alimentari usano la Scheda Nutrizionale Informativa e l’elenco degli ingredienti per ingannare e non per informare i consumatori.
Ecco alcune ulteriori dritte per decifrare con successo gli ingredienti delle etichette:
Consigli per leggere gli ingredienti delle tabelle
1) Ricordare che gli ingredienti sono elencati in ordine della loro proporzione nel prodotto. Questo significa che i primi 3 ingredienti contano molto di più di qualsiasi altro. I primi 3 ingredienti sono quello che tu principalmente stai mangiando.
2) Se l’elenco degli ingredienti contiene lunghe parole apparentemente chimiche, che tu non riesci nemmeno a pronunciare, evita l’articolo. Probabilmente contiene vari chimici tossici. Perché vuoi mangiarli? Introduci ingredienti che conosci.
3) Non farti ingannare da fantastici nomi di erbe o altri ingredienti che appaiono molto giù nella lista. Alcuni produttori di alimenti che includono “goji bacche” (bacche di Lycium) verso la fine dell’elenco le usano solo come trovata pubblicitaria da apporre sull’etichetta. La reale quantità di goji bacche (bacche di Lycium) nel prodotto è probabilmente minuscola.
4) Ricorda che l’elenco degli ingredienti non deve elencare inquinanti chimici. I cibi possono essere contaminati con pesticidi, solventi, acrilamidi, PFOA (Acido di Perfluorooctanoic), perclorati (combustibili per razzi) e altri tossici chimici senza l’obbligo di elencarli. Il miglior modo di limitare l’ingestione di tossici chimici è comprare biologico, o cibi freschi poco trattati.
5) Cercare parole come “germogliato” o “naturale” che indica cibi di alta qualità. Chicchi e semi germogliati e sono più sani di quelli non germogliati. Ingredienti naturali sono generalmente più sani di quelli trattati o cotti. I chicchi interi sono più sani di quelli arricchiti.
6) Non fatevi ingannare dalla parola “grano” quando deriva da farina. Tutta la farina derivata dal grano può essere chiamata “farina di grano”, anche se è stata trattata, sbiancata e privata dei suoi nutrimenti. Solo la farina di grano “chicco intero” è il tipo di farina sano. (Molti consumatori, sbagliando, credono che prodotti di “farina di grano” derivino dal chicco intero. Infatti questo è falso. I produttori alimentari ingannano i consumatori con questo trucchetto.
7) Non fatevi ingannare nel credere che i prodotti integrali siano più sani dei prodotti naturali. Lo zucchero bruno è solo una trovata pubblicitaria – è zucchero bianco con colorante marrone e aroma aggiunto. Le uova integrali non sono diverse da quelle bianche (eccetto per il fatto che i loro gusci appaiono bruni). Il pane integrale può non essere più sano del pane bianco, a meno che non sia fatto con chicchi di grano interi. Non fatevi ingannare dai cibi “integrali”. Sono delle trovate pubblicitarie dei giganti della produzione alimentare per ingannare i consumatori nel pagare di più per i prodotti fabbricati da loro.
8) Attenzione alle inganno delle piccole porzioni. I produttori alimentari usano questo trucco per ridurre il numero di calorie, grammi di zucchero o grammi di acidi grassi che i consumatori credono siano contenuti nei prodotti. Molte porzioni sono arbitrarie e non hanno un fondamento reale.
9) Vuoi sapere realmente come acquistare i cibi? Scarica la nostra guida "Honest Food Guide", un onesto rapporto sul cibo che è stato scaricato da oltre 800.000 persone. E’ in sostituzione dell’assai corrotto e manipolato Food Guide Pyramid della USDA (United States Department of Agricolture), che è poco più di un documento di marketing a favore delle fattorie industriali e delle grandi corporazioni dell’alimentare. L’Honest Food Guide è un rapporto nutrizionale indipendente che rivela esattamente cosa mangiare e cosa evitare per migliorare la propria salute.
fonte: newstarget.com
02 novembre 2008
I cambiamenti climatici ci renderanno più generosi?
In questi giorni il nostro governo non fa altro che parlare del “Pacchetto Clima” e di tutti i problemi di natura economica che potrebbe comportare accettare una simile iniziativa. Combattere il riscaldamento ci farà diventare più poveri? Poveri non si sa, ma sicuramente più generosi, questo almeno secondo uno studio della Yale University che afferma che il caldo influisce sulle persone rendendole maggiormente disponibili verso gli altri.
Lo studio c’entra poco con il cambio climatico e il conseguente riscaldamento globale, mi è comunque sembrato curioso riportare uno dei possibili aspetti che un eventuale aumento delle temperature potrebbe provocare sulle persone. Sembrerebbe infatti che il caldo corporeo aumenti la nostra generosità rendendoci più altruisti e positivi nel giudicare gli altri.
Gli psicologi Lawrence Williams e John Barg hanno coinvolto un gruppo di volontari in alcuni esperimenti il cui contenuto era quello di analizzare i comportamenti delle persone in situazioni di caldo o di freddo. Da queste prove è emerso che i giudizi positivi verso le altre persone e la generosità erano aspetti che aumentavano man mano che i soggetti avevano a che fare con una temperatura più alta. L’esperimento ha fatto ipotizzare che dietro a questo effetto caldo ci sia una regione del cervello deputata ad elaborare le condizioni termiche determinando differenti comportamenti in funzione di queste. Dovessimo avere climi sempre più torridi aspettiamoci perlomeno di vivere in maniera più socievole, magra consolazione verrebbe da dire, ma chissà non possa essere un punto di forza per vivere in maniera sostenibile.
fonte: scienzemag.org