28 giugno 2006

Auschwitz, solo opere di bene

Mentre in questi giorni si parla di Moggi-mostro che si difende con alcune lacrimucce pensando di essere una vittima dei media alla ricerca di capri espiatori, stavo leggendo una intervista del 1983 a Mengele, il medico di Auschwitz.
Mentre in alcuni stati negare l'Olocausto può portare all'arresto, in altri può scatenare una guerra, mi sembra giusto sentire l'altra campana. Naturalmente l'attendibilità del Dottor J. Mengele ed il suo intervistatore Hubert Lassier vanno approfondite, nel frattempo riportiamo :
I fabbricati di Auschwitz 1, gli Stammlager, vecchie caserme, erano poco accoglienti ma ben costruite. Le baracche erano solide e razionali. Avevamo un ospedale ben attrezzato, nella baracca 17, un campo sportivo, un salone per gli spettacoli, dove i detenuti davano concerti e rappresentazioni teatrali a la domenica si celebravano i riti cattolici, ortodossi e luterani. E c’era anche, scusi l’accostamento, un bordello. Tutto questo, non era solo nelle intenzioni, come negli altri casi, ma funzionava. Perché? Perché erano le SS a occuparsi direttamente della gestione e della disciplina nel campo. La disciplina era severa, è logico, ma non si tollerava la brutalità. A cominciare dagli stessi detenuti. C’erano dei kapò. Come in tutte le prigioni del mondo, ma sotto rigoroso controllo. L’intendenza assegnava ai detenuti lo stesso numero di calorie alimentari riservate ai civili tedeschi, comprese le razioni supplementari per i lavori pesanti. E a questo andavano aggiunti i pacchi mandati dalle famiglie e quelli che, attraverso la Croce rossa, spedivano gli americani. Guardi, nel libro che sto leggendo, queste foto, di origine sovietica, scattate all’arrivo dei soldati russi, quando nel campo erano rimasti solo i malati. Hanno l’aria di morti di fame?
Vuol dire che la vita era decente, nonostante la situazione?
Esattamente. E’ così che molti dei miei camerati vivevano nel campo con moglie e bambini. Anche mia moglie è venuta più di una volta a passare qualche giorno con me.
Questi secondo lei, dottore, erano i pregi di Auschwitz.
E i difetti? C’erano almeno dei difetti?

Si, ed erano causati soprattutto dal miscuglio di gente. Ad Auschwitz avevamo prigionieri che appartenevano a venti nazionalità diverse. I russi volevano solo i loro compagni. Gli zingari non avevano voglia di lavorare e giocavano di coltello. I polacchi non sopportavano la presenza degli ebrei. Tutto così. Inoltre noi avevamo detenuti di ambo i sessi, e non siamo mai riusciti a impedire che gli uomini, la notte, si infilassero nelle baracche delle donne. Ma queste non erano certamente le cose più gravi. In principio noi avremmo dovuto accogliere solo prigionieri in grado di lavorare, per condizioni di età. Ma troppo spesso gli altri campi si sbarazzavano delle persone inutili e le mandavano ad Auschwitz.
Quanti prigionieri c’erano?

In media, tra il complesso di Auschwitz-Birkenau e i comandi di lavoro di Parmense, Raisko e Monowitz, circa duecentomila. Senza contare ovviamente i prigionieri di guerra e i lavoratori volontari. Noti che i prigionieri non erano mai concentrati, se non la notte. Di giorno, la maggior parte usciva sotto una sorveglianza blanda per raggiungere i vari posti di lavoro disseminati in tutta la zona.Allora ad Auschwitz si moriva solo di malattia o vecchiaia?
Be’, c’erano anche i casi di detenuti giustiziati dopo una condanna del tribunale del campo. Innanzi tutto i colpevoli di sabotaggio, poi quelli di altri delitti comuni.
E lo sterminio in massa, sistematico, nelle camere a gas?

Le camere a gas non esistevano ad Auschwitz. Lei non è obbligato a credermi ma non può mettere in dubbio i rapporti degli ispettori della Croce Rossa internazionale pubblicati nel 1948. Mi ricordo benissimo di un sopralluogo compiuto da una commissione nel settembre del ’44, perché fui a lungo interrogato dai suoi membri sull’attività del laboratorio che dirigevo. Quelli che mostrano oggi ai visitatori sono spogliatoi, dove i detenuti venivano disinfettati con un getto di gas Ziclon B, lo stesso sistema che si usava per i soldati che ritornavano dalla Russia. Dopo la “ liberazione ( domandate ai polacchi che cosa ne pensano di questa parola), gli edifici furono truccati dai russi per dar loro maggiormente l’aspetto di camere a gas. Fu addirittura costruito un enorme camino che nel gennaio 1945, quando evacuammo noi il campo, non esisteva.
Ma allora, dottore la selezione che si praticava all’arrivo di ciascun convoglio?

Era. Prima, una rapida ispezione medica destinata alla cernita dei malati e, in linea generale degli inabili al lavoro. Poi, una selezione degli altri per attitudini e preferenze, che permettevano di avviarli alle diverse attività del campo.
E i malati, i vecchi, i denutriti non venivano forse eliminati?

Ma anche se l’avessimo voluto, non potevamo farlo. Non avevamo camere a gas ad Auschwitz, glielo ripeto, né alcun altro sistema di sterminio.
(continua)...

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