04 luglio 2007

La politica e le oligarchie affossano l'innovazione e i cervelli italiani

De Rita: "Nulla si muove senza il controllo della politica"
ROMA - L'oligarchia non fa bene alla comunicazione, almeno in Italia. Secondo una ricerca del Censis, il ritardo del nostro paese nei riguardi delle reti telematiche - per cui intendiamo le tecnologie che permettono il cammino delle informazioni sia dal punto di vista infrastrutturale come le reti telefoniche, che contenutistico, ovvero internet e i media - invece di diminuire cercando di allinearsi agli standard europei, è in fase di accelerazione.

Motivo: le oligarchie di potere, pubblico o privato, che detengono o amministrano oligopoli che tendono a soffocare le cosiddette "moltitudini", ovvero i soggetti minori della realtà telematica, spesso più creativi e portatori di innovazione rispetto ai colossi che occupano posizioni dominanti, impedendogli sia di strutturare una minoranza - che anche nella sua marginalità potrebbe contare sulla compattezza di uno status - che di essere assorbite all'interno della macchina più grande dell'oligopolio portando nuova linfa vitale.

In breve: l'oligarchia degli oligopoli in Italia, ed è bene sottolineare il contesto nazionale, tende a schiacciare il soggetto che ne è al di fuori. Spiega Giuseppe De Rita, presidente del Censis, "Manca un tessuto connettivo, un software di connessione, tra queste due realtà che così rimangono isolate danneggiando soprattutto il cammino dell'innovazione. E infatti, analizzando le cifre, si scopre che l'andamento di arretratezza e sviluppo delle moltitudini è inversamente proporzionale, segue cioè un doppio binario perché - aggiunge De Rita - queste ultime sono in crescita esponenziale".

Qualche esempio: nella diffusione delle reti civiche, che in Italia si sono basate essenzialmente sull'iniziativa di singoli o di estranei alla Pubblica amministrazione, nel 1996 i comuni capoluogo online erano il 30%, nel 1999 il 63% e nel 2002 la telematica è stata adottata dal 100% dei comuni capoluogo. Oggi anche dall'86% dei comuni non capoluogo. E anche per quanto riguarda lo sviluppo di soluzioni open source, già nel 2002 la comunità italiana era, per numerosità, la quarta a livello mondiale subito dopo la Francia, la Germania e gli Stati Uniti. Nell'universo dei blog poi, secondo l'ultima indagine in materia di Technorati che risale all'aprile scorso, salta fuori che l'italiano è la quarta lingua parlata a livello mondiale all'interno della blogosfera, a grande distanza naturalmente da inglese e cinese, ma decisamente più diffusa di spagnolo, russo, francese e tedesco.

Anche per quanto concerne i media troviamo grandi concentrazioni, sia televisive - si pensi alla recente acquisizione di Endemol da parte di Mediaset - che di grandi gruppi editoriali con hanno minore o nessuna visibilità televisiva ma che comunque formano grosse concentrazioni. Ciò nonostante, la freepress è in crescita: dalle 4 testate del 2004, si è passati a 19, e in crescita sono anche i numeri delle testate online e dei periodici.

Perché dunque questa scarsezza di risultati, perché non puntare su quelle realtà che, esempi alla mano, più che potenzialità sono già dati di fatto? Secondo De Rita e la ricerca Censis "la presenza di oligopoli, è uno dei fattori, a cui va aggiunto però l'elemento nazionale che tende a riprodurre i vizi italici nella modernità telematica. Ovvero, in parole più semplici, nulla si può muovere senza il controllo della politica, delle gare, delle oligarchie". E fa l'esempio del progetto Socrate di cui quest'anno ricorre il decimo anniversario. Ideato dall'allora monopolista, e pubblica, Telecom prevedeva di portare la banda larga a 1,7 milioni di famiglie entro il 1997. Costato 1500 miliardi di euro, è naufragato in pochi anni.

"E si potrebbe andare avanti elencando il fallimento della gara per l'Umts - continua De Rita - a cui in primis sono stati ammessi soggetti che risultavano graditi, e che poi si è risolta con un guadagno considerevole per le casse dello stato ma un nulla di fatto a livello tecnologico. E che dire del piano dell'ex consigliere di Prodi Angelo Rovati che voleva custodire in mani pubbliche la rete telefonica italiana?". Dalla ricerca Censis insomma salta fuori una logica di protezionismo e chiusura per quanto riguarda la politica, ma anche di scarso interesse al progresso tecnologico da parte di un'industria interessata più al lato finanziario, magari di un temporaneo rialzo in borsa, che a quello dell'innovazione.

L'insistere sulla connotazione nazionale all'interno del "blocco" operato dalla concentrazione dei poteri è essenziale. Perché non tutti gli oligopoli, specialmente in ambito informatico, sono italiani e basta pensare a colossi come Microsoft, Dell, Google o Yahoo. Eppure la situazione all'estero è diversa. Microsoft ha reso le sue tecnologie compatibili con Linux, il sistema operativo open source che da qualche tempo viene proposto anche dalla Dell in alternativa a Windows (la stessa azienda ha poi deciso di non mettere più di serie il sistema Vista della Microsoft a causa delle lamentele degli acquirenti). E come non citare casi notissimi come quelli di Flickr acquistato da Yahoo - che così ha anche cannibalizzato la sua sezione relativa allo scambio fotografico - o YouTube da Google: idee venute dal basso delle moltitudini che si sono integrate nel mainstream. Migliorandolo, ampliandone le possibilità, continuando ad esistere.

Esperienze che contrastano anche solo con la quotidianità italiana in cui il direttore del Censis Giuseppe Roma lamenta di esser stato costretto a stipulare due diversi abbonamenti per la rete internet. Aveva Alice, ma con il suo nuovo computer Apple non c'è stato niente da fare: incompatibili. E così è arrivato un nuovo abbonamento. Un incidente che il gestore poteva evitare facilmente, ma così non è stato. E restando in tema di reti telefoniche, salta fuori che il 70% del mercato concernente la banda larga in Italia è detenuto da aziende monopoliste o ex monopoliste. Una fetta molto vicina a quella della Cina. In tempi recenti anche a quella della Germania che però, nell'arco di pochi anni, è passata dal 90% al 51.

Insomma, un caso come quello della Nokia, passata dal legname alla tecnologia informatica di livello mondiale - e sponsorizzatrice a sua volta di piccole industrie destinate a crescere - sembra assai lontano dalla realtà italiana. Alle cui oligarchie e oligopoli manca, per tornare alle valutazioni del Censis, la visione e l'interesse per il lungo periodo.
repubblica.it

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