La proposta sul corriere.it di individuare i dipendenti pubblici totalmente improduttivi e di incominciare a tagliare lì, piuttosto che tagliare sugli investimenti o sui servizi pubblici che funzionano qualcuno (forse anche lui nullafacente) ha risposto con un «no» secco: niente licenziamenti; semmai «mobilità» e incentivi.
Però i sindacati hanno riconosciuto che il problema esiste, e in misura non trascurabile. Questo è già un passo avanti notevole: tutti dunque concordano che nell'amministrazione pubblica c'è una quota rilevante di nullafacenti.
Allora, che cosa intende fare di questi nullafacenti il ministro della Funzione pubblica? Continuare a voltar la testa altrove e a pagar loro lo stipendio a tempo indeterminato, mentre si taglia sulla spesa utile e sugli investimenti, sarebbe oggi intollerabile: non dimentichi, il ministro, che non si tratta dei lavoratori deboli e poco produttivi, ma di persone che non fanno proprio nulla, non ci sono e quando ci sono è come se non ci fossero; una categoria che alligna solo nel settore pubblico.
La soluzione secondo l'autore e:
a) di un organo indipendente di valutazione che individui i nullafacenti, almeno quelli più smaccati (operazione relativamente facile); b) di una norma che stabilisca nella massima inefficienza e inutilità il criterio prioritario di scelta da applicare per la riduzione del personale pubblico, incominciando dai dirigenti; c) di un procedimento giudiziale nelquale il giudice, quando annulli un licenziamento impugnato, accerti al tempo stesso chi altro debba essere licenziato secondo la corretta applicazione dei criteri stabiliti, previa, ovviamente, chiamata in causa del nullafacente interessato, a garanzia del suo diritto di difesa.
D'altra parte, la lotta alle rendite comesi è appenavisto nella vicenda del decreto Bersani — qualche durezza la richiede . E la posizione di rendita dei nullafacenti del settore pubblico non merita indulgenza maggiore rispetto a quelle, tutto sommato meno costose per la collettività, dei tassisti edi alcune categorie di liberi professionisti.
Da una parte c'è l'interesse dei nullafacenti a continuare a godere della rendita che finora è stata loro assicurata; dall'altra c'è l'interesse della maggioranza dei lavoratori pubblici quelli veri a una retribuzione adeguata, l'interesse dei precari a uscire dall'apartheid cui sono stati finora condannati, l'interesse della collettività a non veder tagliare gli investimenti necessari per lo sviluppo economico del Paese.
I nodi vengono al pettine e, nessuno può pensare di essere immune a controlli o variazioni. Non possiamo stare in uno Stato che deve sempre viaggiare con " il freno a mano tirato ", prima o poi o fonde il motore o rompe il freno a mano.
Riusciremo a viaggiare senza freni? Speriamo, ma, prima che il motore fonde una soluzione alle rendite lavorative fittizie bisognerà pur trovarle.
30 agosto 2006
Nullafacenti a pagamento
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