16 settembre 2006

Allarme obesità: l'Asia cambiata dal cibo Usa


Fast food, gelaterie e bevande gassate sul banco degli imputati.
Sconfitti trent'anni fa sul campo di battaglia, gli Stati Uniti hanno conquistato il Vietnam con i loro prodotti e il loro modello di industrializzazione. Hanoi e Ho Chi Minh City evocano ancora il ricordo di città povere, buie, brulicanti di biciclette, assediate da contadini poveri e malnutriti. In realtà il Vietnam sta seguendo un percorso di sviluppo industriale non dissimile da quello delle zone costiere della Cina. Nelle città, ormai zeppe di gelaterie, fast food e venditori di bevande gasate, scooter e automobili stanno sostituendo molte bici. Ma ora il progresso presenta il conto: la rapida diminuzione dell'attività fisica degli abitanti delle città e il crescente consumo di cibi grassi, salati, iperproteici e iperzuccherati - una dieta «americana» che tende a sostituire quella tradizionale, basata su riso e vegetali - ha fatto precipitare il Paese in una vera e propria epidemia di diabete. E nelle famiglie, normalmente composte da persone filiformi, stanno crescendo molti bambini obesi. Non è un problema solo del Vietnam. Obesità e diabete stanno diventando un problema serio in Paesi europei come Italia e Germania e, soprattutto, in Gran Bretagna. Negli Stati Uniti il fenomeno è ancora più allarmante: l'obesità ormai colpisce un terzo della popolazione, un vero record mondiale. Maè l'Asia il continente nel quale la diffusione dei costumi alimentari dell'Occidente ricco e delle sue catene di fast food sta producendo i danni più gravi.

Quattro dei cinque Paesi maggiormente colpiti dal diabete sono asiatici: Cina, India, Pakistan eGiappone. E la situazione è destinata a peggiorare ulteriormente qui, come nelle altre regioni di nuova industrializzazione, dalla Malesia alla Cambogia. «E' lecito chiamarla la malattia-tsunami: sappiamo che l'onda sta arrivando e non stiamo facendo niente per metterci in salvo », denuncia il professore Pierre Lefebvre, presidente della World Diabetes Foundation. Oggi nel mondo vivono un miliardo di persone obese o sovrappeso: più degli 800 milioni di poveri denutriti, ha denunciato un recente rapporto dell'Onu. Ma, mentre obesità e il diabete alimentare (che, in genere, è ad esso correlato) in Occidente colpiscono soprattutto i poveri (i cibi industriali ricchi di grassi sono anche quelli più a buon mercato), in Asia i pasti nei fast food delle multinazionali Usa, sono ancora l'obiettivo ambito dei benestanti: un simbolo del successo delle nuovi classi medie. Secondo un recente sondaggio, Ronald McDonald, il clown in tuta gialla che accoglie i clienti all' ingresso di ogni McDonald's, è il personaggio più riconoscibile al mondo, dopo Babbo Natale. Il gigante dei fast food - 30 mila ristoranti sparsi in 118 Paesi - è sotto accusa da tempo. Libri, film e siti Internet che demonizzano la multinazionale americana degli hamburger non si contano più, ma il problema non è soloMcDonald's: inCina - dove 160 milioni di cittadini (un adulto su cinque) soffrono di pressione alta e dove il numero di persone in sovrappeso (220 milioni) e di diabetici (20 milioni) è raddoppiato in 10 anni - i McDonald's sono solo 760. In compenso il Paese è invaso da altre catene come Pizza Hut, Domino e Kentucky Fried Chicken: il pollo fritto pubblicizzato con la faccia del «colonnello» barbuto, è stato votato dai cinesi come ilmarchio straniero più popolare.
Ma McDonald's medita il sorpasso: sta negoziando con Sinopec, l'impresa che distribuisce carburante nel Paese, l'apertura di punti vendita di polpette e patatine fritte a fianco alle sue 30 mila pompe di benzina. Se la Cina è nei guai, l'India, dove le persone affette da eccesso di zuccheri nel sangue sono già 31 milioni, sta ancora peggio. Nuova Delhi, dove il 55 per cento delle donne è ormai sovrappeso, è considerata la capitale mondiale del diabete. Ma - avvertono i nutrizionisti - è solo questione di tempo: appena il benessere si diffonderà, cibi occidentali e fast food invaderanno anche gli «slums» e le campagne. Certo, gli Stati Uniti rimangono il Paese col maggior numero di obesi e diabetici,mala bomba sanitaria dell'alimentazione industriale è destinata a esplodere in Asia per tre motivi: 1) La predisposizione genetica di quelle popolazioni. Gli asiatici sono più vulnerabili degli occidentali al diabete perché il loro organismo (che forse porta impressa la memoria di antiche carestie) tende a conservare le calorie assunte in eccesso, anziché bruciarle. 2) Le strutture sanitarie usate negli Usa e in Europa per combattere il diabete e le sue conseguenze (dalla cecità ai problemi vascolari) sono pressoché inesistenti in Asia. 3) La miscela esplosiva alimentata da una nuova cultura occidentale dei consumi che affianca, non sostituisce, quella tradizionale dei Paesi poveri nei quali l'alimentazione eccessiva, la tendenza a ingrassare, sono considerate da secoli benedizioni,manifestazioni di benessere. Il ventre prominente del Budda è tuttora per tutti un simbolo di prosperità.
Le multinazionali esportano obesità, ma non è tutta colpa dei fast food: la gente ingrassa anche dove i costumi alimentari occidentali non si sono ancora diffusi. Il lavoro fisico diminuisce, il reddito aumenta e con esso la disponibilità di proteine. Quelle che hanno strappato centinaia di milioni di persone alla fame. Ma, dopo gli sviluppo «virtuosi », ora arrivano gli effetti perversi degli eccessi. In parte, forse, inevitabili. Anche in Europa la diffusione del benessere ha provocato una rivoluzione alimentare. Ma quel processo si è sviluppato nell'arco di secoli. In Asia sta tutto avvenendo, caoticamente, in una generazione. In Cina e India esiste ormai un vero e proprio «muro del cibo»: città sempre più densamente popolate da obesi, sono circondate da campagne nelle quali non si muore (quasi) più di fame, ma nelle quali i denutriti si contano ancora a centinaia di milioni. L'industria dei fast food e i produttori di cibi industriali temono che prima o poi emergano forme di «dirigismo alimentare». Così giocano d'anticipo proponendo ai consumatori asiatici anche porzioni ridotte. Ma, secondo sociologi e nutrizionisti, nemmeno questo è un rimedio: l'«assaggio » aumenta il desiderio del neoconsumatore che, appena ha un po' di soldi in tasca, va a comprarsi la porzione intera. «La verità - è l'apocalittica conclusione a cui giunge Paul Zinnet, il diabetologo australiano che ha presieduto il Congresso mondiale sull'obesità tenutosi a Sydney all'inizio di settembre - è che siamo di fronte ad un'epidemiamondiale alla quale si presta poca attenzione, ma che in realtà è più grave dell'Aids: un fenomeno che meriterebbe almeno l'attenzione dedicata all'"effetto serra" o all' influenza aviaria».

Massimo Gaggi da corriere.it

0 commenti: