Tutti, o quasi, vorremmo vivere di più. Come fare? C’è un sistema abbastanza semplice e funziona, già oggi (senza aspettare che gli scienziati trovino i geni dell’invecchiamento e il modo di farli esprimere al nostro organismo).
Basta mangiare poco.
Ma perché chi mangia poco vive di più? Questo fino a poco tempo fa non si sapeva. Adesso c’è qualche idea in più. Sembra che c’entrino l’ormone della crescita e l’insulina. Vediamo perché. Ricercatori dell’Università del Sud dell’Illinois — il lavoro è pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences — hanno studiato topi normali e topi cui era stato «spento» con l’ingegneria genetica il recettore per l’ormone della crescita (è la proteina cui si lega l’ormone della crescita, ormone che esercita le sue funzioni sulle cellule proprio grazie a questo recettore).
Metà degli animali veniva tenuta a dieta, l’altra metà aveva cibo a volontà. Gli animali normali a dieta sono vissuti di più di quelli che mangiavano liberamente. Fin qui niente di nuovo. Gli animali senza recettori per l’ormone della crescita vivevano a lungo, con o senza dieta, ma mai di più degli animali normali a dieta.
Vuole dire che:
1) ridurre le calorie della dieta è come tirare via il gene per il recettore dell’ormone della crescita;
2) le due cose insieme—poche calorie e non avere il recettore per l’ormone della crescita — non allungano la vita ancora di più. Questi esperimenti dimostrano che la vita degli animali (e non c’è ragione che non sia così per l’uomo) si può allungare un po’—del 30% circa —ma probabilmente non di più. Chi mangia tanto — uomini e topi — diventa resistente all’azione dell’insulina (è l’ormone che serve a utilizzare gli zuccheri che prendiamo con gli alimenti). Così l’organismo non utilizza bene gli zuccheri e c’è obesità, pressione alta, diabete e poi ci si ammala di cuore. I ricercatori dell’Illinois hanno documentato molto bene che i topi normali che mangiavano a volontà erano resistenti all’azione dell’insulina e questo si corregge bene con la dieta.
Anche l’ormone della crescita induce resistenza all’insulina. Spegnere il recettore corregge il difetto, tanto è vero che i topi senza recettori per l’ormone della crescita avevano comunque una buona sensibilità all’azione dell’insulina, con la dieta certamente, ma anche se li si lasciava liberi di mangiare quanto volevano. Studiare l’ormone della crescita e la resistenza all’insulina è quasi certamente un modo per capire di più dei meccanismi dell’invecchiamento, e persino per provare a fare un farmaco che possa allungare la vita (pillola della longevità o del buon invecchiamento). Ma ci sarà, un giorno o l’altro, un farmaco così?
È molto probabile. Costerà anni di lavoro e centinaia di milioni di dollari (o di euro), e quando arriverà sarà pubblicizzato come il farmaco dell’immortalità. E davvero allungherà la nostra vita? Forse, un po’. Proprio come succede adesso se uno mangia di meno. Qualche anno fa il professor Sirchia, allora ministro, aveva suggerito che i ristoranti riducessero le porzioni. Fu polemica, e si capisce. Ma è proprio così che si deve fare se si vuole vivere un po’ di più, al ristorante e — per chi ci va poco o mai — a casa.
Giuseppe Remuzzi
16 maggio 2008
Mangiare poco: benessere fisico ed economico
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1 commenti:
CONCETTI E CONOSCENZE BASILARI PER EVITARE LA MALNUTRIZIONE TROPPO SPESSO INDICATA DALLE DIETE PER DIMAGRIRE.
In vero oggi sono consigliate sulla base di un semplice calcolo quantitativo delle Calorie sviluppate dalla combustione dei vari alimenti , tali calcoli rigorosi delle diete espressi in sulla quantita di calore sono destinate indubbiamente sistematicamente a fallire essendo sbagliate concettualmente dato che corrispondono ad una visione meccanicista che ben poco ha a che vedere con il valore della qualita della alimentazione in relazione ad esercitare una vita psico-fisica salutare ed di benessere.E' importante pertanto iniziare con il riflettere sul fatto che il problema di una corretta alimentazione per la salute e' troppo spesso e impostato male in quanto in una visione meccanica della vita si ritiene per analogia che il cibo serva come la "benzina" in una macchina per sviluppare energia per il movimento. Diversamente la principale funzione dell' alimentazione e quella di ricostruire noi stessi e rinnovare le cellule morte o malate.
Il fatto di tradurre i cibi come funzione calorica (CALORIE) determina quindi una reale incomprensione sulla qualita' del cibo e di conseguenza tale atteggiamento cognitivo conduce spesso a determinare DIETE prive di un reale valore scientifico. Infatti una caloria e sempre identica a se stessa da qualsiasi fonte di calore provenga. Inoltre la energia che il corpo umano ha bisogno per ricostruirsi non ha nulla a che vedere con il calore, proprio perche' quest'ultimo in vero e' un tipo di energia degradata, non piu utilizzabile neppure per il movimento direzionale del pistone in un motore , ed infatti anche una macchina se ne sbarazza disperdendola nell' ambiente. La equivalenza tra "alimento e calorie" e' indubbiamente priva di senso, ma purtroppo le diete vengono sistematicamente basate su tale equivalenza fuorviante, per cui ogni reale attenzione al benessere e la salute derivante dal metabolismo alimentare e spesso errata e putroppo conduce a favorire la malnutrizione.
La complessita' del rapporto tra alimentazione salute e benessere e' fondamentalmente dovuta al fatto che ognuno di noi presenta una propria individualità biochimica e di apprendimento culturale in grado di influenzare la risposta al cibo e ai farmaci che assumiamo, all’ambiente in cui viviamo e quindi ad ammalarci o meno, a invecchiare lentamente o velocemente.
Percio' una alimentazione piu' coscienziosamente finalizzata alla ricostruzione sana e forte delle cellule dei vari organi ( cervello, cuore, fegato ,... nonche' della continua rigenerazione delle strutture ossea, membrane e della pelle ecc.. ) dovra evitare di ricadere nelle concezioni derivanti da porre in equivalenza cognitiva l' uomo con una macchina , cio' anche in quanto le esigenze nutritive dei nostri organi sono naturalmente tra loro distinte e complementari e vengono comunque regolate dalle attivita determinanti del DNA.
Paolo Manzelli pmanzelli@gmail.com
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