30 giugno 2008

La Nestlè fa spionaggio




Sembra preoccupato per le sorti dei paesi poveri del pianeta Peter Brabeck, presidente del consiglio d'amministrazione Nestlé: soprattutto di quelli africani. In un dibattito nato sulle pagine del Financial Times la scorsa settimana, Brabeck se la prende con i fautori dell'agricoltura biologica, mentre promuove gli ogm, «una delle tecnologie più sicure che si siano mai viste». Cita l'esempio degli Stati uniti, dove «li mangiano da decenni» e puntualizza che «è una tecnologia anche più sicura dei prodotti biologici, ambientali e di tutto ciò che è di moda in Europa». Insomma, secondo il Brabeck pensiero, «non si può nutrire il pianeta senza organismi geneticamente modificati». Amen.
Il presidente del cda di Nestlè non ha usato la stessa enfasi però per spiegare perché, per più di un anno, un'agente della Securitas (il numero uno in Svizzera della sorveglianza privata) ha spiato - per suo conto - un gruppo di militanti di Attac Vaud, operazione di cui la polizia era al corrente e che rende ancora più inquietante tutta la storia. Il fatto risale al 2003 ma è venuta fuori solo il 12 giugno scorso, grazie ai giornalisti della televisione della Svizzera francese, che nella trasmissione «Temps Présent» hanno ricostruito il caso. Secondo la ricostruzione, al centro dell'interesse del gigante agroalimentare svizzero verso la ong c'era la preparazione di un libro-denuncia, cui stavano lavorando sette attivisti della sezione vodese di Attac. Nel libro, dal titolo «Attac contre l'empire Nestlé» (Attac contro l'impero Nestlé) si parla della politica Nestlé sugli ogm e della privatizzazione di un bene pubblico come l'acqua, e anche di un tema sensibile come la lotta dei sindacalisti attivi in stabilimenti Nestlé in paesi dove sono quasi assenti i diritti fondamentali.
Un'indagine meticolosa, un atto d'accusa. Secondo quanto raccontato dalla Tsr, Securitas - per conto della Nestlé - infiltra in Attac un'agente, che si fa chiamare Sara Meylan. Lei partecipa alle varie riunioni di preparazione del libro e guadagna la fiducia dei sette ricercatori, al punto di essere invitata nelle loro case, di aver accesso a una lista mail interna al gruppo Attac (non solo svizzero) e a molte altre informazioni. Dopo la pubblicazione del libro, la donna scompare facendo perdere le sue tracce. Che fosse una spia però Attac lo scopre solo con la famosa trasmissione televisiva. E il 13 presenta una denuncia penale e civile contro ignoti.
Nestlé, in un comunicato, nicchia sui contenuti della trasmissione, mentre conferma di aver preso solo «misure appropriate» in occasione del G8 «in stretta collaborazione con la Securitas e la polizia cantonale vodese»: il G8 però si è svolto a Evian nel giugno 2003, mentre la ricerca sul libro è cominciata solo nell'autunno seguente e lo spionaggio di Attac è continuato fino al dicembre 2004. Tutto, aggiunge Nestlè, si sarebbe svolto «nel rispetto rigoroso della legge». Dura la replica di Attac: «Giudichiamo rivoltanti questi comportamenti che irridono i principi di libertà di parola e i diritti democratici fondamentali. E siamo particolarmente colpiti dal fatto che questa attività di spionaggio abbia avuto luogo sotto gli occhi della polizia cantonale del Vaud».
La presidente onorario di Attac, Susan George, che aveva scritto la prefazione per quel dossier sulla Nestlé, chiede che la multinazionale sia perseguita penalmente.
di Patrizia Cortellessa

27 giugno 2008

Shopping:E' la truffa del secolo operata dal marketing


L’autore statunitense Benjamin Barber spiega perché fare acquisti ha smesso di essere una faccenda domestica ed è divenuto un’occasione di divertimento fuori casa

La follia del consumismo crescente mentre le risorse sono sempre più scarse non sortisce effetto su nessuno, meno che mai su chi si occupa di marketing. Anzi, avendo un disperato bisogno di ottenere profitti, imprenditori ed esperti di marketing stanno prendendo di mira bambini molto piccoli, comperando la loro fedeltà sin quasi dalla nascita, e rendendo infantili gli adulti, per impedire loro di prendere decisioni razionali su quello che comprano. In questo modo, adulti e bambini saranno attratti dallo stesso prodotto, e lo compreranno per quasi tutta la loro vita, intrappolati in un ciclo di consumo “alla Peter Pan”, costruito dai grandi capi dei marchi.

Per molti, lo shopping si è trasformato da lavoro domestico in ricerca di piacere già molto tempo fa. Vi dovrete dare molto da fare per trovare un consumatore britannico che, almeno una volta, non sia uscito in strada con l’intenzione di trovare qualcosa che voleva comperare, anziché con quella di comperare qualcosa di cui aveva bisogno. Questo comportamento è in antitesi non solo con quello dei consumatori nei paesi in via di sviluppo, ma anche con quello dell’Europa e degli Stati Uniti di soli 60 anni fa.

È impossibile stabilire il momento esatto in cui una vita basata sulla sobrietà – condotta dalla maggioranza delle persone fino agli anni ’50 del secolo scorso – si è evoluta in una piena di comfort, prima di scivolare in un eccesso assurdo, ammette Benjamin Barber, autore del best-seller Jihad Vs. McWorld. Il suo nuovo libro, Consumed, affronta il tema del consumismo eccessivo ed ossessivo. Questa tendenza, secondo le previsioni di Barber, sta conducendo le società democratiche ad una morte anticipata.

"Mi ha impressionato il fatto che molto di ciò di cui è costituito il McWorld è superfluo", afferma a proposito dell’ispirazione che lo ha condotto ad analizzare questo iper-consumismo, che raggiunge il suo apice nel paese di Barber, gli Stati Uniti. “Una quantità tremenda di prodotti non sono necessari, sia che si tratti di cibo fast food o di gadget o di giochi", spiega. "Non posso dirvi dove sia il punto di svolta, ma ci siamo vicini".

Dal momento che i bisogni umani fisiologici – cibo, riparo, abbigliamento – sono stati soddisfatti dalla maggior parte delle persone nel mondo sviluppato, i professionisti del marketing stanno spremendo le loro meningi per reinventare e ricreare beni, con l’obiettivo di vendere un maggior numero di cose.

Barber non è certamente il primo ad attirare l’attenzione sul fatto che i consumatori sono molto spesso attratti dall’immagine di un prodotto, piuttosto che dalla sua funzione, e che otterremmo tutti dei benefici dal consumare meno. Tuttavia, egli fa un passo avanti, incolpando l’iper-consumismo dell’attuale crisi economica. Egli inoltre crede che al movimento anti-consumismo manchino i mezzi per affrontare il problema. “Amo il movimento anti-consumista d’indole naturale, ma esso rischia di trasformare questi temi in problemi di una minoranza”, dice.

I consumi sono fuori controllo non solo nei negozi. Barber utilizza come esempio il guardare la televisione: non c’è niente di male nel prendere in mano il telecomando dopo una lunga giornata di lavoro, sostiene. Ma 60 ore – il tempo che un americano medio trascorre davanti alla televisione ogni settimana – sono fin troppe. "È un po’ come la pornografia", afferma Barber.

Guardare la televisione è solo una parte del problema. Quello che scegliamo di guardare è cambiato considerevolmente nel corso degli anni e ora assomiglia ad una poltiglia omogenea dai contenuti facili volta a suscitare l’interesse in egual misura di bambini ed adulti. Il sottotitolo del libro di Barber è “Come il mercato corrompe i bambini, rende infantili gli adulti e ingoia tutti i cittadini”. I commentatori stanno documentando da qualche anno a questa parte la crescita di adulti-ragazzini che guidano il motorino e vanno in giro con l’iPod, ma, secondo Barber, il fatto che i quarantenni di oggi siano i nuovi ventenni non significa che le persone conservano per più tempo la loro giovinezza e la loro energia, bensì che esse non stanno crescendo per nulla. Per quale ragione accade ciò? Perché gli esperti di marketing, i quali hanno un disperato bisogno di profitti immediati, tirano al risparmio trattando senza distinzioni i gusti e i prodotti di bambini ed adulti, anziché costruire un mercato sostenibile. Quindi ciò nello stesso tempo riduce la diversità e minaccia di eliminare la possibilità di scelta.

Il successo di film come Shrek e Spider-Man, adatti a tutte le età, lo dimostra. "Se volete vedere il futuro della Gran Bretagna, non guardate cosa acquistano i quarantenni, prestate attenzione a quello che comprano e guardano i quindicenni, nonché ai loro gusti musicali", predice Barber. A chiunque si sia seduto vicino ad un gruppo di ragazzine intente ad ascoltare a tutto volume le Pussycat Dolls sui loro cellulari, l’idea che i loro gusti musicali non matureranno mai e che la tonalità del loro smalto per unghie non diminuirà mai d’intensità fa riflettere. Ma perché gli adulti non possono apprezzare, tanto per dire, le sfumature di un episodio dei Simpson o un film di Harry Potter? Crescere significa diventare noiosi?

"Non sto dicendo che quando cresciamo perdiamo tutti i piaceri", sottolinea Barber. "Ma crescere significa diventare persone più complesse e che necessitano di stimoli maggiori. Se puoi trovare piacere e soddisfazione con un libro di fumetti, significa che sei rimasto un bambino. Non sto dicendo che le persone che si divertono hanno qualcosa che non va, ma che io mi diverto in un modo diverso da come mi divertivo quando avevo 12 anni”

Barber si è immerso in manuali di marketing per cercare di dare un senso ai motivi che ci spingono ad acquistare sempre più cose di cui non abbiamo alcun bisogno, e che spesso nemmeno vogliamo o da cui non traiamo alcun piacere nel possederle. Il chief executive della Saatchi & Saatchi, Kevin Roberts, l’uomo che ama lo shampoo Head & Shoulders così intensamente da continuare ad utilizzarlo nonostante sia diventato calvo, viene spesso rimproverato all’interno di Consumed.

Sono Roberts e la gente come lui che stanno guidando il nostro impulso a fare acquisti. Questi grandi capi sono solo molto ben consapevoli che gran parte dei nostri bisogni è stata soddisfatta molto tempo fa, ed è con questo pensiero in testa che hanno cominciato a rendere eterni i desideri infantili e a fabbricarne di nuovi per gli adulti. All’interno di Consumed, il guru del merchandising Gene del Vecchio spiega: “È stato dimostrato che la domanda di beni e servizi per gli adulti non è senza fine”. Questo fatto deve essere affrontato con un “terremoto fatto di beni e servizi indirizzati ai ragazzini”. Del Vecchio ha inoltre capito che se si vogliono vendere beni a livello globale, non li si possono vendere ad adulti appartenenti a culture diverse. Ma i bambini sono uguali ovunque, e se si fanno adottare agli adulti gli stessi comportamenti dei bambini, si possono vendere gli stessi prodotti a qualsiasi generazione, ovunque.

L’iper-consumismo è una delle principali cause dei problemi ambientali, tuttavia i fautori del marketing “verde” sono colpevoli quanto gli esperti di marketing medi. “Non fatevi ingannare – avverte Barber – Il consumismo verde è pur sempre consumismo. Il modo più semplice per rispettare l’ambiente è non consumare, o consumare meno, ma queste persone vogliono che si consumi come vogliono loro, perché se si smette di consumare loro smettono di fare soldi”.

Quando Barber ha acquistato la sua ultima auto era tentato da una Lexus ibrida, finché un amico gli ha fatto presente che il potente motore di un’ibrida consumava più petrolio di molti veicoli non ibridi. L’anno scorso una pubblicità delle auto ibride della Lexus comparsa sui giornali è stata bandita nel Regno Unito, in quanto ritenuta ingannevole per aver affermato che l’auto aveva un impatto ambientale minimo o nullo.

Barber ricorda quando – in visita a Londra nel ruolo di presidente di CivWorld (una ONG che si occupa di politica internazionale) – ordinò dell’acqua in bottiglia al bar del suo hotel. L’acqua in bottiglia, in un paese dove l’acqua potabile fuoriesce direttamente dal rubinetto, è forse l’ultimo tra i bisogni che l’industria può soddisfare. “Oltre un miliardo di persone non ha accesso all’acqua potabile – afferma Barber – Perché non troviamo delle soluzioni per fornire loro l’acqua di cui hanno bisogno, anziché delle nuove soluzioni per fornire l’acqua a noi?”

Tutto questo fa apparire Consumed una lettura deprimente. In un modo o nell’altro lo è, e l’idea che i consumatori occidentali siano da incolpare per il degrado ambientale, nonostante siano stati persuasi con l’inganno a comperare prodotti non necessari, è una croce pesante da portare..

Il capitalismo sta mangiando se stesso? Barber è ottimista: "Il capitalismo ha una tendenza a strafare", afferma. "Distrugge qualsiasi cosa sul suo cammino. Questa è una strategia per salvaguardare il capitalismo. Vi sono bisogni umani profondi e pressanti che devono ancora essere soddisfatti e il capitalismo è lo strumento perfetto affinché lo siano".



Spendere, spendere, spendere: dove finiscono i soldi

* Lo shopping è l’attività più praticata nel tempo libero ed assorbe il 37% di tutto il denaro che viene speso in Inghilterra.

* Oltre cinque milioni di telefoni cellulari vengono buttati nella spazzatura ogni anno nel Regno Unito

* Il costo di una borsa media è di 76 sterline; una donna media sulla trentina ne possiede 21 e ne acquista una nuova ogni tre mesi. Si può arrivare a spendere per l’acquisto di borse oltre 9.000 sterline in una vita intera.

* Circa 50,000 console Nintendo Wii sono state vendute nelle prime 12 ore successive alla sua entrata in commercio nel Regno Unito

*La durata media di un lettore mp3 è inferiore ai tre anni

* Il giovane medio di età compresa tra i 18 e i 25 anni cambia il proprio telefono cellulare ogni nove mesi, mentre gli over 25 cambiano in media il loro cellulare ogni 14 mesi.

* Shrek terzo, Spider-Man 3 e Harry Potter e l’Ordine della Fenice hanno complessivamente incassato al loro primo week-end di uscita nel Regno Unito l’equivalente di 44,992,045 sterline.

Ifunanya Ifeacho

25 giugno 2008

Dispositivo contro i campi elettromagnetici


Sulla base di un articolo pubblicato anni fa sul "Corriere della Salute", scritto da Angelo De Micheli, è stato realizzato un piccolo prototipo di sistema per neutralizzare nocive onde elettromagnetiche a breve distanza. Riporto l'articolo in questione.

Siamo circondati dallo "smog" elettromagnetico: telefoni cellulari, forni a microonde, televisori, monitor di computer, lampade al neon sono tutte fonti di deboli onde elettromagnetiche. Ma sarebbe sufficiente tenere in tasca della grafite, in pratica della polvere di matita temperata, per avere sempre con noi un valido "antidoto" contro i possibili effetti nocivi di queste emissioni (cefalea, astenia, debolezza, depressione). L'ideale, anzi, sarebbe mettere la grafite in una provetta di vetro a contatto con la pelle.

E' quanto consiglia ai suoi pazienti il professor Maurizio Riccardi, fisiologo dell'Università di Roma Tor Vergata, che spiega: "Basta una normale provetta di vetro, che bisogna riempire per tre quarti, temperando una mina di matita. Ma attenzione: non serve tenere direttamente in tasca una matita, perché la grafite è isolata dal legno. Naturalmente, si dovrà poi avere l'accortezza di scaricare la provetta, una volta a casa a fine giornata, lasciandola, per esempio, per tutta la notte a contatto del termosifone o sui tubi dell'acqua, per "mettere a terra" le cariche elettriche.

Il professor Riccardi ricorda, inoltre, che il televisore anche spento non dovrebbe essere tenuto nella stanza dove si dorme né dovrebbero esserci delle luci accese, poichè emettono onde elettromagnetiche deboli che interferiscono con quelle biologiche naturali emesse dalle nostre cellule. [...]

Ogni oggetto che ha un campo elettromagnetico, sia pur debole, può compromettere la salute. Lo prova il fatto che in Germania esistono già delle norme di legge a tutela degli utenti. Il metodo della fiala di grafite è stato sperimentato proprio in Germania, precisa il professor Riccardi, dove le provette sono addirittura in vendita, a ben 300 mila lire l'una. Ma, in realtà, ciascuno può costruire da solo la sua fialetta protettiva, a costo zero.

In Italia sono molti i medici che hanno adottato questa precauzione: anch'io porto sempre in tasca, a scopo preventivo, la mia provetta di grafite. E' una specie di "schermo", capace di assorbire le frequenze elettromagnetiche: ci protegge dai microsegnali emessi, per esempio, dall'antifurto dell'automobile o da altre fonti, come il telefonino cellulare. "Abbiamo notato che molte cefalee, astenie e depressioni migliorano dopo pochi giorni, se il paziente tiene con sé la grafite", conclude il professor Riccardi. Perché non provare?

24 giugno 2008

Vitamina D nella prevenzione del cancro alla prostata


La notizia giunge un po in ritardo, ma si tratta di demolire uno studio viziato da interessi economici di stato.Dobbiamo rincorrere notizie che getterebbero nel caos ignari pazienti anziani.Una giungla di notizie da verificare, confrontare e pubblicare ...solo per pochi.

Il 27 Maggio 2008, il Journal of the National Cancer Institute ha pubblicato una analisi della popolazione sulla correlazione tra il rischio di cancro alla prostata e il livello serico di 25-idrossi vitamina D in persone anziane.1

I risultati dello studio hanno portato gli autori a concludere che la vitamina D non diminuisca il rischio di cancro alla prostata e, inoltre, che maggiori livelli di 25-idrossi vitamina D nella circolazione possano essere associati ad un aumento del rischio di forme più aggressive di cancro prostatico.

Dati i sorprendenti risultati dello studio, e il fatto che altri studi mostrino che livelli elevati della forma attiva della vitamina D hanno forti effetti anti-cancro inibendo nel contempo la crescita e la diffusione delle cellule di questo cancro,234 il team scientifico della Life Extension ha eseguito un accurato esame dello studio in questione.

In questa confutazione, Life Extension esamina con meticolosità i numerosi vizi presenti in questo studio finanziato tramite fondi governativi. Per coloro che non vogliano leggere questi dettagli tecnici, riportiamo di seguito tutto quello che devono sapere le persone che prendano integrazione di vitamina D:

Nello studio, solo il 6.3% degli uomini diagnosticati di cancro alla prostata stavano assumendo almeno 1.000 IU di vitamina D quotidiana dal cibo (solo 49 uomini sul totale di 781 diagnosticati). Inoltre, i livelli sanguigni di vitamina D nei soggetti dello studio erano globalmente talmente bassi da rendere verosimile che la maggior parte dei soggetti non assumesse nessun tipo di vitamina D integrativa.

Pertanto, i risultati di questo studio non hanno nessun rilievo per uomini che stiano assumendo le quantità di vitamina D raccomandate per l’ottenimento di livelli sanguigni ottimali.

Dai sintetici titoli apparsi nei media sembrava che questo studio mostrasse che non ha senso assumere integrazioni di vitamina D, quello che succede in realtà è che i soggetti dello studio non stavano proprio assumendo nessuna integrazione di vitamina D.

Come potete leggere, sono presenti numerosi altri vizi che rendono i risultati dello studio completamente senza significato. Stante la sua pubblicazione in una rivista finanziata dal governo, questo studio dissuaderà molti anziani Americani dal prendere vitamina D, il che è una gran notizia per le compagnie farmaceutiche che vendono medicinali per curare le molteplici malattie degenerative provocate da una deficienza di vitamina D.

Traduzione dell'articolo a cura di Stefano Pravato

22 giugno 2008

Prendere il volante della propria esistenza



La “mappa del mondo” di ogni individuo è soggettiva ed è erroneo pensare che gli altri abbiano una visione del mondo identica alla nostra. La “visione del mondo” si basa su due elementi principali: Convinzioni e Valori.

Questi sono i pilastri che reggono la nostra esistenza. Le convinzioni o credenze sono “quello in cui noi crediamo”. Ad esempio, se un mio amico afferma: “Credo che la libertà sia importante!” esprime una convinzione estremamente importante; la maggior parte dei suoi comportamenti ruoteranno attorno a questa credenza. I valori sono “quello che è importante per noi”. Un esempio di valori sono: la famiglia, l’onestà, l’amicizia, la libertà, il dovere, ecc. Valori e Convinzioni sono elementi intimamente connessi in quanto se affermo “credo che la libertà sia importante”, esprimo sia una credenza che un valore.

In precedenza abbiamo esaminato come le credenze generate da generalizzazioni e cancellazioni (Francesco cerca sempre di fregarmi) limitano le nostre scelte e le azioni.

Altri esempi di convinzioni limitanti sono le seguenti frasi:

Sono un incapace – Le ho provate tutte, ma… - La vita è crudele – Nella vita sono un fallito.

È palese che simili asserzioni sono dannose e influenzano negativamente l’esistenza.

Esempi di credenze positive sono rappresentati dalle seguenti frasi:

Sono in una persona in gamba - Sono positivo – La vita è piena di possibilità – Riesco in tutto quello che faccio.


Ma come si formano le convinzioni?

Si tratta di esperienze emozionali significative (apprendimento emozionale) che si incidono nel nostro programma mentale. Il nostro comportamento è il frutto della somma di: credenze, valori genitoriali e cultura. Le convinzioni positive nascono da esperienze significative positive, costruttive e assertive. Quelle limitanti si creano da eventi negativi, non valorizzanti, delusioni e fallimenti. Generalmente si parte da un presupposto che grazie ad eventi i linea con esso si trasforma in convinzione. Ad esempio, supponiamo che pensi di non saper giocare a calcio (presupposto). In seguito ci provo e durante la partita non riesco a giocare bene. In quel contesto posso dirmi: “Sono un incapace!” (giudizio di valore) e i miei compagni possono rafforzare questa asserzione con altre frasi negative: “Lascia perdere perché sei un fallito!”. Da questo evento può crearsi una convinzione: “Non ce la farò mai” che rappresenta il cemento di tutti gli elementi del nostro essere.

Come bisogna comportasi davanti ad eventi simili per evitare la maturazione di convinzioni limitanti?

Esperienze di questo tipo devono essere viste come nuove informazioni e trasmissioni di dati. È fondamentale riconoscere il momento come fase di apprendimento per migliorare le proprie azioni future: “Grazie a ciò ora so che…”.

La magica capacità che dovete sviluppare consiste nel ristrutturare gli eventi in modo da bloccare il meccanismo che dal presupposto si trasforma in credenza.

Ad esempio, il presupposto “sono incapace” si trasforma grazie a queste magiche domande:

* Cosa devo fare per ottenere quella cosa?
* Ho già esperienze simili?
* Qual è il nuovo apprendimento positivo ?
* Quale soluzione sarebbe preferibile per me?
* Quale risorsa ci vorrebbe?

Le riposte vi aiuteranno a focalizzare la vostra attenzione su i punti di forza per migliorare le vostre azioni future.

Quello di cui dovete rendervi conto è che gli elementi negativi che condizionano la vostra esistenza sono puramente soggettivi e che è arrivato il momento di sbarazzarsene in cambio di un’esistenza felice. Riportate su carta tutte le convinzioni limitanti e guardate quanti paletti vi siete e vi hanno messo. Quando la gente emette giudizi di valore negativi su di voi (sei un buono a nulla, sei un fallito ecc.) immaginate queste frasi scritte su una lavagna e cancellatele mentre mentalmente vi dite: elimina, elimina, elimina. E questo stesso procedimento va applicato anche quando siete voi stessi ad asserire simili frasi. Uno dei meccanismi su cui si basa la creazione di schemi mentali statici si basa sulla ripetizione: più volte vi ripetete (o vi ripetono) una frase, più questa si fa spazio nella vostra mente. Quando pensate a qualcosa, le cellule del vostro cervello (i neuroni) si scambiano informazioni disponendosi in una particolare configurazione. Quando smettete di pensarci, lo schema neurale si scioglie. Però, se ogni giorno pensate alla stessa cosa costringendo le cellule a formare sempre la stessa configurazione, alla fine di creano dei ponti fissi e lo schema non si scioglie più. Ecco come si creano i comportamenti automatici o anche le convinzioni. Per farvi un esempio concreto pensate alla prima volta che avete indossato una cintura di sicurezza: avevate la tendenza a dimenticarvene: i neuroni si configuravano momentaneamente per poi sciogliere la formazione in mancanza del pensiero. In seguito, dopo numerose volte che lo avete fatto, è diventato un meccanismo automatico: si è creato uno schema di pensiero statico. Oppure pensate a quante cose fate quando guidate l’auto: schiacciate la frizione, cambiate marcia, accelerate, parlate con un vostro amico, seguite la strada giusta…e tutto questo senza pensarci. La prima volta che siete saliti in auto tutto questo era difficile. Ora ci riuscite perché avete creato delle configurazioni statiche che rendono automatici i comportamenti.

Cominciate a rendervi conto di quanto sia importante prestare attenzione a quello che pensate?

I ricercatori hanno appurato che il numero di volte che occorre per rendere fisso uno schema è ventuno. Ad esempio, se ogni giorno per tre settimane, vi alzate alle sei di mattina e andate a fare footing, creerete una compulsione a fare quel tipo di azione. I primi giorni sarete svogliati ma se avrete forza di volontà per tre settimane, renderete automatico il comportamento.

Questo meccanismo si estende anche ai filmini mentali che appena svegli formuliamo in merito all’andamento della giornata. Se creeremo nella nostra mente delle immagini negative (il capo che ci sgrida, il partner che ci critica) in maniera costante e ripetitiva, non dovremo meravigliarci se realizzeremo quel tipo di realtà. Inoltre, appena svegli, siamo in una fase estremamente ricettiva in cui la nostra mente è facilmente suggestionabile (stato alfa). Quando vi rendete conto che è in atto un simile meccanismo, bloccate i film mentali e proiettate altri positivi e diametralmente opposti in modo da creare schemi di pensiero positivi.

Ma come mai semplici pensieri possono influenzare la realtà esterna?

Quando ci convinciamo che la realtà è fatta in un certo modo, mettiamo in atto in serie di comportamenti inconsci che ci portano nella direzione attesa (anche se negativa). Ad esempio, se siamo convinti che il nostro capo ci sgriderà, metteremo in atto una serie di comportamenti (inconsapevoli) che lo faranno infuriare. Ricordate che una cosa è quello che vuole la parte razionale, un’altra è quella che desidera l’inconscio. Se quest’ultimo lo avete condizionato negativamente, lui farà di tutto per accontentarvi. La parte emotiva non giudica…si limita a fare quello che gli dite.

Stiamo cominciando a scrivere “il libretto di istruzioni” della vostra mente e a definirne le regole che vi permetteranno di migliorare la vostra esistenza.

Cerchiamo di riepilogarle aggiungendone altre.

La regola fondamentale che emerge da quanto appena esposto consiste nel ripetere più volte un pensiero e/o un comportamento per renderlo automatico.

Un’altra importante regola consiste nel prestare attenzione a quello che diciamo: da ora in poi niente frasi svalorizzanti nei vostri confronti e verso gli altri. Non è saggio programmare negativamente chi ci circonda. Da questo momento ditevi cose positive: sono capace, riesco in quello che faccio, sono positivo.

Alla regola appena esposta bisogna aggiungerne un’altra: esprimere le frasi in positivo.

L’inconscio non computa in negativo (no – non); ad esempio, se vi dico “non pensate ad un aereo”, la prima cosa che la vostra mente farà sarà quello di pensarci anche se io vi ho detto il contrario. Per questo motivo frasi come “non voglio essere infelice”, “non voglio soffrire”, si commutano in “sono felice”, “io gioisco”. Questa regola è fondamentale se desiderate inserire schemi di pensiero positivi e costruttivi. Se la violate rischiate di ottenere l’effetto opposto.

Le frasi devono essere espresse al presente. Asserzioni espresse con verbi futuri non sono particolarmente incisive in quanto la parte profonda è sensibile al presente. “Io sarò felice” deve essere commutato in “io sono felice”. L’inconscio deve sentire la realtà desiderata nel presente.

Il momento più adatto per darsi degli ordini positivi (ed eventualmente bloccare film mentali negativi) è al mattino appena svegli. Potete aiutarvi scrivendo una frase che sintetizza quello che volete realizzare e attaccare il foglio in un punto della camera visibile. Potete leggerla ed immaginare voi stessi che concretizzate quanto desiderato. Durante il giorno, anche se non siete in stato alfa, potete sempre applicare queste tecniche ma sono meno efficaci. Se al mattino avete difficoltà nell’utilizzarle, potete scegliere un momento della giornata in cui siete tranquilli, sedervi comodamente e rilassarvi.

Alcuni individui non accettano che il conducente del tram sia l’inconscio e non la parte razionale, soprattutto chi focalizza e sbilancia tutta l’esistenza sulla razionalità. Persone dotate di sensibilità ed intuito sono invece consapevoli di come l’emotività abbia un peso notevole nella vita.


Tratto da:

"Dentro di te si trova il genio della lampada" di Vincenzo Fanelli - Macro Edizioni

"Il Potere di rendersi felici" di Vincenzo Fanelli - Anima Edizioni

vincenzofanelli@libero.it

21 giugno 2008

Seguire la direzione del vento


I primi caldi possono mettere in difficoltà, un piccolo metodo per la circolazione dell'aria negli appartamenti rinfresca e, fa circolare non solo l'aria.

(ANSA) - Si puo' stare freschi anche senza accendere l'aria condizionata. Lo afferma un articolo della rivista Scientific American, che riporta i consigli dell' americano Council for an Energy Efficient Economy per raffreddare il corpo senza ricorrere ai costosi e nemici dell'ambiente condizionatori. Il primo consiglio della rivista e' sfruttare l'aria esterna: ''Bisogna verificare la direzione del vento all'esterno - spiega Harvey Sachs, l'esperto interpellato - e aprire poche finestre 'strategiche' per farla passare in casa. Se non dovesse bastare si possono usare due ventilatori: piazzandone uno davanti alla finestra da cui entra l'aria e un altro davanti alla finestra opposta diretto nel verso di uscita dell'aria si crea una specie di 'galleria del vento'''. Questa strategia e' ottima di notte, spiega l'esperto, mentre di giorno e' fondamentale tenere imposte chiuse e tende abbassate. I ventilatori andrebbero usati anche per raffreddare la stanza piu' usata della casa: si risparmia anche usandone un paio, ricorda l'esperto, visto che consumano un trentesimo dell'elettricita' dei condizionatori. Anche l'acqua puo' essere d'aiuto per raffreddarsi: oltre a spruzzarla su polsi e viso, la rivista suggerisce di inumidire magliette e pantaloni per stare piu' freschi. Passarsi un cubetto di ghiaccio sul viso, inoltre, raffredda di un grado e mezzo tutto il corpo. Se poi non si riesce a fare a meno di usare il condizionatore, conclude la rivista, almeno lo si scelga fra i modelli piu' ecologici, e non si metta una temperatura troppo bassa. Ancora meglio sarebbe usare un deumidificatore: costa la meta' e usa un quarto dell'energia. (ANSA).

20 giugno 2008

Il cibo biologico


Il cibo biologico è davvero un hobby per pochi ambientalisti, ricchi e possibilmente contari a qualunque innovazione tecnologica? Oppure è un alimento più sano, la cui coltivazione va di pari passo con il rispetto dell'ambiente, con meno spreco di energia, meno rischi per la salute, più rispetto degli animali allevati e, non da ultimo, più gustoso e nutriente? Il dibattito è aperto da anni e nell'ultimo decennio, di pari passo con la presa di coscienza generale che la temperatura del pianeta sta aumentando a dismisura a causa delle emissioni umane, ha assunto spesso i toni di una crociata onnisciente in cui, da una parte e anche dall'altra, l'opposizione ideologica ha la meglio sulla dialettica e sul confronto tecnico. Tuttavia la questione dello sviluppo dell'agricoltura, cioè del sostentamento umano per eccellenza dal momento che anche chi mangia animali alla fine consuma i frumenti bruciati in precedenza per lo sviluppo dell'allevamento, è naturalmente un nodo centrale, che raccoglie il cuore del dibattito sullo sviluppo dell'umanità e la sua interazione col pianeta e le risorse di cui dispone.

I testi che seguono sono il riassunto di uno dei dibattiti più interessanti, ospitati di recente sulle pagine di un quotidiano prestigioso, il britannico The Independent , che ha capito da tempo come la questione climatica e dell'alimentazione sia primaria per decidere le sorti della nostra presenza in questo mondo, e forse anche della sopravvivenza del mondo che conosciamo con o senza l'umanità. Due articoli, il primo del professor Rob Johnson, scienziato e esperto di ambiente, che mette in discussione quelli che chiama "i miti" del biologico. Il secondo è del professor Peter Melchett, membro della Soil Association of Britain, l'associazione che riunisce i coltivatori biologici, non solo difende "i fatti", ma rilancia gli innumerevoli benefici dell'agricoltura biologica. Ne è risultato un botta e risposta di grande interesse, che riportiamo non in quanto panoramica completa su tutti i vantaggi o gli svantaggi della questione, ma come elemento per un dibattito di qualità.
Francesca Marretta e Ivan Bonfanti



UN MITO CHE IL MONDO NON PUO’ PERMETTERSI

Mito primo: Agricoltura e allevamento biologici giovano all'ambiente

Secondo uno studio finanziato dal dipartimento dell'Ambiente britannico (Life Cycle Assessment -Lca) la produzione di latte e derivati è uno dei maggiori fattori di emissione di gas a effetto serra (Ghg) Mito primo: Agricoltura e allevamento biologici giovano all'ambiente Secondo uno studio finanziato dal dipartimento dell'Ambiente britannico (Life Cycle Assessment -Lca) la produzione di latte e derivati è uno dei maggiori fattori di emissione di gas a effetto serra (Ghg). Chi compra biologico dovrebbe riflettere sul fatto che per produrre un litro di latte biologico occorre l'80% in più di pascolo. Lo stesso litro di latte ha un potenziale di emissioni da "effetto serra" superiore del 20% rispetto a quello "normale" e rilascia il 60% il più di nutrienti nell'acqua e contribuisce per un ulteriore 70% alla formazione di piogge acide.
Secondo i sostenitori della teoria del "mito organico", la mucca "bio" rutta il doppio del metano di quella "ordinaria". E il metano, non ti da una mano, ma è venti volte più potente come gas a effetto serra del Co2. Carni e pollame sono i maggiori "fornitori" di emissioni di gas nell'ambiente imputabili al settore agricolo. Se è vero che si brucia energia per ottenere pesticidi usati per la produzione dei mangimi per bestiame, è vero anche che la produzione di un chilo di carne biologica provoca il 12% in più di emissioni Ghg, dunque maggiore inquinamento degli stessi nutrienti e più piogge acide.

Mito secondo: Agricoltura e allevamento biologici sono più sostenibili

Per produrre patate biologiche si consuma meno energia per la produzione di fertilizzati. Ma si brucia più combustibile per l'aratura.Inoltre un ettaro terra coltivata in maniera convenzionale produce oltre il doppio delle patate prodotte secondo il metodo biologico. Per riscaldare le serre in cui si producono i pomodori Made in Britain, si brucia, a paritá di quentitá prodotta, cento volte l'energia necessaria a far maturare pomodori in Africa. La resa del pomodoro biologico è pari al 75% di quello convenzionale, ma impiega il doppio dell'energia. Per semplificare: il pomodoro biologico prodotto in serra in Gran Bretagna (ma sarebbe lo stesso in un altro paese europeo) fa più male all'ambiente che quello importato dal Kenya. Oltretutto, per produrre pomodori biologici nel Regno Unito si usa il 25% di acqua in più rispetto alle coltivazioni convenzionali.

Mito terzo: L'agricoltura biologica non fa uso di pesticidi

Chi produce o pubblicizza cibo biologico generando allarmismo sul consumo di prodotti convenzionali, dice che il biologico fa bene alla salute perchè non fa uso di pesticidi. Al contrario quello "normale" fa male, dato che li contiene. Ebbene anche per produrre cibo biologico usano pesticidi. La differenza è che gli agricoltori biologici usano pesticidi biologici. Ma chi dice che fanno meno male? Ad esempio, mentre i pesticidi moderni sono biodegradabili, le soluzioni di rame consentite per alcuni interventi in agricoltura sono tossiche per i terreni. Il fitofarmaco di origine naturale rotenone, usato in agricoltura biologica è neurotossico per gli esseri umani e puó provoacre sintomi simili a quelli del morbo di Parkinson.

Mito quarto: La quantitá di pesticidi presenti nel cibo convenzionale è dannosa

I paladini e testimonial del cibo biologico, come l'attice Gwyneth Paltrow, dicono che il normale produce una sorta di effetto cocktail di pesticidi dannoso. C'è chi parla addirittura di epidemia di cancro causato dai pesticidi. Nei fatti non esiste nessuna epidemia di cancro tra chi mangia cibo "normale". Le statistiche non lo dimostrano.

Se ci fosse una relazione diretta tra pesticidi e cancro i primi ad essere colpiti sarebbero gli agricoltori. Inoltre gli effetti cancerogeni dei pesticidi dovrebbero manifestarsi sotto forma di cancro allo stomaco, ma questo tipo di cancro è proprio quello più in diminuzione da 50 anni. Sessant'anni fa tutto il cibo prodotto in Gran Bretagna era bologico. E si viveva, in media, poco oltre i sessant'anni. Con l'agricoltura moderna, (quella che impiega agenti chimici ben testati), si produce cibo sicuro e più economico. E si vive oltre gli ottant'anni.

Mito quinto: Il cibo biologico fa bene alla salute

Studi condotti in Olanda, Danimarca e Austria, hanno dimostrato che in presenza di contaminazione da batteri appartenenti al Campylobacter, il 100% dei polli da allevamento biologico finisce per risultarne affetto a cusa della rapida diffuzione del batterio, mentre negli allevamenti convenzionali ne risulta contagiato un terzo. Lo stesso vale per la salmonella. Non utilizzare antibiotici o altri farmaci per esempio i vermicidi, per curare gli animali quando serve, perchè non è naturale, causa maggiori esposizioni alle malattie per gli animali e duqnue una loro maggiore sofferenza. Una ricerca realizzata in collaborazione tra studiosi austriaci e olandesi mostra che i maiali biologici sono più esposti alla polmonite rispetto ai porcellini "normali" e che i piccoli nati in allevamenti biologici hanno un tasso di mortalitá doppio. Le malattie sono la ragione principale per la quale spesso gli animali allevati biologocamente pesano quasi la metá di quelli convenzionali. Insomma l'allevaento organico non fa necessariamente bene all'animale.

Mito sesto: Il cibo biologico è più nutriente

Alcuni studi dimostrano che esiste una percentuale leggermente più alta di alcune sostanze nutritive nei prodotti biologici, come i flavonoidi nei pomodori biologici e gli acidi grazzi omega-3 nel latte "bio".
Per aumentare la concentration di nutrienti nel cibo basta lasciarlo in ambiente areato diversi giorni. Il cibo disidratato contiene una concentrazione maggiore di carboidrati e nutrienti. Ma la disidratazione puó essere anche il sintomo di una patologia. Ad esempio lo stesso studio che ha individuato una concentrazione maggiore di flavonoidi nei pomodori biologici spiega che ció accade in seguito allo stress causato dalla mancanza di nitrogeno. La pianta smette di produrre polpa pet produrre sostanze chimiche di difesa, come i flavonoidi.

Mito settimo: Siamo in presenza di un boom della domanda di cibo biologico

Meno dell'1% del cibo venduto in Gran Bretagna è biologico. Ma non sembrerebbe così stando a quello che raccontano i media. Il principale ente di certificazione "Bio" nel Regno Unito, la Soil Association, scrive, sul proprio sito Web, di essere la "principale organizzazione che promuove e pratica lo sviluppo sostenibile". Questa organizzazione è allo stesso tempo un'impresa, a cui fa capo una potente lobby commerciale, che usa ogni mezzo mediatico per promuovere e convincere il pubblico della crescita del consumo biologico nel paese, dunque della sua bontá. Nonostante il "boom" del biologico cui si parla, la quantitá di terra coltivata col sistema biologico è in diminuzione dal 2003. Questo significa che sono sempre di più gli agricoltori ed allevatori che tornano al metodo "convenzionale". Tutto il cibo prodotto in Gran Bretagna è sicuro. In un'epoca seria non bisognerebbe creare falsi miti ricorrendo ad una informazione scorretta per aumentare le vendite.

Fonte: http://www.liberazione.it/
25.05.08

PERCHE’ IL BIOLOGICO E’ UN MITO CHE IL MONDO NON PUO’ PERMETTERSI

Fatto primo: Il biologico è migliore per l'ambiente

Le colture biologiche non sono perfette; sono state sviluppate circa 60 anni fa e c'è ancora molto da imparare Fatto primo: Il biologico è migliore per l'ambiente Le colture biologiche non sono perfette; sono state sviluppate circa 60 anni fa e c'è ancora molto da imparare. Durante questi anni la ricerca sul biologico non ha potuto usufruire della maggioranza dei fondi perché la gran parte degli investimenti è stata assorbita da studi per nuovi pesticidi o dalle colure geneticamente modificate. L'agricoltura biologica è il frutto di ricerche di scienziati e contadini che volevano sviluppare quello che oggi possiamo chiamare un modo più sotenibile per produrre cibo. La loro preoccupazione primaria era e resta una miscela che leghi il terreno sano, il cibo sano e la salute umana. I benefici sono stati evidenti sin dal principio, non solo per i pionieri che hanno promosso le colture. Intanto le colture biologiche sono decisamente più efficaci nella protezione degli animali selvaggi, come la scienza ha chiaramente registrato. La letteratura scientifica spiega che tra le colture organiche sono presenti il 30% in più di animali selvatici e conservano oltre il 50% in più di biodiversità. Per la stessa ragione anche il governo inglese, sulla base di prove scientifiche, ha messo in chiaro come le colture scientifiche abbiano chiari benefici ambientali - sono migliori per la vita selvatica, perché inquinano molto meno l'atmosfera data l'assenza degli spray, non producono scorie chimiche e diossido di carbonio. La commissione governativa sullo sviluppo sostenibile ha identificato infatti la certificazione organica come "lo standard migliore" per la produzione di cibo sostenibile dall'umanità. Risultati peraltro visibili dopo pochi anni per chiunque passi da una produzione non organica a quella biologica.

Fatto secondo: E' vero che il cibo organico è più sostenibile

Uno degli errori principali di chi sostiene le coltivazioni chimiche è la credenza che - esempio - i pomodori biologici assorbono il doppio dell'energia per crescere. E' falso, e tra l'altro dipende dai differenti tipi di pomodori. Anche sull'impatto del biologico nel surriscaldamento globale si omette spesso di ricordare uno degli aspetti positivi chiave: che il "bio" immagazzina nel suolo, anziché nell'aria, il carbone. Se si include anche questo fattore l'impatto dei cibi biologici che contribuisce al climate change scende dall'80% al 12%. Gli studi commissionati dal governo britannico, altro esempio, hanno dimostrato come in quasi tutti i settori le coltivazioni organiche usano addirittura il 26% in meno di energia rispetto ai non-biologici.
L'articolo qui a fianco ignora la straordinaria e urgente sfida a cui l'umanità è chiamata. Dobbiamo ridurre le emissioni di gas serra in modo drastico - dell'80 per cento entro il 2050 - comprese naturalmente quelle derivati dall'agricoltura e dall'industria del cibo. Occorre adattarsi ad un mondo in cui petrolio e gas naturali saranno risorse in declino. C'è bisogno di mitigare gli effetti del climate change, ad esempio ottimizzando le irrigazioni e tagliando al minimo gli sprechi di acqua potabile. Viviamo in un mondo dove le condizioni metereologiche saranno sempre più estreme e dobbiamo adattarci. Come faremo tutto questo è il cuore della sfida che oggi investe l'umanità per la sopravvivenza.

Fatto terzo: E' vero che il biologico usa molti meno pesticidi

Nessuno ha mai detto che le coltivazioni biologiche non usano alcun tipo di pesticida. Tuttavia la coltura biologica ricorre ad alcuni pesticidi solo in determinate condizioni e non c'è paragone con il non-biologico. Eppure la grande maggioranza di agricoltura biologica non usa alcun tipo di spray e se tutte le coltivazioni fossero organiche, l'uso di prodotti chimici e spray cadrebbe dell'98 per cento. Scusate se è poco. Per essere comunque chiari, il biologico può usare pesticidi più che altro nelle colture di patate o nei frutteti, tuttavia i pesticidi permessi dalle associazioni di produttori biologici sono di origine naturale (come il Rotenone, un estratto di tropicali della famiglia delle Leguminose) o semplici prodotti chimici - composti di rame o zolfo. Gli igredienti attivi del Rotenone o della "soft soap" si consumano in pochissimo tempo dopo che sono stati esposti alla luce solare, minimizzando i rischi per l'ambiente. Rame e zolfo sono invece presenti naturalmente nel suolo e nessuno dei due elementi viene riscontrato alla fine nei cibi organici, al contrario dei prodotti non-biologici. Il nostro obiettivo è, comunque, arrivare a colture completamente libere dagli spray.

Fatto quarto: E' vero che il livello di pesticidi presenti nel cibo "convenzionale" è pericoloso

Di certo è rischioso e potenzialmente è pericoloso. Nell'Unione Europea un cibo su 30 contiene livelli di pesticidi superiori alle norme legali dell'Ue. Circa 40 pesticidi che erano stati descritti ai consumatori come fuori da ogni rischio sono stati di recente vietati o ritirati dall'uso. Le persone che vogliono ridurre la loro esposizione a pesticidi potenzialmente dannosi farebbero quindi meglio a rivolgersi al cibo biologico. Uno studio del governo Usa ha dimostrato, ad esempio, che nei bambini che seguono una dieta biologica non c'è traccia di pesticidi, mentre anche dopo un giorno di dieta non-biologica la presenza di pesticidi nelle urine viene riscontrada immediatamente. I cocktails di spray non sono testati e se un pesticida viene considerato «non pericoloso» non è detto che mischiandolo con altri non lo diventi. La fertilità maschile si è abbassata del 50 per cento in coincidenza con l'uso di pesticidi e seppure non ci sono prove (un advisor del governo Brown di recente ha imputato la causa alle «troppe biciclette e ai jens stretti») non c'è neppure la dimostrazione che non vi siano legami con l'aumento dei prodotti chimici. La scienza non ha provato che i pesticidi non fanno male e le persone che credono che l'assenza di additivi artificiali o di pesticidi può beneficiare loro o i loro bambini possono, per fortuna, rivolgersi al mercato dei cibi biologici.

Fatto quinto: L'agricoltura biologica è più sana

In termini di sana alimentazione, l'inglese Food Standard Agency ha detto che «non c'è differenza» tra cibi organici e cibi non-organici. L'organizzazione animalista Compassion in World Farming tuttavia ricorda come «l'agricoltura biologica ha il potenziale di offrire di gran lunga gli standard più alti per la salute e la vita degli animali». Perché gli animali sono tenuti in condizioni migliori, sempre liberi di circolare e non sottoposti al continuo bombardamento di antibiotici, il cui uso è vietato dalle associazioni biologiche. L'Organizzazione mondiale della Sanità ha espresso «preoccupazione crescente per iu residui antibiotici che si trovano nella carne e un consumo frequente può causare una resistenza antibiotica in batteri prevalenti negli esseri umani, con il risultato di ridurre l'effetto degli antibiotici usati dagli umani per trattare malattie». E' bizzarro che i sostenitori del non-biologico dicano che «le malattie sono la ragione principale per cui gli animali allevati con metodi biologici sono la metà del bestiamo allevato con additivi e metodi convenzionali, ragione per cui il biologico non è necessariamente una buona cosa per il welfare degli animali». Non c'è verità in questa affermazione. E' chiaro che gli animali "bio" non vengono rimplizati artificialmente né fatti ingrassare oltremodo con additivi e antibiotici, ma mentre nelle fattorie biologiche si registrano meno malattie.

Fatto sesto: Il cibo biologico è più nutriente

Le pubblicazioni scientifiche dimostrano che, di norma, il cibo biologico contiene un livello maggiore di vitamina C e materiali essenziali come calcio, magnesio, ferro, cromo, così come antiossidanti anti-cancerogeni. Il latte organico è naturalmente più ricco di acidi grassi Omega 3, vitamina E, vitamina A (beta-carotene) e altri antiossidanti. Malattie come eczema, asma e allergie affliggono i bambini sempre di più. Il dieci per cento dei bambini dell'Unione Europea soffre di eczema. Ricerche dei governi svedese e olandese (pubblicate nel novembre dell'anno scorso) hanno registrato un 36% in meno di incidenza dell'eczema in bambini nutriti con prodotti freschi biologici rispetto a quelli allevati con agricoltura convenzionale. Gli standard biologici proibiscono l'uso degli additivi che gli scienziati classificano come "potenzialmente pericolosi per la salute", come grassi idrogenati, Msg (monosodio glutammato), così come aromi o coloranti artificiali. Anche la Food Standard Agency ha provato tramite ricerche come alcuni comuni additivi causano iperattività nei bambini. Dunque, il biologico può essere un'ottima soluzione contro una larga quantità di potenziali reazioni allergiche o di additivi nocivi.

Fatto settimo: E' vero che il business del biologico sta crescendo

La produzione biologica è ancora di dimensioni ridotte. Eppure le vendite locali e dirette di prodotti biologici salgono al ritmo di circa il 32% l'anno. Nel 2006 (ultimo anno di cui abbiamo a disposizione le statistiche) vendite di catering e al dettaglio hanno fruttato, nella sola Gran Bretagna, oltre 3mila milioni di euro, mentre il mercato complessivo del settore è cresciuto del 27 per cento all'anno rispetto alla decade passata. lo stesso è accaduto per l'indotto dell'agricoltura bio. Inoltre il business biologico non è più un mercato per la classe medio-alta. Oltre il 50% delle spese di prodotti bio sono compiute dalla fascia meno ricca della popolazione e molti stanno iniziando ad acquistare direttamente dai produttori, con gli schemi via-posta o nei farmers-shop, annullando la differenza con il cibo non-biologico a disposizione nei supermercati e nella grande distribuzione. Tre quarti delle famiglie si rivolgono al biologico per i prodotti dedicati ai bambini, che rappresentano la metà delle vendite di settore. Ugualmente è aumentata la richiesta e la pressione affinché le mense scolastiche si dotino di una dieta biologica. La verità è che il settore "bio" è in crescita costante, peraltro in costrasto con il generale declino dell'agricoltura europea, la cui forza lavoro è scesa dell'80% negli ultimi 50 anni. I coltivatori biologici tendono ad essere giovani, più ottimisti e la loro forz lavoro include molte più donne. La scelta che abbiamo di fronte è tra una produzione basata sui combustibili e appoggiata sui fertilizzanti al nitrogeno, oppure una produzione basata sull'energia solare con un sistema organico. Produrre una tonnellata di nitrogeno rilascia nell'atmosfera l'equivalente di 6,7 tonnellate di CO2. I materiali grezzi per produrre nitrogeno, infine, sono i sempre più scarsi gas naturali e le fattorie ne usano una quantità paurosa. La produzione organica è invece basata su processi rinnovabili, col trifoglio usato per fissare il nitrogeno e arricchire la terra di elementi organici naturali. Anche nell'incertezza, in un mondo dove i combustibili fossili stanno scomparendo, la coltivazine biologica assicura l'unico sistema sostenibile per la Terra, sia a livello ambientale che a liello economico. Questo non significa che la coltivazione biologica sia la risposta a tutte le domande. E' semplicemente la migliore risposta per un cibo libero da pesticidi e additivi, per un'agricoltura che si alimenti con l'unica fonte infinita di cui disponiamo, il Sole, amica degli animali e della natura.
di Francesca Maretta e Ivan Bonfanti

18 giugno 2008

Bio carburanti? Si, da mangiare


Ognuno pensa che la sua idea sia la migliore poi vengono i fatti, i risultati. allora una buona idea viene trasformata in pessima idea in questo sistema globalizzato. Come tornare indietro? Una retromarcia ardua e pericolosa.

C’è ancora qualcuno convinto che trasformare il cibo in carburante sia una buona idea? Solo i responsabili di questa politica folle, che costringono tutti gli automobilisti d’Europa a collaborare ad essa.

In teoria, i carburanti ricavati dalle piante possono ridurre la quantità di anidride carbonica emessa da automobili e autocarri. Le piante assorbono anidride carbonica durante la crescita, che viene rilasciata quando si brucia il carburante. Una direttiva emanata dalla Commissione Europea impone ora a tutti i fornitori di carburante di aggiungere biocarburanti alla benzina o al gasolio che vendono, al fine di ridurre le emissioni di carbonio.

Ancor prima che la direttiva entrasse in vigore, numerosi studi avevano dimostrato che era un’assurdità. Un rapporto delle Nazioni Unite pubblicato l’anno scorso indica che il 98% della foresta pluviale naturale dell’Indonesia sarà degradato o scomparso entro il 2022. Solo cinque anni prima, gli stessi organismi prevedevano che ciò sarebbe avvenuto non prima del 2032. Non avevano tenuto conto della piantagione di palme da olio da trasformare in biogasolio per il mercato europeo.

Quando si diboscano e bruciano le foreste, sia gli alberi sia la torba su cui crescono si trasformano in anidride carbonica. Un rapporto della società consulente olandese Delft Hydraulics mostra che ogni tonnellata metrica di olio di palma determina fino a 33 tonnellate metriche di emissioni di anidride carbonica, 10 volte più di quanta ne produca il petrolio. L’impatto sul mondo intero è analogo, in quanto i coltivatori di “carburanti verdi” invadono habitat vergini.


Due saggi recenti pubblicati sulla rivista Science calcolano i costi in termini di carbonio della produzione di biocarburanti. Se si tiene conto del diboscamento, tutti i principali biocarburanti producono un aumento massiccio delle emissioni. Anche la fonte più produttiva – la canna da zucchero coltivata nelle savane coperte di arbusti del Brasile centrale – crea un debito di carbonio per ovviare al quale occorrono 17 anni. Dato che è adesso che bisogna effettuare le maggiori riduzioni, l’effetto netto di questo raccolto è di acuire il cambiamento climatico.

La fonte peggiore – l’olio di palma che sostituisce la foresta pluviale tropicale che cresce sulla torba – provoca un debito di carbonio per il quale occorrono circa 840 anni. Anche quando si produce etanolo dal mais coltivato su terra arabile “riposata” (chiamata nell’Unione Europea “incolto” e negli Stati Uniti “area protetta”), ci vogliono 48 anni per ovviare al debito di carbonio. Per essere giusti con la Commissione Europea, la direttiva stabilisce che i biocarburanti non siano prodotti distruggendo le foreste primarie, i pascoli antichi o le zone paludose. Inoltre, non si deve danneggiare alcun ecosistema biodiverso per coltivarli. Purtroppo ciò non contribuisce affatto a risolvere il problema.

Se non si possono produrre i biocarburanti in habitat vergini, bisogna confinarli nelle terre agricole esistenti, il che significa che ogni volta che facciamo il pieno leviamo il cibo di bocca a qualcuno. Nella competizione tra automobilisti e persone che hanno fame vincono sempre i primi, perché quelli che soffrono la fame sono più poveri di quelli che possono permettersi di guidare un’automobile.

Con l’aumentare del prezzo del cibo, gli agricoltori sono incoraggiati a distruggere gli habitat intatti – foreste primarie e via dicendo – per coltivarli. Possiamo felicitarci con noi stessi per esserci mantenuti moralmente puri, ma l’impatto è identico. Non esiste via d’uscita: su un pianeta limitato, con fonti di cibo esigue, o si compete con chi soffre la fame o si diboscano nuove terre.

Anche se non ci fossero effetti a catena, i biocarburanti sarebbero comunque un disastro per l’ambiente. Uno studio del Premio Nobel Paul Crutzen indica che le sole emissioni di ossido di azoto, determinate dai concimi azotati usati nella coltivazione di questi raccolti, fanno sì che l’etanolo ricavato dal mais provochi un riscaldamento pari a 0,9-1,5 volte quello dovuto al petrolio, mentre l’olio di colza (fonte dell’80% e più del biogasolio mondiale) provoca un impatto pari a 1,7 volte quello del gasolio minerale.

Non esiste una facile via d’uscita. Molti hanno sostenuto che le alghe che crescono in acqua di mare possono dare grandi quantità di carburante, ma tale progetto non ha ancora avuto successo. Altri hanno salutato un arbusto tropicale, la jatropha, come una pianta miracolosa (guardatevi dalle piante miracolose!) perché in teoria potrebbe essere coltivato da piccoli proprietari terrieri su terreni sterili. In pratica, il governo indiano ha in progetto 14 milioni di ettari di piantagioni di jatropha e caccia i piccoli proprietari dalla terra per fare posto ad esse. La giunta birmana vuole piantare 3 milioni di acri di jatropha entro l’anno prossimo, il che non andrà a vantaggio dei contadini del paese.

Anche l’idea di utilizzare gli scarti dell’agricoltura pone problemi. Gran parte dello “scarto” non è affatto tale, ma il materiale organico che conserva la struttura del terreno, i nutrienti e la riserva di carbonio. Eliminandolo si aumenta enormemente il tasso di erosione del suolo e occorre utilizzare più concimi azotati. I biocarburanti sono il peggiore dei fast food, facendoci precipitare lungo la china della distruzione ecologica.

Allora perché i nostri governi insistono su questa politica? Perché diffondere la fame e rovinare il pianeta sono atti politicamente meno costosi delle alternative: far sì che gli industriali producano auto più efficienti e incoraggiare la gente a optare per forme meno inquinanti di trasporto. Un crimine contro l’umanità in un altro luogo e in un altro tempo costa ai governi meno di un disagio minore qui e ora. Dobbiamo cambiare questa formula protestando contro la nostra partecipazione coatta alla guerra contro il pianeta.
di George Monbiot

15 giugno 2008

Il disagio delle ragazze


Nel malessere giovanile colpisce il crescente disagio delle ragazze. I ragazzi sono più abituati al male, alla sofferenza. Ferdinando Camon (e anch’io) lo ritiene un tratto tipico del maschile, e ricorda che non a caso in francese male (mal), e maschio (mâle), si pronunciano allo stesso modo.
I “teddy boys” fanno parte dell’iconografia dei guai dei giovani maschi: ci sono sempre stati, e gli angeli hanno sempre dovuto darsi molto daffare per salvare i ragazzi da quel tipo di situazioni. Il “branco” al femminile è più nuovo, e fa più impressione. Così come il tasso di incremento nel consumo di ogni droga da parte delle donne, oggi più alto che fra gli uomini; e come il fatto che, proporzionalmente, siano più le ragazze che bevono fino a star male rispetto ai maschi, che smettono prima.
Le tre ragazzine che, qualche giorno fa a Quarto Oggiaro (Milano), hanno picchiato a sangue una quarta che voleva uscire dal gruppo e cambiare vita, e si sono fermate solo quando tre maschi le hanno bloccate e (con grande fatica) sono riusciti a dividerle, stanno molto male e vanno incontro a probabili grossi guai. Come loro ce ne sono però migliaia, in tutta Italia, di cui i giornali neppure parlano. Protagoniste di violenze multiple, in genere ai danni di altre ragazze o donne (che non denunciano per paura e sorpresa), coperte dall’omertà, dall’indifferenza, e dallo sfascio dei tessuti di relazione dei quartieri e dei gruppi.
Il femminile paga caro, probabilmente molto di più del maschile, la poca naturalità, e quindi umanità, del malessere della società postmoderna. Le ragazze la pagano cara proprio perché il sapere femminile è il grande depositario, più di quello maschile (che è più “culturale”, per sua vocazione e disposizione), del sapere “naturale”. Quindi del grande valore del corpo, proprio e altrui, sede della vita (che l’uomo mette a rischio con più facilità), e della relazione, del legame affettivo. Il valore del sentimento.
Questa rete affettiva, di protezione e conservazione della vita e dei suoi legami, è la sede del genio femminile, e la condizione del benessere delle donne (e di tutti). Ecco perché le ragazze che mettono a rischio il proprio corpo e quello delle altre, perse in una spirale di violenza sadomasochista, e quelle che rompono, con violenze, ricatti, intimidazioni, la rete affettiva che regge dal profondo ogni legame e costruzione sociale rappresentano l’apice della crisi del femminile e della stessa vita, che al femminile è strettamente legata.
Nessuno sembra rendersene conto, gli episodi sono relegati alla cronaca minuta, al massimo ottengono qualche considerazione di costume. Mentre invece queste storie ci raccontano il lacerarsi, assieme al sapere femminile, della stessa trama della vita individuale e collettiva.
Anche l’uomo, che si ritrova in questo frullatore quando la figlia gli ride in faccia se lui chiede dove sia stata o quando la moglie lo abbandona, non riesce a vedere il fenomeno complessivo, portando un suo contributo educativo e ideativo, ma riduce tutto al suo caso personale, che lo fa sentire eroe (anche se del nulla).
Abbiamo tutti bisogno di un cuore di carne, al posto di quello di pietra che ci ritroviamo.
Claudio Risé

14 giugno 2008

Il tatto è il nutrimento della vita.





Ancora prima di nascere, veniamo massaggiati dal liquido amniotico e siamo delicatamente spinti contro le pareti dell'utero materno. Le continue carezze e coccole che riceviamo nei primi anni di vita ci aiutano a crescere meglio e sono un continuo nutrimento per il nostro spirito.

Con il crescere, però, nell'attuale società per proteggere il proprio spazio e la propria individualità il contatto fisico è troppo spesso sinonimo d'invadenza e di aggressione, perché può far partecipe l'altro della sfera più intima del nostro essere. Infatti, con un semplice abbraccio riusciamo a comunicare più di tante parole.

Gli indiscussi benefici del massaggio soddisfano, quindi, il desiderio di essere accarezzati che ci accompagna sin dal momento della nostra nascita. Tale desiderio è anche frutto di una precisa legge chimica, perché tutta la nostra pelle è ricca di potenti oppiacei naturali ed endorfine dall'effetto analgesico. Quando ci facciamo male istintivamente sempre ci tocchiamo e ci massaggiamo per alleviare il dolore.

Ecco perché da sempre al massaggio è stato riconosciuto un ruolo importantissimo nella purificazione e nel mantenimento della salute del corpo: migliora la circolazione delle sostanze nutrienti e aiuta l'organismo a espellere le tossine. Massaggiando si toccano tutti gli organi cutanei, sottocutanei e muscolari. Questi, attraverso canali energetici e corrispondenze specifiche promuovono e migliorano le funzioni degli organi più profondi e aiutano a mantenere l'equilibrio di tutti gli elementi costitutivi dell'organismo.

Il massaggio è la più bella "arte curativa" della vita e crea le condizioni necessarie per la guarigione.

Gabriele Bettoschi

12 giugno 2008

L'ultimo modello dei cellulari


Quando si acquista un cellulare bisognerebbe buttare un occhio anche a un valore che ne indica la radioattività chiamato, italianizzando un po' la definizione, rateo di assorbimento specifico. Secondo il Cellular Telecommunications Industry Association (CTIA), lo specific absorption rate, il cui acronimo è SAR, indica la quantità di emissioni elettromagnetiche dei cellulari assorbite dal corpo umano.

I VALORI DI RIFERIMENTO - La Sar viene sempre espressa in Watt per chilogrammo e la soglia massima di radiazioni varia da Paese a Paese. In Europa è di 2 Watt/Kg, negli Stati Uniti è di 1,6 Watt/Kg. Più basso è il valore SAR, minore è la radiazione assorbita dal corpo. La webzine Cnet propone una tabella ragionata dei vari valori per modello e marca, arrivando alla conclusione che non ci sono marchi buoni o cattivi, ma semplicemente modelli attenti a questo aspetto non meno importante del prezzo o delle performance, anche se ancora gli studi non hanno dimostrato verità assolute sulla nocività delle radiazioni dei telefonini.

I DIECI MIGLIORI E PEGGIORI – Nella tabella di Cnet tra i 10 cellulari con livelli di Sar più alti troviamo sei modelli Motorola (che risulta indubbiamente un marchio poco attento), il RIM BlackBerry Curve 8330, il Samsung SGH-C417. Tra i dieci modelli meno radioattivi, c'è invece l'LG Chocolate KG800, due Motorola Razr, ben tre modelli Nokia e Samsung. L'iPhone è grosso modo a metà. La classifica è comunque indicativa, poiché il numero di radiazioni assorbite varia anche a seconda del soggetto che ne fa uso. In tutti i casi il valore Sar è un aspetto da non trascurare. Ed è bene sapere che nelle istruzioni per l'uso deve essere sempre specificato e, qualora non lo sia perché si tratta di un modello vecchio, si può farne richiesta al produttore.

Emanuela Di Pasqua

10 giugno 2008

Danni provocati dalle onde elettromagnetiche


Gli effetti che tali radiazioni possono provocare sugli organismi si distinguono in:
1) effetti termici o a breve termine
2) effetti non termici o cronici.

Per effetto termico si intende il riscaldamento del corpo o di sue parti esposte alle radiazioni. La gravità di questo tipo di effetto, va ricercata nel fatto che questo riscaldamento avviene internamente al corpo e non viene percepito dagli organi sensoriali: per l’organismo non è così possibile attivare meccanismi di compensazione. Gli organi con scarsa circolazione sanguigna (che favorisce la dispersione del calore prodotto) e bassa conducibilità termica (fattore negativo ai fini di una efficace dispersione del calore) sono i più colpiti (testicoli, cornea, ecc.).
Che le radiazioni elettromagnetiche influenzino i nostri ritmi fisiologici lo dimostra la ghiandola pineale, situata nella parte posteriore del cervello. Questa minuscola ghiandola a forma di pigna (da cui il nome) secerne melatonina, un ormone che regola, oltre l’umore, il sistema endocrino e riproduttivo. La produzione di melatonina è massima durante la notte e scende al minimo durante il giorno, poiché la luce inibisce il funzionamento della ghiandola. La melatonina, secondo gli studi fatti, sembra essere in grado di proteggere l’organismo da alcune forme di tumore. La sua riduzione in soggetti esposti in modo prolungato spiegherebbe, oltre la promozione di tumori, i vari disturbi riproduttivi e neurologici segnalati da alcune ricerche epidemiologiche.
Negli ultimi anni l’attenzione dei biologi di base si è andata via via spostando dalle mutazioni genetiche ad altri possibili meccanismi responsabili della crescita tumorale. Il prof. Ross Adey, biofisico, che fa ricerca sui campi elettromagnetici sin dalla fine degli anni ’50 ed ha avuto la possibilità di studiare gli effetti di radar e microonde sui militari, afferma: "Gli studi di laboratorio hanno identificato nelle membrane cellulari la parte dei tessuti che, con tutta probabilità, per prima subisce le interazioni con i campi elettromagnetici a bassa frequenza e i campi modulati a radiofrequenza/micronde. Studi epidemiologici hanno attirato l’attenzione verso i Campi elettromagnetici e i campi modulati a radiofrequenza come possibili fattori di rischio per leucemie, linfomi, tumori al seno, melanomi epiteliali, tumori al cervello".
Nel mondo anglosassone si stanno adottando misure cautelative per i bambini, a fronte di una evidenza scientifica riferita a rischi per la salute derivati da esposizione continuata e inconsapevole a microonde, anche a bassa intensità.
Misure cautelative e restrittive, con specifico riferimento alle strutture scolastiche o comunque destinate a bambini e ragazzi, sono attuate in Nuova Zelanda, in Svezia, in Canada, in Australia e negli Stati Uniti.
In molti paesi, si moltiplicano le proteste da parte di gruppi di cittadini e associazioni, movimenti ambientalisti e gruppi di tecnici (medici, fisici, biofisici, oncologi.).
Conferme sugli effetti tumorali dei campi magnetici provengono dall’autorevole Karolinska Institut di Stoccolma (centro di riferimento dell’OMS e del premio Nobel) e da altre istituzioni scandinave: i risultati dei loro studi epidemiologici indicano un aumento del rischio per esposizioni prolungate a campi magnetici con intensità superiori a 0,2 microTesla.
In Italia, ricercatori come il dott. Franco Merlo (Istituto Nazionale per la ricerca sul cancro), il Prof. Giuseppe Masera (coordinatore di numerose ricerche internazionali sui tumori infantili) e il Prof. Cesare Maltoni (Fondazione europea di oncologia e scienze ambientali, presidente onorario della Società italiana tumori e segretario generale del Collegium Ramazzini) hanno evidenziato da anni il nesso tra l’esposizione a campi elettromagnetici (CEM) a bassa frequenza (a cui nessuno di noi sfugge) e l’insorgenza di leucemie in popolazioni di età pediatrica (0-14 anni): bambini a lungo esposti a valori di CEM 50-60 Hz superiori a 0,2 microTesla – come quelli prodotti dagli elettrodotti ad alta tensione – hanno una probabilità doppia di sviluppare una leucemia rispetto a bambini esposti a livelli inferiori. I dati scientifici disponibili, giustificano seri sospetti sulla possibilità che i CEM determinino danni biologici, favorendo la carcinogenesi. I motivi di preoccupazione sono tanto più fondati se riferiti ad un organismo in fase di crescita. Per tali motivi è doveroso cercare di limitare il più possibile l’esposizione dei bambini e in ogni caso, va chiarito che le conoscenze oncologiche indicano che non esistono livelli di salvaguardia assoluta, cioè dosi, anche se basse, tali da essere ritenute assolutamente innocue.

Effetti termici o a breve termine
per densità di potenza elettromagnetica irradiata maggiore di 10 milliwatt/cm2:
* variazioni della permeabilità cellulare
* variazione del metabolismo
* variazioni delle funzioni ghiandolari, del sistema immunitario, del sistema nervoso centrale e del comportamento.
per densità di potenza elettromagnetica irradiata maggiore di 50 milliwatt/cm2:
* possibili lesioni cerebrali
* influenza sulla crescita cellulare
* malformazioni fetali
* ustioni interne
* cataratta
* morte per infarto.

Effetti non termici o cronici per intensità inferiore a quella che determina gli effetti termici
* variazione del numero dei linfociti e granulociti (esperimenti su cellule)
* variazioni del livello di anticorpi e delle attività dei macrofagi (esperimenti su animali)
* tachicardia
* dolore agli occhi
* vertigini
* depressione
* limitazione della capacità di apprendimento
* perdita di memoria
* caduta di capelli
nei paesi dell’Est europeo studi hanno evidenziato anche:
* sterilità
* aumento aborti
* abbassamento della fertilità

Secondo l’Agenzia per l’Ambiente degli USA (EPA), su otto studi epidemiologici cinque hanno evidenziato rischi statisticamente significativi associati a:
* neoplasie linfatiche ed emopoietiche
* cancri totali in abitanti (Hawai) in stretta prossimità a torri a radiofrequenze (RF)
* cancro del sistema emopoietico (leucemia, linfoma e linfosarcoma, melanoma e esposizione a radiazione RF) in ufficiali e militari polacchi

Le leggi ed i controlli
L’inadeguata normativa in vigore per gli elettrodotti (D.P.C.M. del 23.4. e D.P.C.M. 28.9.95) indica dei limiti massimi di esposizione in 100 microTesla e distanze da rispettare per i campi elettromagnetici a bassa frequenza di 28, 18 e 10 metri dal filo rispettivamente per elettrodotti da 380, 220 e 132 KV. Questi limiti fanno riferimento a esposizioni di breve durata (effetti a breve termine) e non ad esposizioni prolungate (effetti a lungo termine).
Per i campi elettromagnetici generati da alte frequenze (cellulari) il decreto del Ministero dell’Ambiente n. 381/98 indica i limiti per le radiofrequenze da 100 kHz a 300 GHz.

L’antenna dei telefoni sul tetto solo se tutti i condomini sono d’accordo
* Monza (Milano) 9 marzo 1999 -L’installazione di una antenna sul tetto per la ricezione del segnale dei telefoni cellulari, può avvenire solo se tutti i condomini sono d’accordo. Questo è quanto ha stabilito il giudice del Tribunale civile di Monza, Piero Calabrò, nella causa intentata da due inquilini contro il loro condominio in Via Tevere, 31 a Sesto S. Giovanni.
I due condomini chiedevano che fosse dichiarata nulla la delibera, approvata dall’assemblea a maggioranza semplice il 30 marzo 1998, con cui era stata decisa la locazione alla "Ericsson Telecomunicazioni" del tetto dell’edificio per l’installazione di una stazione radio, con un contratto rinnovabile di nove anni e un compenso di 20 milioni di lire. Il giudice ha dichiarato illegittima la delibera impugnata.
"La richiesta di una maggioranza quantomeno qualificata – ha motivato il giudice – appare ineludibile, atteso l’indubbio carattere innovativo di tale opera sulla cosa comune. E’ nota ed evidenziata dalla stessa giurisprudenza la profonda incertezza, alla luce delle attuali conoscenze scientifiche, che circonda la materia delle conseguenze sulla salute dei cittadini derivanti da vicinanza a stazioni radio a onde o campi elettromagnetici".
La delibera non ha tenuto in alcun conto, inoltre, anche solo al fine di escluderle, le esigenze di tutela della salute e non ha fornito informazioni sulle caratteristiche dell’impianto e la misura della sua possibile nocività"."

La Federconsumatori denuncia TIM per pubblicità ingannevole sugli effetti delle onde elettromagnetiche. L’Antitrust avvia il procedimento
* 17 settembre 1999 – Su denuncia della Federconsumatori l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato un procedimento sulla pubblicità di TIM relativamente agli effetti dell’elettromagnetismo.
La Federconsumatori ha chiesto all’Autorità di verificare l’ingannevolezza del messaggio pubblicitario della TIM, contenuto in due opuscoli di ampia diffusione, secondo la quale "tutti gli scienziati del Mondo sono concordi nel ritenere che le onde, anche quelle emesse dagli impianti radiomobili non producono effetti dannosi per la salute".

L’Autorità ha chiesto alla TIM di fornire entro 20 giorni:
i testi completi delle fonti scientifiche alle quali si è attinto per la predisposizione dei due opuscoli denunciati, con particolare riferimento alle citazioni riguardanti l’Organizzazione Mondiale della Sanità e all’Istituto Superiore di Sanità ed all’Università di Roma ogni utile informazione su:
* "i risultati e le evidenze unanimamente condivisi dalla comunità scientifica circa gli effetti sull’organismo umano prodotti dall’esposizione (anche di tipo prolungato e reiterato) ai campi elettromagnetici generati da apparecchi ed impianti di telefonia mobile;
* l’esistenza di eventuali studi già realizzati, nonché di verifiche ed approfondimenti in corso dai quali si potrebbe evincere l’opportunità di adottare cautele e raccomandazioni circa l’uso prolungato degli apparecchi radiomobili soprattutto in determinate circostanze e per determinate categorie di persone (bambini, donne in gravidanza, portatori di determinate patologie, utilizzatori di strumenti elettromedicali, ecc.);
* i problemi di interferenza elettromagnetica degli apparecchi di telefonia mobile con strumentazioni e dispositivi elettronici: peacemaker, apparecchi acustici, apparecchi elettromedicali, apparecchi di navigazione, ecc.;
* le informazioni disponibili su eventuali casi di particolari intolleranze e reazioni soggettive derivanti dall’esposizione ai campi elettromagnetici generati dagli apparecchi e dagli impianti di telefonia radiomobile."

Mario Madei

09 giugno 2008

I cibi si, i cibi no


È ricca di burro, carboidrati (pane e pasta), grassi animali e zuccheri raffinati la dieta nemica del seno. «Tutti alimenti che fanno salire l’indice glicemico e che sono ormai collegati a un aumento del rischio di tumore». Lo spiega Daniela Terribile, chirurgo senologo del Policlinico Gemelli di Roma. «È noto che le asiatiche sono meno colpite dal cancro al seno. Ma quando si trasferiscono nei Paesi occidentali - prosegue la specialista - la situazione cambia e un ruolo chiave lo hanno le abitudini alimentari». In generale, secondo l’esperta, «il menù amico del cuore si rivela alleato anche del seno. Gli alimenti da limitare sono gli stessi potenzialmente dannosi per la salute cardiovascolare». Ma l’esperta suggerisce alle donne di tutte le età di seguire uno stile di vita attivo: «Concedersi delle pause all’aria aperta e fare esercizio con regolarità è utile contro lo stress, ma anche per la salute del seno». Infine, occhio all’alimentazione all’americana a base di hamburger e patatine fritte, che ha conquistato le giovani generazioni del Belpaese. «Gli effetti sulla salute, anche quella del seno, rischiano di farsi sentire nei prossimi 10 anni», ammonisce.


Più litigiosi quando si è a stomaco vuoto
Assemblee di condominio e riunioni di lavoro a rischio liti e scontri, specie se questi appuntamenti sono fissati prima di pranzo o cena. Sembra, infatti, che essere a stomaco vuoto renda facilmente alcune persone più aggressive o combattive. E che, se poi prendono fuoco per un nonnulla, la colpa sia dell’ormone del benessere: la celeberrima serotonina. Lo rivela uno studio pubblicato su «Science» dai ricercatori britannici dell’Università di Cambridge. L’aminoacido essenziale al nostro organismo per produrre l’ormone del benessere, infatti, può essere ottenuto solo dal cibo, ricordano gli studiosi. Dunque i livelli di serotonina calano naturalmente quando non mangiamo, un meccanismo che ha permesso agli scienziati di scoprire il ruolo chiave di questo neurotrasmettitore nel regolare l’aggressività nei rapporti sociali.


«Con le sigarette light rischio di tumore più aggressivo»
Chi pensa che fumare sigarette «light» sia un vantaggio rispetto al rischio di ammalarsi di tumore sbaglia di grosso. Anzi, il boom negli ultimi anni di sigarette leggere e con filtro ha portato a un cambiamento nella tipologia del tumore ai polmoni: chi fuma le light tende ad aspirare più in profondità, andando a interessare una zona più profonda, a livello alveolare, dove le cellule reagiscono in modo diverso, dando vita agli ademocarcinomi non squamosi, ben più aggressivi e con metastasi più frequenti rispetto ai tumori squamosi. È l’allarme lanciato dal prof. Cesare Gridelli, direttore della divisione di Oncologia Medica all’Ospedale Moscati di Avellino.
fonte: la stampa.it

Allergie, ma a che cosa?


Passano gli anni, ma quando comincia a spuntare quel bel sole primaverile sul davanzale delle nostre finestre, per quasi dieci milioni di italiani, comincia a risvegliarsi l’incubo delle allergie. Negli ultimi anni si sta infatti assistendo ad un notevole incremento del numero di persone (sia tra i bambini che tra gli adulti) che presentano manifestazioni allergiche di vario tipo, in particolare “allergie stagionali”; si calcola che in pochi anni la percentuale di persone che in Italia ne soffre sia passata dal 10 al 15-20%, interessando così una vasta fetta di popolazione.

Ma cosa si nasconde dietro questo fenomeno di massa? Perché alcune persone ne soffrono ed altre no? Nonostante tutte le persone vengano a contatto con gli allergeni, infatti, solo alcuni ne risentono al punto da sviluppare una reazione di tale portata. Inoltre a volte è la stessa persona a soffrirne “a spot” in certi periodi della vita, e quindi in modo non sistematico, come mai? Molte manifestazioni allergiche esplodono infatti sovente in modo apparentemente inspiegabile ed inaspettato e spesso scompaiono in modo altrettanto misterioso. Per chiarire alcuni di questi interrogativi è necessario soffermarci a riflettere sul concetto di allergia ed a quanto la sua voce (che corrisponde alla manifestazione allergica) costituisce solo la punta dell’iceberg di un fenomeno ben più esteso.

L’uomo si allontana sempre più dalla natura, dai suoi ritmi, dalle sue forme e conseguentemente anche dai suoi istinti primordiali. Il contatto con la terra viene sostituito da pavimenti tirati a lucido, gli alberi da muri dipinti a trattati e gli elementi da oggetti puliti e disinfettati. Si è ormai arrivati alla convinzione che il termine “asettico” sia sinonimo di pulito, quando non è affatto così. Analizzando la realtà da questo punto di vista, non stupisce più che l’organismo reagisca violentemente a qualcosa di esterno, estraneo, tentando di difendersi, e di sfavorire il rapporto con gli altri e col mondo; con ciò che è “altro da sé”. La chiave profonda di lettura, in termini di allergie, è sempre connessa alla difesa ed alla paura. Il mondo viene visto come elemento estraneo, percepito come ostile e pericoloso, popolato da agenti potenzialmente nefasti (anche se non lo sono, vengono di fatto vissuti come tali) e dai quali ci proteggiamo attivamente dopo aver subito passivamente. Ecco perché le allergie colpiscono per esempio bambini, figli di madri iper-apprensive che “separano” il bimbo dal mondo, isolandolo per proteggerlo. I padri, a loro volta spesso esclusi da questo rapporto madre-figlio, sviluppano atteggiamenti di straniamento venendo così percepiti dal piccolo come “deboli” o addirittura assenti.

Analizzando l’aspetto aggressivo insito nella manifestazione allergica, è necessario spendere due parole sui miraggi di perfezione, ricchezza e pulizia su cui si basano le società economicamente sviluppate e propagandati su vasta scala dai media. In un contesto sociale ove tutto deve essere controllato e senza sbavature, non c’è più spazio per quella aggressività primordiale che in ogni essere si manifesta sia a livello macroscopico col proprio comportamento (di conquista, di corteggiamento, di difesa del territorio, di lotta etc..) che microscopico con le infinite piccole/grandi lotte combattute dal nostro esercito interno ovvero dal sistema immunitario. La progressiva, fisiologica, innaturale e sistematica repressione della rabbia “macroscopica” (o comportamentale), temuta e bollata quindi come manifestazione antisociale e pericolosa, non ha fatto certamente sì che questa abbandonasse definitivamente la nostra più profonda natura: come dire il fatto che non si veda non significa che questa non ci sia. Semplicemente la rabbia, a volte addirittura banali nervosismi, sono caduti nella fossa comune del pregiudizio sociale, divenendo emozioni tabù insieme all’invidia ed al rancore. Questo ha fatto si che l’uomo, vergognandosi persino di provare tali emozioni, le ha allontanate il più possibile dalla propria sfera cosciente e di comportamento, perdendo però contestualmente la capacità di gestirle, di riconoscerle e di dare loro la giusta importanza; in una parola le ha “messe in cantina”, senza potersene realmente liberare, dal momento che queste “corde” proprio come le corde ben più accettate dell’allegria, dell’amore, della gioia, fanno parte della natura dell’essere umano. Tale aggressività tenuta in cattività (nel senso letterale di in captivitas ovvero prigioniera, nelle nostre cantine) è perciò divenuta uno “scheletro nell’armadio”. Si aggiunge a questo il fatto che allontanandoci pian piano dal confronto con gli agenti esterni, abbiamo procurato che anche sul piano microscopico/interno, questa emozione non avesse appiglio per “scaricarsi” fisiologicamente. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: comportamenti violenti, voci di un’aggressività furiosa e repressa nel corso degli anni, imperversano sul piano macroscopico/sociale e non deve perciò stupire che questo avvenga anche sul piano microscopico.

L’allergia infatti altro non è che una esagerata risposta del nostro sistema immunitario ad un agente (detto “antigene”) normalmente innocuo ma che viene riconosciuto dall’organismo come dannoso. Si innesca dunque un’over-reazione: il processo infiammatorio vede coinvolti anticorpi (IpE) e varie cellule, in particolare i mastociti e gli eosinofili la cui attivazione porta al rilascio di mediatori chimici (istamina e citochine) responsabili dei sintomi. Nella mia esperienza professionale ho notato sovente quanto le persone allergiche risultino all’apparenza particolarmente controllate, tranquille, posate, misurate, miti, covando però contestualmente sotto la superficie una profonda aggressività repressa (di cui spesso non sono consapevoli ma che altrettanto spesso non vogliono vedere, né affrontare: non a caso si conoscono e sono conosciute come tranquille, accomodanti, gentili, generose). Tale discrasia crea un conflitto che esplode, guarda caso, proprio nel momento del confronto con l’esterno. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare questo è un bene e non un male per gli allergici, i quali trovano finalmente un modo per far fluire un’emozione completamente fisiologica che altrimenti non si concederebbero mai la possibilità di sfogare. A riprova di tale connotazione, ricordiamo che tra i farmaci più diffusi tesi a curare gli stati allergici troviamo i corticosteroidi, che sono potenti infiammatori. Essi inibiscono la risposta immunitaria eccessiva placando la manifestazione di rabbia, ma gli effetti collaterali (ipertensione, iperglicemia, aumento di peso, ulcere, acne, insonnia) mostrano, piuttosto che una risoluzione della problematica, una più preoccupante, dal punto di vista psicosomatico, “internalizzazione dello stato rabbioso”, il quale non si manifesta più esternamente ma viene “ricacciato giù”, ad un livello più interno, più profondo. Tale fenomeno che porta la problematica dall’esterno verso l’interno è detto “vicariazione regressiva”, il che significa che il sintomo, “inabissandosi”, perde ogni possibilità di comunicare il disagio (e quindi di sfogarsi), di portare l’attenzione sul conflitto che si consuma dentro il soggetto e conseguentemente di farsi sentire. In altre parole, perde le chances di essere ascoltato e quindi di essere un’opportunità costruttiva di autocoscienza per la persona che lo prova.

Un’altra cosa importante da analizzare è “a cosa” la persona reagisce, perché anche questo parla di lei. Le cause biologiche delle allergie possono essere di diversa natura. In questa stagione sicuramente i pollini la fanno da padroni, in particolare le graminacee sono fra le principali responsabili dei fastidiosi sintomi. Che cosa ci dice questo? Il polline, in chiave psicosomatica, rappresenta il seme, il vigore sessuale, la fecondità. “Difendersi” e “reagire” in modo inconsapevole ed incontrollato a questa sostanza significa rifuggire una natura passionale ed istintuale repressa. Non è un caso che le allergie colpiscano soprattutto le mucose, che costituiscono punti di accesso delicati e umidi, molto sensibili, spesso collegati alla sfera sessuale. L’allergia colpisce laddove si nasconde la paura di una relazione tra sé stessi (identificata nella parte che reagisce) e quella parte di mondo che innesca in noi la reazione. Ecco perché molto spesso “debutta” tra gli adolescenti in fase puberale (spesso anche in associazione all’acne). Le manifestazioni cliniche possono essere diverse e possono coesistere o succedersi nel corso della vita. Il sintomo più comune è la rinite allergica determinata da una infiammazione della mucosa nasale che causa starnuti, prurito e naso ostruito. Oltre a queste manifestazioni si possono frequentemente riscontrare congiuntiviti che portano a bruciore, prurito, arrossamenti e ad eccessiva lacrimazione. In particolare, lo starnuto e la tosse sono elementi di rifiuto (rifiuto del confronto con gli agenti esterni in oggetto), e rappresentano la volontà di allontanarli e di liberarcene; la forte lacrimazione, rappresenta il pianto e la purificazione per un sentimento che non è vissuto pienamente, che è represso perché “non in linea” con ciò che la persona vuole essere. Se la manifestazione comporta invece un grande prurito, questo incarna la necessità di soddisfare una pulsione incontrollabile di cui spesso la persona non si fa una ragione. A volte, la scarica di rabbia è talmente forte da “togliere l’aria”, “soffocare”, e sono questi i casi in cui si può assistere alla manifestazione dell’asma allergica che compromette la respirazione con tosse ed affanno. Altri farmaci normalmente usati per attenuare i sintomi sono gli antistaminici i quali contrastano l’attività dell’istamina, principale responsabile dei sintomi dell’allergia. E’ importante sapere che questi farmaci non guariscono la problematica e la sua origine, ma si limitano ad alleviarne i sintomi. La persona perde ulteriormente il contatto col mondo esterno, inabissando ulteriormente il conflitto, tanto che il principale effetto collaterale di questi farmaci è una diminuzione della capacità di concentrazione, di vigilanza e l’incremento di uno stato di sonnolenza. Alla luce di queste considerazioni, appare più che mai chiaro quanto un disturbo, anche fastidioso come può esserlo un’allergia, possa invece costituire un alleato prezioso aiutandoci a capirci meglio, ed a fare un lungo, appassionante e costruttivo viaggio verso noi stessi.

Silvia Caldironi - Consulente Psicosomatista