14 luglio 2008

Una legge per comunità a chilometro zero.



Polenta e osei (polenta e selvaggina). Risi e bisi (riso e piselli). O ancora: baccalà alla vicentina e bigoli con la lugànega (spaghettoni con salsiccia). Sarà questo il prossimo menu delle mense scolastiche del Veneto? A dar retta a certi profeti del federalismo alimentare, già da settembre sulle tavole degli alunni da Verona a Treviso potrebbero comparire una serie di piatti tipici locali. In realtà lo scopo - e l' effetto - della nuova legge varata dalla regione Veneto (l' ex Pdl n. 225/2007 a breve comparirà sul Bollettino regionale) è ben più serio: la giunta del governatore Giancarlo Galan intende «promuovere il consumo di prodotti agricoli veneti nelle mense e sulle tavole dei ristoranti, in mercati e supermercati». In sostanza la nuova normativa stabilisce che - «a partire dalle cucine di scuole, ospedali e comunità alloggio» - si dovrà garantire che almeno il 50 per cento dei prodotti agricoli utilizzati per cucinare i pasti siano di origine veneta. Un' idea non nuova, ma che viene ora istituzionalizzata da un provvedimento legislativo. Nato, a onor del vero, da un sentito desiderio dei cittadini. La «legge dei bisi», come l' han ribattezzata, è figlia di un progetto di legge d' iniziativa popolare promosso da Coldiretti con 25 mila firme. Il Veneto si attesta dunque come prima Regione a regolamentare la questione dei consumi «a km zero», ovvero di prodotti che vengono coltivati vicino alle tavole dove li si mangia, evitando inutili rincari e i pesanti effetti ambientali dei trasporti via camion su lungo raggio. In questo caso si parla di 349 «prodotti tradizionali» individuati dalla Regione Veneto: dal radicchio di Chioggia all' asparago di Bassano, dall' Asiago al formaggio imbriago di Treviso al miele dei Colli Euganei. L' idea del federalismo alimentare lanciata da Venezia, dunque, è ben più di una boutade di sapore leghista: «È un' iniziativa meritoria, che intendiamo riproporre anche al centro-sud» commenta Massimo Gargano, presidente di Coldiretti Lazio, che ora organizza nella Capitale una cena di gala con menu a «km zero». Ma c' è chi preferisce non parlare di federalismo alimentare: «In realtà lo stesso tema della normativa veneta è oggetto di un progetto di legge - interviene Ermete Realacci, ministro per l' Ambiente nel governo ombra del Pd - che ho elaborato insieme a Coldiretti e già depositato alla Camera. Lo presenterò a settembre». Secondo l' ex leader di Legambiente «è giusto ci siano forme di agevolazione per il consumo di prodotti su scala locale». E la legge veneta è «iniziativa estremamente positiva che viene incontro ad almeno tre esigenze: garantire tracciabilità e qualità dei prodotti; risparmiare sulla bolletta energetica grazie ai minori trasporti; far risparmiare i consumatori, giacché questi prodotti arrivano sul mercato a prezzi più bassi». La riscoperta del mercato che si alimenta di prodotti locali sarà la nuova sfida del commercio agricolo. Ci ragionano, da un lustro, molte piccole amministrazioni, non solo del Veneto. In Toscana - dov' è in vigore una legge per favorire i mercati agricoli locali, ma non legata ai consumi nelle mense - un' azienda agricola di Lari (Pisa) rifornisce ogni settimana 1.200 famiglie del circondario. E a Terranuova Bracciolini (Arezzo), la mensa comunale prepara pasti con prodotti locali per tutte le scuole della zona. «La propensione delle istituzioni pubbliche ad agevolare questi consumi a km zero - riprende Realacci - è importante. La legge veneta e quella toscana sono da mutuare e copiare in tutta la penisola». Se i nostri figli mangeranno meglio a scuola, impareremo a far la spesa meglio anche noi. * * * La filosofia La spesa verde La spesa «a Km zero» privilegia prodotti che provengono da zone vicine a chi li compra. È più economica perché si evitano ricarichi e più ecologica, perché riduce i trasporti su camion Il primato Il Veneto è la prima Regione italiana ad aver regolamentato per legge i consumi a «Km 0» promuovendo l' uso di prodotti locali in mense, ristoranti, supermercati della Regione (nella foto, il logo di un locale che aderisce all' iniziativa) I promotori La cosiddetta «legge dei bisi» è nata da un progetto di legge di iniziativa popolare promosso da Coldiretti * * * Lo chef favorevole Alajmo: bene, vince la freschezza Massimiliano e Raffaele Alajmo, 34 e 40 anni, de Le Calandre di Rubano (Padova) vivono e cucinano in Veneto da sempre. Contenti della legge regionale? «Il Veneto ha la fortuna di avere una gran varietà di materie prime, non sarà un impegno così duro per chi cucina in regione trovare ingredienti locali. Se ne guadagna in freschezza. Sarà interessante». La norma vorrebbe il 30% di prodotti locali nei ristoranti... «Già lo facciamo. Tutto quel che troviamo localmente di buono e fresco lo acquistiamo: dai radicchi Chioggia, Treviso e Castelfranco agli asparagi bianchi». Un menu tutto «federalista»? «Ma no, siamo ambasciatori del gusto italiano: a Le Calandre proponiamo da sempre anche gli straordinari prodotti di varie altre regioni. E continueremo a farlo» E sulle mense dei vostri figli? «Alla scuola materna della più piccola c' è una cucina fornita dallo stesso fruttivendolo che rifornisce noi, il pane lo prendono al panificio comunale... la genuinità è già un valore qui: la legge regionale farà sì che lo diventi anche altrove». * * * Lo chef contrario Giangregorio: no, meglio contaminare Sebastiano Giangregorio, 38 anni, da sei mesi a Tokio per seguire il lancio del ristorante italiano «Grissini» non sposa in pieno l' idea della regione Veneto. «Ho una moglie coreana, sono di Modena e per me parmigiano e aceto balsamico sono legge. Ma conoscendo l' Oriente credo si debba pensare a contaminazioni misurate nelle mense scolastiche». Non vede bene il menu locale? «No, ci sono piatti della nostra cucina che possono guadagnare in sapore con l' utilizzo di alcuni prodotti dell' Asia. Che a volte esaltano le nostre ricette». Vorrebbe la «fusion» in mensa? «Mi spiego. Va bene insegnare nelle scuole a mangiare i prodotti locali, ma sarebbe giusto anche far conoscere ai ragazzi altre cucine alternative: anche regionali». Come dire che a Venezia manca la pummarola... «Esatto. Perché un ragazzo di Bolzano non deve poter gustare un sartù di riso napoletano o un timballo di anellini siciliano? Si può mediare proponendo alle scuole un menu alternativo una volta a settimana».

di Zanini Luca

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